[22/09/2008] Parchi

Parchi a Congresso

PISA. Federparchi l’associazione dei parchi e delle aree protette ha deciso di anticipare a dicembre il suo congresso nazionale previsto per giugno. La ragione, anzi le ragioni, sono molte ma riassumibili nella necessità e urgenza che le istituzioni, Parlamento, governo, regioni, enti locali e associazionismo, mondo della ricerca definiscano in un confronto ampio e non riservato a pochi addetti ai lavori, le linee e gli impegni di una politica nazionale che dovrebbe trovare la sua sanzione nella Terza Conferenza nazionale dei parchi.

A rendere irrimandabile e ineludibile questo passaggio sono anche una serie importantissima di scadenze nazionali ravvicinate sul piano politico-istituzionale; federalismo, nuovo codice delle autonomie, ma anche regionali essendo numerose regioni impegnate nella revisione delle rispettive legislazioni; la Toscana, il Piemonte, la Lombardia ecc. Ed anche dove non si è alle prese con rinnovi normativi sono in corso vicende significative e degne di attenzione per quanto riguarda, ad esempio, i rapporti con lo stato – vedi la Sardegna. D’altronde è recente la richiesta degli assessori regionali all’ambiente di un incontro con il ministro Prestigiacomo per l’esame di una serie di questioni che in vario modo interessa anche la tutela ambientale e le stesse aree protette.

Va detto subito - a scanso di equivoci - che questi appuntamenti, il primo già deciso, l’altro da definire concretamente dopo l’impegno assunto del ministro, implicano risposte e impegni che vanno molto al di là di un’eventuale proposta di legge del governo magari per chiedere – tanto per cambiare - una delega. Le due deleghe in materia ambientale che a poca distanza di tempo sono state gestite da due governi diversi non hanno portato bene soprattutto ai parchi.

La prima - quella della commissione dei 24 (è bene ricordarlo) - ha mazzolato duramente la legge 183 i cui effetti come sappiamo si sono fatti sentire anche sui parchi fluviali. D’altra parte quando fu chiesto perché nonostante ciò fosse previsto dalla delega, i parchi erano stati esclusi dalla nuova normativa, la risposta fu netta; non abbiamo ritenuto vi fosse la necessità di una revisione della legge. La seconda e più recente è quella del nuovo codice dei beni culturali che ha sottratto ai piani dei parchi il paesaggio.

Come si ricorderà, nelle polemiche estive sui parchi il ritardo dei parchi nazionali nella messa a punto dei loro piani fu portato ad esempio di qualcosa che non gira nel verso giusto. Di sicuro a quelle difficoltà se ne aggiungono ora di nuove e pesanti in quanto i piani dei parchi non potranno essere uguali a prima perché il ministero dei beni culturali e le sue strutture decentrate si sono ‘riappropriati’ di questa competenza ‘separando’ ciò che la legge 394 aveva saggiamente unito.

Qui si pone perciò una prima questione che riguarda il rapporto ministero dell’ambiente e dei beni culturali in questa nuova fase. Le ormai lontane due conferenze nazionali sul paesaggio sono lì a ricordarci che al ministero dei parchi si sono sempre occupati e preoccupati poco o niente. Come si intende affrontare ora questa questione tra i due ministeri, ma anche con le regioni specie con quelle che nelle nuove leggi regionali dovranno rispondere anche in qualche modo a questo novità. Molti parchi, soprattutto regionali, da anni rilasciavano i nulla osta in materia paesaggistica che ora torna alle sopraintendenze che con personale scarso dovranno occuparsi di migliaia di pratiche con prevedibili tempi di approvazione interminabili. Lasciamo correre o ricerchiamo a Roma e nelle regioni soluzioni che facciano meno danni possibili?

Non è una questione da poco e riguarda i rapporti tra ministeri e tra questi e le regioni. Fino a questo momento registriamo purtroppo troppi silenzi e disattenzioni che non possono e non debbono continuare. Nel momento in cui da più parti - e giustamente - si denunciano le aggressioni al paesaggio e i rischi derivanti da un consumo sfrenato del territorio è il sistema istituzionale in ‘leale collaborazione’, a partire dai diversi ministeri che debbono essere in grado di dare risposte adeguate dopo le troppe stagioni condonistiche. Roma, ma anche le regioni e gli enti locali. I parchi sono un soggetto decisivo e particolarmente qualificato di questa complessa e complicata partita e tenerli ai margini in condizioni precarie e non solo sul piano finanziario, prima ancora che mortificare un soggetto che ha dato finora buona prova di sé, priverebbe le istituzioni di un protagonista determinante.

E questa è una partita che si gioca – vorrei mettere l’accento su questo punto - prima ancora che tra governo e opposizione, tra le istituzioni chiamate - a prescindere dal tipo di maggioranza - a dire se dei parchi e delle aree protette intendono fare finalmente un sistema che è qualcosa di più, di diverso e di assai più impegnativo, di un pur importante assemblaggio di numerosi soggetti diversi.
Le istituzioni, in buona sostanza, a prescindere dalle loro maggioranze sono chiamante a dare risposte – diciamolo in termini chiari - non ‘corporative’. Finora abbiamo registrato in troppe occasioni una scarsa capacità e volontà di agire collegialmente. Spesso hanno prevalso le preoccupazioni proprie che riguardassero le province, le comunità montane, i piccoli comuni o le aree metropolitane, persino le regioni a statuto ordinario e quelle speciali. La ‘leale collaborazione’ talvolta lascia il posto ai ‘polli di Renzo’ che difficilmente potranno fare sistema’.

Il Congresso di Federparchi unitamente alle scadenze prossime sul piano istituzionale; Federalismo, nuovo codice delle autonomie richiede al nostro sistema istituzionale prima ancora che politico una risposta all’altezza della sfida. I parchi sotto diversi profili offrono da questo punto di vista una grande opportunità perché qui si discute di gestioni affidate ad enti misti, di pianificazioni intersettoriali tra natura, paesaggio, cultura, economia a livelli non coincidenti con i tradizionali confini amministrativi e corrispondenti a quei livelli di ‘giustezza’ richiamati e voluti da una valida politica di sussidiarietà.
Non siamo al margine, alla periferia di questioni importanti, siamo nel cuore di queste problematiche decisive finora non sempre affrontate e gestite – neppure in molte regioni oltre che a Roma- con la consapevolezza, determinazione e volontà necessari.

Ecco perché il congresso di Federparchi è un appuntamento importante. Per le istituzioni innanzitutto, ma anche per le forze politiche che sembrano chi più chi poco meno stare alla finestra a guardare o aspettare che altri facciano la prima mossa. Non si può insomma –voglio dirlo con chiarezza anche un po’ polemica- misurare solo l’indice di gradimento presunto delle proprie posizioni. Non si può in altri termini fare solo i conti sui rapporti di forza. Meglio puntare su idee e proposte precise che si ritiene possano rispondere alle esigenze di oggi piuttosto che sfogliare la margherita se ci conviene o no. Di tattiche e di calcoli talvolta di muore.

Insomma, si cominci nelle sedi parlamentari (dove non basta qualche visita nei parchi nazionali, magari commissariati, quasi che la legge e il suo funzionamento riguardasse ‘soltanto’ quei parchi e non tutto il sistema), nella Conferenza stato, regioni autonomie a mettere le carte in tavola, avvalendoci delle sedi preposte dalle leggi nazionali ed anche regionali. Non ci si può lamentare degli eccessi centralistici se poi si aspettano le dritte e gli input da Roma.

*Responsabile nazionale dei parchi e delle aree protette di Legautonomie

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