[01/09/2008] Consumo

Ue, entra nella fase operativa il consiglio mediterraneo per la pesca

LIVORNO. Dal 15 settembre di questo anno il Consiglio regionale del Mediterraneo per la pesca inizierà a esercitare le proprie funzioni: la Commissione europea ha deciso che l’organo per la partecipazione degli Stati membri alla politica comune della pesca è pronto a fornire consulenza alla Commissione sugli aspetti della gestione della pesca nel mare Mediterraneo.

Il Consiglio regionale del Mediterrano – che non è l’unico in Europa perché l’Ue ne prevede altri 6 (Mar Baltico, Mar del Nord, Acque nord occidentali, Acque sud occidentali, Stock pelagici e Flotta d’alto mare e oceanica) - è composto principalmente dai pescatori e da altri rappresentanti del settore della pesca, dell’acquacoltura, di gruppi di difesa dell’ambiente, dei consumatori e di esperti scientifici di tutti gli Stati membri che hanno interessi in materia di pesca nella zona del Mediterraneo (cioè quella che si estende a est della linea di 5° 26’ di longitudine ovest).

I rappresentanti delle amministrazioni nazionali e regionali hanno il diritto di partecipare ai consigli consultivi regionali in qualità di membri o osservatori. E la Commissione può essere presente alle loro riunioni.

Sicuramente la Commissione può consultare il consiglio sulle proposte relative alle misure che riguardano la pesca nel mediterraneo. Ad esempio può richiedere l’intervento dell’organo per i piani di ricostituzione o gestione pluriennali che intende presentare e che riguardano le attività di pesca della zona mediterranea.

Ma il Consiglio consultivo regionale può fare anche altro: può presentare alla Commissione o allo Stato membro interessato - di propria iniziativa o su richiesta della Commissione o di uno Stato membro - raccomandazioni e suggerimenti su aspetti relativi alla gestione della pesca. Poi, può informare la Commissione o lo Stato membro interessato in merito ai problemi di attuazione delle norme comunitarie e presentare alla Commissione o allo Stato membro interessato raccomandazioni e suggerimenti per affrontare tali problemi. Oltre che poter svolgere qualsiasi altra attività necessaria per l’espletamento delle proprie funzioni. Della propria attività però, dovrà informare il Comitato per il settore della pesca e dell’acquacoltura.

La politica comune della pesca è stata avviata nel 1970 e nel 2003 la Commissione Europea ha lanciato la nuova politica comune della pesca (Pcp), proprio per conservare gli stock ittici, la biodiversità e l’ambiente marino, cercando di salvaguardare specie “non commerciali” (o meglio non più) come tartarughe, uccelli e mammiferi marini, attraverso il mantenimento di una flotta peschereccia europea sostenibile e garantendo la qualità del pescato.

Del resto la politica comune della pesca dovrebbe perseguire l’obiettivo di garantire uno sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche vive e dell’acquacoltura nell’ambito di uno sviluppo sostenibile, tenendo conto in modo equilibrato degli aspetti ambientali, economici e sociali. Per far ciò, però, occorre che la gestione della politica comune della pesca si ispiri al principio di buona “governance” e che le misure adottate siano compatibili tra di loro e coerenti con le altre politiche comunitarie. E proprio per contribuire alla realizzazione degli obiettivi l’Ue istituisce il consiglio consultivo regionale del Mediterraneo e in generale tutti i Consigli regionali, perchè questa politica possa avvalersi delle conoscenze e dell’esperienza dei pescatori interessati e di altre parti in gioco, tenendo conto delle diverse situazioni nelle acque comunitarie oltre dei pareri scientifici, tecnici ed economici più attendibili.

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