[22/09/2008] Parchi

Caccia, natura e divertimento

PORTOFERRAIO (Livorno). All´inizio della stagione della caccia si possono tentare riflessioni più generali sul ruolo che questo "divertimento" ha assunto nelle società moderne e, in particolare, in quella italiana. Ci sono diversi tipi di cacciatori e non è sempre opportuno generalizzare, per questo comincerei con un esempio molto positivo, quello dei cacciatori di selezione preparati dal Parco nazionale dell´Arcipelago Toscano per ridurre la pressione distruttiva degli ungulati sul territorio delle isole. Questi uomini seguono scrupolosamente le regole e aiutano non solo agricoltori o semplici cittadini che posseggono un giardino, ma lo stesso ecosistema elbano a reggere l´impatto di cinghiali e mufloni. E i risultati si vedono: mai come quest´anno sono stati messi sotto controllo e ridotti di numero.

Cinghiali e mufloni sono stati introdotti nell´arcipelago decenni fa da altri cacciatori, meno attenti agli equilibri ambientali; in assenza di predatori, logico che si riproducessero in modo esplosivo. I selecontrollori riparano i danni di altri cacciatori e sembra difficile trovare alternative "naturalistiche".

Detto questo però, la caccia continua a essere un´attività anacronistica e dannosa in Paesi i cui ecosistemi sono ridotti male come quello italiano. Forse questa è anche la ragione per cui le licenze di caccia sono passate da oltre un milione e mezzo alle attuali settecentomila circa, segno di un´estinzione lenta ma ineluttabile.

Sebbene i danni delle attività industriali (inquinamento) e agricole estensive (pesticidi) siano enormemente più gravi, la caccia resta un vulnus difficile da accettare per chi ha cuore l´ambiente e presenta un problema di altro tipo che voglio qui porre. Spesso gli amici cacciatori rispondono alle critiche dicendo che si tratta di una naturale attività del genere Homo. Purtroppo per loro i dati paleontologici correttamente interpretati dicono che non è così: l´uomo diventa super-predatore, e dunque cacciatore, in tempi relativamente recenti rispetto alla storia del suo genere.

Le ossa di tigre dai denti a sciabola, mammuth e ominidi ritrovate assieme testimoniano sì di lotte ancestrali, ma in cui l´uomo e il proboscidato erano le prede, e la tigre il cacciatore. Nasciamo come prede, sebbene sia più romantico raccontarsi un´altra storia.

Ma non è neppure questo il punto, come non lo è neppure la questione del bracconaggio (un bracconiere è sempre un cacciatore, anche se non tutti i cacciatori sono bracconieri) o dell´estinzione definitiva di molte specie animali negli ultimi 10.000 anni (molte per colpa della caccia). O che si caccia per la necessità di mangiare selvaggina, cosa che francamente fa un po´ ridere (specialmente per un vegetariano come me).

Il punto è del perché si caccia. E la risposta, terribile, è perché chi caccia trae divertimento dall´uccisione di un altro vivente. Ho chiesto a molti cacciatori di rispondere alla domanda "perché si caccia" e tutti, invariabilmente, mi hanno raccontato di cani, di scampagnate, di alzarsi presto la mattina, del profumo del bosco, della pioggia e delle camminate. Come se queste fossero le vere attrattive della caccia. Allora, perché non mantenere tutte queste ottime attività e armarsi di macchina fotografica per immortalare le proprie capacità, abbandonando il fucile ?

Nessuno (dico nessuno) lo ha mai fatto: troppo forte il desiderio di esorcizzare la morte attraverso lo spappolamento di un altro incolpevole vivente, troppo forte la voglia di sangue e di onnipotenza. Insomma rinunciano a tutto, ma non al fucile. Non c´è nessun altra spiegazione che divertirsi uccidendo, un po´ triste, no?

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