[10/09/2008] Energia

In Germania al via la cattura della Co2... ma i conti (economici e ambientali) non tornano

LIVORNO. Ormai è noto che la Germania, dove si prevede l’abbandono del nucleare entro il 2020, ha già messo in cantiere la costruzione di oltre 20 nuove centrali a carbone per far fronte alla propria domanda energetica. Per ovviare agli effetti negativi legati alla sovrapproduzione di anidride carbonica (il più noto e diffuso dei gas responsabili dell’effetto serra) che tale scelta inevitabilmente comporterà, si stanno sperimentando nuove soluzioni tecnologiche non solo per non sforare i parametri del protocollo di Kyoto, ma addirittura per guadagnarci grazie al commercio dei certificati verdi. In base a questa filosofia, ieri è entrata in funzione una sperimentale centrale a carbone che promette la produzione di energia elettrica senza inquinare l’atmosfera.

L´impianto, gestito dal gigante energetico svedese Vattenfall, è stato realizzato presso la centrale a lignite di Schwarze Pumpe (Regione di Brandeburgo) che un tempo costituiva uno dei parchi industriali più inquinanti della defunta Germania dell´Est. Qui, non lontano dal confine con la Polonia, viene sperimentata la tecnologia Ccs (Carbon capture and storage): l´anidride carbonica emessa nel processo di produzione verrà separata, resa liquida e trasportata attraverso dei camion nel vicino Land della Sassonia-Anhalt, dove verrà immagazzinata sottoterra, in un ex giacimento di gas ormai vuoto. In tal modo, secondo i costruttori, nell´atmosfera finirà soltanto il 10% delle emissioni di Co2 normalmente rilasciate da una centrale a carbone.

Vattenfall è la quarta maggiore fornitrice di energia elettrica in tutta Europa ed è una delle maggiori società che, pur essendo stata liberalizzata per volontà dell´Unione Europea, è rimasta di proprietà statale (come la EDF in Francia). La centrale sperimentale, la cui costruzione è iniziata nel 2005, è oggi in grado di produrre solamente 30 MW di potenza ma inizialmente non produrrà energia elettrica, ma solo vapore per non provocare ulteriori difficoltà nell´affinamento della tecnica denominata Oxyfuel. Una vera centrale elettrica da 300 a 600 MW “catalizzata” non sarà disponibile prima del 2015, prevedono alla Vattenfall, ed una vera e propria utilizzazione commerciale generale solo nel 2020.

Sui costi di realizzazione della centrale inaugurata ieri esiste tuttavia un balletto di cifre: alcune fonti parlano di 40 milioni di Euro, altre di 50, chi dice 60 e perfino 70. Ora dato che non stiamo parlando di noccioline, questa diversa quantificazione dell’investimento non è certo un buon segnale di trasparenza ed induce non pochi osservatori a fare le pulci al progetto. Andando ad analizzare più nel dettaglio questa nuova tecnologia ci si accorge che, fatto salvo che siamo ancora in una fase sperimentale, il processo di immagazzinamento del biossido di carbonio è molto costoso e complicato in termini di energia impiegata e quindi di costi economici diretti ed indiretti (sia a monte, cioè nell’impianto, sia a valle, cioè nello stoccaggio sottoterra).

La Vattenfall conta di recuperare questi costi non solo attraverso la produzione di energia elettrica ma anche grazie al meccanismo dell’emission trading. «Quando entrerà in funzione in Europa il commercio dei diritti di emissione e i certificati Ccs costeranno tra 30 e 35 euro, contro gli attuali 20, la tecnologia giustificherà la spesa» ha detto il presidente Tuomo Hatakka al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung di oggi. Un altro dettaglio non secondario è dato dal fatto che la centrale è alimentata a lignite, un minerale ampiamente disponibile in Germania e nel resto dell´Europa settentrionale che a differenza del carbone si trova pochi metri sotto la superficie e può quindi essere estratto senza difficoltà. Ma la lignite emette elevate concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera quando viene bruciata per la produzione di energia elettrica: per megawatt prodotto la lignite libera 1,6 tonnellate di biossido di carbonio, rispetto a 1,3 t per il carbone e 0,6 t del metano. L

a centrale produrrà, quindi nove tonnellate di CO2 all’ora: che è comunque un record di efficienza a fronte dell’energia prodotta, ma non cancella il dubbio di voler usare volutamente un combustile molto inquinante per poi rivendicare un’alta rimuneratività dell’investimento grazie alla vendita dei certificati verdi.

Ieri all’inaugurazione l’ottimismo era quindi alle stelle, nonostante un nutrito gruppo di ambientalisti abbia cercato di rovinare la festa: per loro non sono ancora chiari i costi ambientali dell’intera operazione. Certamente, finora la sola speranza di introdurre lo stoccaggio ha offerto all’industria del carbone credenziali verdi inesistenti. Secondo Greenpeace, lo stoccaggio sotterraneo è uno specchietto per le allodole. O peggio: un pretesto per poter costruire altre centrali a carbone. Tra due anni sarà possibile tracciare un primo bilancio, anche ambientale, della nuova tecnologia. Che pertanto non può ancora dirsi “ecologica”.

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