[19/08/2008] Consumo

La terra promessa dei Paesi in via di sviluppo

LIVORNO. Alcuni grandi Paesi con enormi disponibilità finanziarie ma con altrettanti problemi di sussistenza alimentare stanno facendo acquisti a man bassa di terreni fertili nei Paesi in via di sviluppo, per cercare di evitare o quantomeno contenere le ripercussioni negative del proprio crescente sviluppo, che induce ovviamente a maggiori consumi di cibo in patria.

Nazioni ricche di liquidità come la Cina, ma anche i grandi produttori di petrolio del Golfo Persico, avendo raggiunto la saturazione dei propri terreni (chi per un eccessivo sovrappopolamento, che per scarsità di acqua) per non voler più dipendere dall’estero per garantire un adeguato livello nutrizionale ai propri cittadini, hanno deciso di scavalcare il problema (cioè il mercato globale dei cereali) e di andare direttamente alla fonte, producendo in proprio quello che gli serve, anche se lontano da casa.

Del resto nei paesi in via di sviluppo i terreni fertili non mancano e sono pure a buon mercato e questo scambio non è del tutto deleterio. Infatti da una parte consente di far arrivare nelle casse dei Pvs notevole liquidità di valuta pregiata che (almeno in teoria) potrebbe/dovrebbe essere reinvestita a favore della popolazione locale, dall’altra consente a quei paesi ricchi di rinunciare definitivamente ai fantasiosi progetti di autarchia alimentare che sono falliti miseramente (come in Arabia Saudita).

Ma al di là dei vantaggi bilaterali, questo scambio porterà anche dei benefici più generali, in quanto i nuovi investimenti porteranno a coltivare la terra in maniera molto più produttiva rispetto al passato e consentiranno alte rese per ettaro. Una maggiore produzione di derrate alimentari da un lato ed una conseguente flessione di domanda di granaglie sui mercati globali da parte di Cina & Co. faranno probabilmente scendere il prezzo dei cereali, con un ulteriore indubbio vantaggio per le popolazioni più povere.

Del resto non dimentichiamoci che secondo le stime della Fao, secondo quanto detto dal direttore generale Jacques Diouf, il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è cresciuto di 50 milioni di unità nel solo 2007. Ma oltre ai possibili vantaggi diretti sui destini alimentari di milioni (o miliardi) di persone occorre vedere anche un ulteriore beneficio. Ormai è noto che in molti Pvs, specialmente in Africa, la terra viene sempre meno coltivata, che migliaia di contadini quotidianamente abbandonano le campagne per riversarsi ad ingrandire le periferie delle grandi città in cerca di fortuna, che la desertificazione avanza anche per questo. Ritornare a lavorare la terra, farlo con mezzi produttivi adeguati, lavorare alle dipendenze di aziende che non hanno problemi di mercato, significa per molti poveri agricoltori riacquistare una porzione di futuro.

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