[29/08/2008] Parchi

Si possono allevare i tonni in un´area marina protetta?

LIVORNO. La Lega antivivisezione ha presentato un esposto alla polizia ipotizzando illeciti amministrativi riguardanti le autorizzazioni rilasciate per un allevamento di tonni nell´area marina protetta (Amp) "Regno di Nettuno". Il direttore dell´Amp, Riccardo Strada, ha autorizzato la società Turca "Akua Italia srl" alla conduzione dell´allevamento intensivo di tonno rosso nella baia del Carbonchio al largo di Punta Solchiaro a Procida, all´interno della zona "B" del parco marino, nonostante egli stesso affermi che «il procedimento di concessione è privo, in tutte le sue fasi, di una valutazione di carattere ambientale, sia essa Valutazione di Impatto Ambientale ovvero di Valutazione di Incidenza, pur essendo la concessione in zona Sic e Zps», ma poi, pur con prescrizioni, rilascia l´autorizzazione «In considerazione della esplicita richiesta dell´amministrazione comunale di Procida, a fronte degli impegni già presi da detta amministrazione nei confronti della società Akua Italia che coinvolgono sul piano economico la società stessa; considerata la impossibilità di dare una precisa valutazione che l´impianto dell´allevamento del tonno rosso possa aver sull´Ambiente dell´area marina protetta; rilascia nulla osta alla conduzione dell´allevamento di tonno rosso dalla data odierna alla data del 31 dicembre 2008».

Nell´esposto presentato dalla Lav alla polizia, viene esaminato l´iter procedurale finalizzato alla concessione e vengono evidenziati elementi sui quali l´associazione chiede una verifica di liceità. Intanto, la Lav annuncia che presto impugnerà al Tribunale amministrativo della Campania il nulla osta rilasciato e tutti gli atti presupposti e conseguenti. La richiesta di allevare tonni in un´Amp dovrebbe essere la prima in Italia, mentre esistono già gabbie per l´acquacoltura in mare aperto per orate ed altri pesci di taglia più piccola, ad esempio nell´area protetta a mare di Gorgona e Capraia, nel parco nazionale dell´Arcipelago toscano, mentre un´analoga richiesta per allevare orate nell´area marina protetta delle 5 Terre vide un´opposizione che non permise di approvare il progetto.

La vicenda è interessante perché riguarda sia una pratica ritenuta da molti insostenibile per la stessa sussistenza degli stock di tonno rosso mediterraneo, sia perché la Lav solleva un caso giuridico-amministrativo che ricorre spesso in aree marine protette, parchi naturali e Zone di protezione speciale: quello della gestione dei vincoli da parte degli enti gestori, che spesso si trovano davanti a richieste di "sviluppo sostenibile".

Ciro Troiano, responsabile tutela ambiente della Lav, ha presentato il ricorso e spiega che «si chiede all´organo di polizia giudiziaria in indirizzo di verificare se le condotte summenzionate siano idonee a concretizzare eventuale reato. Il nostro obiettivo è capire come mai in un´Area marina protetta sia stata autorizzata un´attività di cui non è stato possibile stabilire l´impatto sull´ambiente e che presenta evidenti profili di allarme nell´opinione pubblica. Dagli stessi studi di monitoraggio commissionati nel 2007 dalla società che gestisce l´allevamento emerge una incidenza negativa sui fondali sottostanti le gabbie da accumulo di sostanza organica. Studi che non escludono un cumulo di effetti ambientali sui fondali in caso di prosecuzione dell´attività. Ci chiediamo come mai con questi presupposti sia stato rilasciato il nulla osta, laddove la cosa più prudente da fare sarebbe stata opporre un diniego precauzionale al fine di tutelare l´interesse sostanziale della salvaguardia della biodiversità marina. Ci auguriamo che le nostre preoccupazioni siano infondate ma vogliamo chiarire, nell´interesse di tutti, se ci troviamo di fronte a un caso di "Illecito ambientale in bianco", come i più grandi giuristi dell´ambiente definiscono gli illeciti ambientali generati da autorizzazioni apparentemente legittime con le quali si vanno ad autorizzare opere che in sé sono in palese violazione di legge. Per acclarata giurisprudenza, infatti gli illeciti nel campo ambientale non si consumano solo violando le specifiche norme di settore, ma le violazioni di legge possono essere determinate da atti amministrativi che autorizzano a realizzare opere che di per sé sono vietate».

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