[16/09/2008] Parchi

Cresce il parco dell´appennino tosco-emiliano

FIRENZE. Il parco dell’appennino Tosco-emiliano si ingrandisce in maniera lenta, ma inesorabile. Con l’adesione del comune di Bagnone (Ms) in Toscana e di alcuni territori nel parmense (crinale di Monchio) e del reggiano (Sologno) finalmente il perimetro dell’area protetta chiuderà, una volta emessi i decreti attuativi, quella soluzione di continuità che lo ha finora caratterizzato. Si tratta finora di aggiustamenti che hanno valore poco più che simbolico, ristretti corridoi di connessione in zone di crinale. Ma sono comunque i primi passi concreti di una politica di salvaguardia e sviluppo sostenibile che è destinata a coinvolgere, col tempo, gran parte dell’appennino settentrionale. Abbiamo chiesto a Matteo Tollini, responsabile di Legambiente Toscana per le aree protette e membro del Consiglio direttivo del Parco, un commento sulla situazione attuale e sulle prospettive per il futuro.

Tollini, che significato attribuire all’ingrandimento del Parco? Quali concreti miglioramenti ne deriveranno?

«L’ingresso nel Parco da parte del comune di Bagnone è fondamentale, poichè insieme ad altri territori sul versante emiliano contribuisce ad una vera saldatura del territorio del Parco, finora diviso in due settori. Ciò ha risvolti sia funzionali, sia inerenti alla continuità ecologica.

Ma soprattutto è importante evidenziare come Bagnone abbia aderito ad una politica di sviluppo diversa. Ho assistito al Consiglio comunale che ha ratificato la decisione: è stato un confronto molto partecipato e il consenso è stato molto ampio, a parte alcune critiche avanzate dall’opposizione di centro-destra locale».

Il presidente Giovanelli, nell’intervista rilasciata a greenreport il 12 febbraio, parlò del progetto “Area vasta” e del ruolo che il Parco dell’Appennino Tosco-emiliano poteva giocare nello sviluppo di un sistema territoriale che comprenda anche altre zone, in un raggio di 60 km dal nucleo storico del Parco situato in Lunigiana. Quali sono i possibili sviluppi futuri? L’appennino Modenese-Pistoiese continuerà ad essere fuori dai giochi?

«Il progetto “Area vasta” è stato iniziato e promosso da Legambiente, ora rafforzato con la rete dei “Parchi di mare e d’appennino”, iniziativa la cui implementazione è stata discussa il 13 agosto scorso a Festambiente. Si tratta di 8 parchi (in Toscana aderiscono il parco dell’Appennino, quello delle Foreste casentinesi, San Rossore e il parco delle Apuane) inseriti in una rete che giace su un territorio con diversità eccezionale, e che è attiva anche su territori non protetti: è un progetto che prende in esame sia le connessioni socio-economiche, sia quelle ecologiche tra i territori interessati. Per queste ultime, però, ancora vanno studiate effettive reti di collegamento ecologico: potrebbe essere individuabile, in futuro, un progetto in questo senso.

Per quanto riguarda l’estensione del parco alle zone adiacenti, facciamo un appello ai sindaci della Lunigiana e della Garfagnana: alcuni, pur avendo i rispettivi comuni aderito al parco, non vi hanno inserito zone abitate. Altri, come Pontremoli, devono ancora entrarvi. In questo momento l’obiettivo del Parco è l’intensificazione nella zona intorno al nucleo. Poi, l’idea originale prevede un assestamento del Parco che comprenda tutte le zone di crinale da Pistoia a La Spezia: va però considerato che la formazione del parco dell’Appennino Tosco-emiliano è stata ed è particolare, poichè per legge occorre il consenso delle comunità locali per inserire i rispettivi territori nel parco. Questa procedura di condivisione e decisione “dal basso”, con i suoi evidenti vantaggi e svantaggi, è adottata, in Italia, nel solo parco dell’Appennino Tosco-emiliano».

Una impostazione partecipativa che stride con la politica “dall’alto” che molto spesso è stata finora applicata all’assestamento dei parchi, e con una certa diffidenza che la stessa legge 394/91 riserva al tema della partecipazione per le aree protette.

«Il vantaggio è che si creano consenso e partecipazione, lo svantaggio la difficoltà di prendere decisioni. E’ vero che la legge 394 è migliorabile sotto questo aspetto, ma ricordiamo che è una legge che tutto il mondo ci invidia».

Ma com’è il rapporto tra la popolazione, l’economia locale e il Parco? Quali compromessi, quali strategie sono stati individuati per risolvere questi aspetti gestionali, solitamente tra i più problematici?

«Riguardo a questo, segnalo un’altra particolarità della situazione locale: il primo borgo abitato ad entrare nel Parco fu Sassalbo (Ms). Fu la stessa popolazione locale a chiederlo, inviando una lettera al Ministero che era firmata, primo fra tutti, dal presidente della locale cooperativa di cacciatori. Poi partì un meccanismo di emulazione da parte di altri comuni adiacenti, entusiasti di aderire. Questo era ciò che si auspicava (in cui credeva, e per cui ha lavorato) Legambiente, perchè crediamo che la tutela dei borghi montani e del loro territorio si accompagni alla tutela della biodiversità stessa: per fare un esempio, basta pensare alla chiusura delle radure e dei coltivi, che sono associati all’abbandono dei paesi montani, e che stanno riducendo la biodiversità sui monti, causando un minore numero di nicchie ecologiche e di zone di ecotone.

Quindi noi continuiamo a sostenere la nostra idea e ad andare nei paesi a discuterla: l’obiettivo è un “parco dei borghi vivi” che sfruttino la montagna in modo sostenibile. Molti borghi si stanno svuotando, e i sindaci e le amministrazioni locali devono saper partire dal basso: noi chiediamo un parco che sia abitato e anche partecipato, poichè la prima fauna che garantisce la biodiversità in appennino è l’uomo».

In chiusura, ci può dare un’anticipazione riguardo a quali proposte Legambiente vuole avanzare riguardo alla nuova legge toscana sui parchi, attualmente in discussione in Regione?

«Domani si riunirà la commissione Aree protette di Legambiente toscana. C’è un solo punto critico: abbiamo prima parlato del progetto Area vasta e delle reti ecologiche, ma la legge non fa menzione delle reti ecologiche. E in generale manca una reale codificazione delle politiche di sistema: la Toscana è capofila, insieme ad altre 5 regioni, del progetto “Appennino parco d’Europa”, ma nella legge manca un vero appoggio all’iniziativa. Eppure si tratta di un percorso che va avanti: dai 35 miliardi di lire stanziati nel 2001 per alcuni progetti-pilota (come l’iniziativa “una città di villaggi tra Padana e Tirreno”) fino al 2007, con la firma della convenzione degli Appennini, a cui hanno aderito tutte le aree montane».

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