[20/08/2008] Acqua

Gli inglesi (e gli italiani) si bevono l´Aral, il cotone Uzbeko e i delfini dell´Indo

LIVORNO. In occasione della Settimana mondiale dell´acqua in corso a Stoccolma, il Wwf ha presentato il dossier "UK Water Footprint: the impact of the UK´s food and fibre consumption on global water resources", che riguarda i consumi idrici in Gran Bretagna, ma che potrebbe essere esteso per livelli di consumi, usi e stili di vita all´intero mondo occidentale, Italia compresa, con un´aggravante per quanto ci riguarda: da noi le risorse idriche sono più scarse che nel Regno Unito e la Gran Bretagna risulta avere una water footprint (impronta idrica) interna abbastanza modesta (vedi cartografia). Secondo il rapporto "Water footprints of nations: Water use by people as a function of their consumption pattern" del 2007, l´Italia è al top dell´impatto piazzandosi tra i Paesi che consumano tra 2100 e 2.500 metri cubi di acqua pro-capite all´anno. La water footprint della Cina è di soli 700 m3 pro-capite all´anno e importa solo il 7% dell´acqua dall´estero, in Giappone si arriva a 1.159 m3 a testa, ma l´importazione di acqua raggiunge il 65%, gli Usa sono in testa alla classifica del consumo e dello spreco idrico con 2.500 metri cubi di acqua consumati da ogni statunitense ogni anno.

Nonostante l´abbondanza idrica interna e i consumi più bassi dei nostri e degli americani, la Gran Bretagna è la sesta maggiore importatrice di acqua al mondo Ogni suddito delle regina Elisabetta consuma 150 litri d´acqua al giorno solo per bere e per l´utenza domestica. «Ma il consumo "virtuale", quello cioè nascosto nel cibo, nell´abbigliamento e in altri beni è 30 volte superiore ed equivale a 58 vasche da bagno piene d´acqua ogni giorno», spiega il Wwf britannico.

Ci vogliono 16 mila litri di acqua per un chilogrammo di carne di manzo, 900 litri di acqua per un kg di mais, un pomodoro importato dal Marocco ha avuto bisogno di 13 litri d´acqua, per una tazzina di caffè ce ne vogliono 140, una camicia di cotone importata dal Pakistan o dell´Uzbekistan a basso prezzo ha un costo idrico di 2.700 litri prelevati dal fiume Indo o dai corsi d´acqua che alimentano l´esangue lago Aral prosciugato fino al 80% per irrigare i campi di cotone e che ha perso così l´80% del suo volume d´acqua negli ultimi 40 anni. I danni alla biodiversità sono incalcolabili si in Uzbekistan che i Pakistan ed India, dove il delfino d´acqua dolce dell´Indo si sta estinguendo.

Secondo Michele Candotti, Direttore generale del Wwf Italia «Lo studio ci dimostra che solo il 38% dell´acqua usata dai cittadini britannici proviene dai fiumi, dai laghi e dal sottosuolo del Regno Unito. Il resto è importato e si nasconde nei beni primari e di largo consumo che il paese compra dall´estero. Il paradosso è che moltissimi di questi prodotti provengono da aree del mondo in cui le risorse idriche sono già sotto stress o lo diventeranno presto. Non è intuitivo pensare che ci voglia più acqua per nutrirsi e vestirsi, di quanta non sia necessaria per dissetarsi o lavarsi. Eppure in ciò che mangiamo, negli abiti che indossiamo sono contenuti incredibili quantità di prezioso oro blu. Per questo è necessario che governi e aziende private identifichino presto le regioni del Pianeta a rischio di stress idrico e adottino soluzioni adeguate per un uso sostenibile dell´acqua».

Ma con il nostro consumo consumistico non ci beviamo solo i Paesi in via di sviluppo: secondo il Wwf quando compriamo uva e arance spagnole (e magari anche di alcune aree italiane a rischio desertificazione) «significa farlo in un paese dove, all´inizio di quest´anno, l´acqua potabile è stata importata via nave dalla Francia».

Intanto il Wwf britannico chiede alle grandi aziende britanniche, come Marks and Spencer, di calcolare la propria impronta ecologica dei consumi d´acqua, per stabilire quanta acqua viene consumata sia per i processi produttivi che per lo stoccaggio e l´approvvigionamento. «Questo include l´acqua prelevata dai fiumi britannici e quella dei fiumi dove le materie prime crescono o sono lavorate».
In India e Pakistan il Wwf sta cercando di riconvertire, insieme agli agricoltori locali, le colture che richiedono un grosso impiego di acqua dolce, come riso, cotone e canna da zucchero, per mettere a punto pratiche agricole che riducano la necessità d´acqua pur mantenendo elevati livelli di produzione. Per la canna da zucchero, si è raggiunta una riduzione dell´uso di acqua del 40% con un aumento della produzione di un terzo.

Torna all'archivio