[08/09/2008] Consumo

Mondo storto, mal di denti e supervaccini

LIVORNO. E’ un “mondo storto” direbbe Mauro Corona quello dove per curarsi un mal di denti costa meno andare in Ungheria che restare in Italia. Un “mondo storto” come quello degli Usa dove, ci ricorda il Corriere della Sera, “un esercito di pazienti orfani di un sistema sanitario pubblico e sempre più in difficoltà di fronte ai costi delle assicurazioni private (45 milioni di loro hanno rinunciato ad averne una) è pronto a prendere il largo per difendere la propria salute». Un esercito le cui fila crescono ogni giorno di più: «secondo una ricerca della società di consulenza Deloitte, il numero di cittadini Usa che si sottopongono a cure mediche all’estero (750 mila lo scorso anno) è destinato a raggiungere i sei milioni entro il 2010 e i 10 milioni entro il2012. Un boom che renderà la sanità sempre più globale, con conseguenze sia in patria che all’estero».

La cosa se vogliamo più drammatica è che le motivazioni di questo fenomeno crescente che riguarda non solo gli Usa, ma anche Gran Bretagna e Italia, sono principalmente: il risparmio, il taglio dei tempi di attesa e gli ospedali di eccellenza. Dunque sono tre caratteristiche che almeno 40mila italiani (per restare alla nostra nazione appunto) non trovano nelle strutture del Belpaese.

Quello che è cambiato rispetto al passato recente è che all’estero non si va solo perché magari si ritiene che ci siano più conoscenze – percorso che potevano e possono permettersi quasi sempre solo le fasce più agiate dei cittadini – ma come detto perché si risparmia e si aspetta meno dei “convenzionali” 420 giorni per operarsi di prostata o un mese per una Tac.

Un mondo storto perché quando si parla di cosa deve crescere in Italia, ad esempio, si può facilmente intuire che qui ci sarebbe da lavorare più che abbastanza. Non solo per questo fenomeno che, riguardando 40mila italiani l’anno, non è ancora qualcosa di irreversibile, ma perché è qui che si misura la qualità e il livello culturale raggiunto da un Paese. Ormai superato, pare di capire, in alcune branchie del settore sanitario da stati che partivano da un livello piuttosto arretrato rispetto al nostro. Un Paese, il nostro appunto, che non investe più in ricerca e innovazione ed è solo proiettato sui tagli al settore pubblico come se da soli bastassero per far ripartire l’economia e far crescere il Pil e tutto il resto non contasse niente.

Spesso da queste colonne virtuali abbiamo osservato come la ricerca nel settore sanitario fosse principalmente orientata verso le cure delle malattie occidentali grazie al sicuro business che esse rappresentano rispetto a quelle, molto più banali ma assai più mortali, che affliggono i paesi in via di sviluppo.

Ma qui stiamo assistendo a qualcosa di diverso perché chi preferisce andare a curarsi in Ungheria invece che restare in Italia lo fa, pare, perché come detto gli conviene, aspetta meno e trova strutture più all’avanguardia persino in Romania, Croazia, Montenegro, Malta, Turchia e Tunisia. Anche la sanità, dunque, appare sempre più un mercato dove il paziente può rivolgersi ‘al miglior offerente’.

Una sanità pubblica per tutti dove il massimo delle cure che riceveva il più povero degli italiani fosse uguale a quelle che riceveva il più ricco, appare una favoletta che si avvita su sé stessa portandoci a credere persino, paradosso dei paradossi, che in questa società la splendida notizia (potenziale) che presto ci sarà un supervaccino per battere per sempre l’influenza – che l’Istituto superiore di sanità considera, per la sua elevata contagiosità, variabilità antigenica ed esistenza di serbatoi animali, ancora un grave problema di sanità pubblica e che nel mondo e nei paesi poveri in particola miete ancora moltissime vittime – non miri ad allungare e migliorare la vita delle persone e dei più deboli, ma ai benefici economici legati al risparmio per le malattie delle persone in età lavorativa.

Curare l’influenza solo per fa sì che il lavoratore non si ammali mai e quindi produca-compri-consumi-gettivia? Se fosse così, ci sarebbe quasi da sperare che il supervaccino non funzioni…

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