[20/04/2006] Comunicati

Piombino, discussione interessante con qualche ipotesi preoccupante

PIOMBINO. Interessante e importante il convegno che si è tenuto ieri a Piombino sul tema “La città e l’industria nel futuro dell’Italia”.
Fra tutti gli interventi che si sono succeduti, da sottolineare quello di Yann Inghilesi, imprenditore livornese che ha impiantato a Piombino una nuova azienda, la Dalpex, che produce tubi multistrato rame e materiale sintetico e che adesso è in procinto di creare una nuova fabbrica di impianti di microcogenerazione.

Ha portato la sua personale esperienza dicendo di aver trovato particolari facilitazioni su questo territorio per la competenza e predisposizione della manodopera locale nel lavoro industriale ma anche le difficoltà per la necessità dell’impresa di rapportarsi con l’Università e con il mondo della ricerca. Cosa importante, ha lamentato la latitanza dello stato ma anche degli enti locali, nel raccordare le aziende con la ricerca, la necessità di creare strumenti e strutture stabili sul territorio per la ricerca applicata. Quindi ha chiesto la costituzione di spin-off o di altri strumenti che possano servire a tutte le aziende e soprattutto a quelle che potrebbero costituirsi perché questi strumenti possono favorire anche il nascere di una nuova imprenditoria.

In sintonia con questa impostazione (non sembri paradossale) l’intervento di Edoardo Zanchini di Legambiente nazionale, che ha ripreso e rilanciato l’elaborazione del circolo locale di Legambiente. « La premessa è che Piombinio è molto diversa da tanti anni fa - Oggi la Lucchini è in mano a gruppi stranieri che comunque dicono di avere intenzione di investire, e in effetti ciò è credibile perché ormai solo Piombino e Taranto sono rimaste a ciclo integrale. Quello che diciamo come Legambiente è che c’è la necessità, nella consapevolezza dell’importanza dell’acciaio, che comune, regione e governo facciano mantenere le promesse fatte sulle boniche e sulle emissioni. E per quanto riguarda Piombino penso immediatamente ai carbonili e alla cokeria».

Zanchini ha poi ricordato che «l´acciaio non è strategico di per sé, strategica è la conoscenza incorporata e da incorporare nei processi di produzione di acciaio e nei prodotti. Senza la conoscenza applicata ai processi e ai prodotti questa concreta produzione di acciaio non ha futuro (Cina, Brasile, Corea, India ecc.... fanno già quello che facciamo noi a costi stratosfericamente minori). Allora occorre mettere mano, operativamente, all´immissione di dosi massicce di ricerca applicata ai processi di produzione di acciaio e di mitigazione degli impatti. E occorre mettere contemporaneamente mano alla immissione di dosi massicce di ricerca applicata finalizzata alla verticalizzazione e alla invenzione di nuovi prodotti per fare un acvciaio di qualità. Senza questa specifica politica e senza questi specifici investimenti, il ciclo integrale così com´è, è destinato a deflagrare».

Preoccupante invece l’intervento di Emma Marcegaglia in rappresentanza della Confindustria nazionale, la quale, con la scusa di un patto fra produttori, contro la rendita, ha chiesto il mantenimento della legge 30 che anzi va completata introducendo ammortizzatori sociali pagati dallo stato. Inoltre ha chiesto la diminuzione dei costi per l’impresa un po’ su tutto, dal costo del lavoro, a quello dell’energia, a quello delle utilities, alla burocrazia, ecc…., come se il problema della competitività dell’impresa dipendesse esclusivamente dalla diminuzione dei costi.

Giusta la risposta del segretario nazionale della Cgil Guglielmo Epifani e di Giuliano Amato, che hanno ricordato come sia necessario disincentivare con maggiori oneri il lavoro precario e incentivare il lavoro fisso.
Interessante la relazione di Pier Carlo Padoan, direttore della Fondazione Italianieuropei sulla presentazione di uno studio della Deutsche Bank del futuro del mondo industriale.

Franco e diretto l’intervento dell’amministratore delegato della Lucchini- Severstal Giovanni Gillerio, che ha lamentato l’impatto della nuova dirigenza appena insediata che si è trovata di fronte al "buongiorno" di un’imposizione di chiusura di parte della cokeria pena la galera; poi ha annunciato che sono 6 mesi che il piano industriale dell’azienda è pronto ma che si è aspettato per ascoltare le sollecitazioni che ci potevano venire dal territorio e comunque questo piano domani (cioè oggi, ndr) sarà posto all’approvazione della direzione centrale Severstal e poi reso pubblico. È un piano che programma gli investimenti nell’arco del decennio; questi investimenti saranno soprattutto un treno a coils (lamiera) per trasformare le bramme.

Questo perché, nonostante le scelte e le soluzioni per vendere queste bramme ad aziende consociate, le quali ripagano in termini di partecipazione agli utili, lo stabilimento soffre strutturalmente di uno squilibrio nel rapporto prodotti finiti o semilavorati e prodotti grezzi.

Evidentemente, quando Legambiente denunciava questo squilibrio non era così fuori dal mondo come la si voleva dipingere. Altrettanto franca l’affermazione per cui il nuovo piano strutturale dovrà confrontarsi con il piano della Lucchini.

Importante il discorso di Pierluigi Bersani, che ha ricordato come l’Italia abbia perso competitività e produzione industriale per il 6% mentre nello stesso periodo in Germania si è guadagnato il 7%. Questa perdita è stata soprattutto nella grande industria e in quella che commercia con l’estero. Ha ricordato come nonostante la deindustrializzazione in atto in Inghilterra, ben 11 industrie inglesi siano fra le prime 500 del mondo, mentre non c´è alcuna industria italiana. Inoltre ha sottolineato che la probabilità di un considerevole aumento dei costi dei trasporti dovuti all’aumento delle fonti energetiche, obbligherà a pensare a produzioni vicine ai luoghi di consumo e quindi di non delocalizzare troppo l’industria.

In genere tutti gli interventi hanno sottolineato la ricetta: più marchi, più dimensione, più innovazione. Ma questo aspetto, cioè l’immissione di conoscenza nei processi e nei prodotti, che dovrebbe essere centrale per politiche neoindustriali, è stato (salvo gli interventi di Inghilesi e di Zanchini) più evocato in termini generali che assunto a perno operativo di una nuova elaborazione prodotta localmente. E d’altra parte, l’assenza della Università fra i relatori, stava a dimostrare quanto questo argomento continui ad essere relegato nella fraseologia modernista.

A riprova di ciò (preoccupante riprova) il fatto che più di un intervento ha reiterato l’idea che in Italia, nello sforzo di diversificare le fonti energetiche, si possano fare o trasformare centrali elettriche a carbone. A questo proposito è stato particolarmente pesante l’intervento di Epifani contro gli “ambientalisti” accusati di dire no a tutto, perfino no alle fonti rinnovabili come l’eolico e quindi squalificandoli nel loro no al carbone che a suo dire sarebbe “carbone pulito”. Considerati i trascorsi di Tor del Sale, è stato come parlare di corda in casa degli impiccati.

* Adriano Bruschi è presidente del Circolo Legambiente Val di Cornia

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