[22/09/2008] Monitor di Enrico Falqui

Uno stadio con vista sul parco, Mr Fuksas

FIRENZE. Il Campo di Marte, prima della costruzione dell’attuale stadio comunale di Firenze, era un quartiere periferico, condizionato nel suo sviluppo dalla Piazza d’Armi. Nonostante la presenza di diverse piccole industrie, non si era verificata la costruzione di case popolari e la maggioranza delle abitazioni erano occupate dalla medio-alta borghesia fiorentina.

Le cronache dell’epoca ci raccontano che la vita del quartiere andava avanti senza alcuna trasformazione e risultava totalmente separata dal centro della città. La costruzione dello stadio rappresentò una vera rivoluzione per il Campo di Marte; fu inaugurato nel 1932, prese il nome di uno squadrista fascista fiorentino Giovanni Berta e fu quasi interamente finanziato dal marchese Ridolfi, il quale, pur di mantenere la parola data alla città, vendette un intero castello di sua proprietà vicino a Greve.

Anche a quell’epoca, Firenze pensava all’edificazione di un complesso sportivo polifunzionale da molti anni, tanto è vero che già nel 1920 il collegio toscano degli Architetti e degli Ingegneri aveva proposto la costruzione di uno stadio nel Parco delle Cascine, che già vantava la presenza degli attuali Ippodromi, del poligono di tiro a segno e del Club del tennis. Il football era ancora uno sport giovane e quello stadio avrebbe dovuto ospitare la ginnastica, la scherma, il pattinaggio, il nuoto, gli sport artistici, discipline allora assai più popolari e diffuse.
L’immersione di tali discipline sportive nel più importante Parco urbano fiorentino rappresentava un “segno” significativo di un duplice matrimonio, quello tra sport e città e quello tra sport e natura-paesaggio.

Proprio in questi giorni, i proprietari della Fiorentina, gli industriali marchigiani Andrea e Diego Della Valle hanno presentato un progetto di una vera e propria “cittadella dello sport”, su disegni e bozzetti di uno dei più celebri architetti italiani, Massimiliano Fuksas. All’interno di un’area di circa 80 ha sarebbero previsti un nuovo stadio di calcio (da 40.000-50.000 posti a sedere), un centro commerciale, una via di negozi denominata “Downtown”, un museo e una Gardaland del pallone, dedicata ai ragazzi.
“Tutto questo, assicura Diego Della Valle, sarà pronto nel giro di tre anni se l’amministrazione locale darà le concessioni in tempi rapidi, dimostrando così che essa vuole che la Fiorentina diventi una grande squadra”.

Occorre dire che c’è qualcosa che non va in questo ragionamento esposto alla pubblica opinione da parte della famiglia Della Valle, sia nel metodo che nei contenuti, se davvero ad ispirarlo è il “Bene” per questa città e per i suoi abitanti.
Anche quando il progetto dell’Ing. Nervi venne scelto per realizzare lo stadio Berta a Firenze, esso non risultò vincitore di un appalto-concorso, ma venne selezionato soprattutto per la sua straordinaria economia a fronte di altre ipotesi che propendevano per le Cure , l’Isolotto o l’Albereta.
Quindi, la prima cosa che non va, nel metodo di presentazione del progetto di nuovo stadio per Firenze, è il fatto che il progetto di Fuksas viene presentato come se “l’oggetto” fosse una variabile indipendente sia dal “luogo” prescelto, sia dai “costi” indiretti che gravano sulla collettività e sulla pubblica amministrazione, nel momento in cui una “cittadella” di circa 80 ha viene inserita nel perimetro del Comune di Firenze.

Nel corso della recente Biennale di Venezia, si è molto discusso sul nesso esistente tra “oggetto” dell’Architettura moderna e “luogo” in cui esso deve inserirsi. Tuttavia anche un “ costruttore” come Frank Gehry, si preoccupa che il suo capolavoro quale è il Museo Guggenheim di Bilbao venga accompagnato, precedentemente e successivamente alla sua realizzazione, da un’imponente operazione di pianificazione e progettazione di rinnovamento urbano e di sviluppo ecologicamente sostenibile.

La stessa cosa è avvenuta, in occasione della costruzione dello Stadio Sapporo Dome nella regione dell’Hokkaido (Giappone), progettato da Hiroshi Hara, a seguito di un concorso internazionale indetto nel 1996, costato 364 milioni di dollari, la cui bellezza architettonica costituita da un’enorme cupola a forma di vongola verace si sposa con una gigantesca e ben riuscita azione di pianificazione di una prateria di 31 ha, circondati da 8000 alberi di nuova impiantazione, che permettono di migliorare il paesaggio naturale esistente.

Dunque, anche la famiglia Della Valle deve rendersi conto che la scelta del “luogo”dove ubicare il nuovo stadio di Firenze non solo è compito della pubblica amministrazione, la quale possiede già uno strumento ( Piano Strutturale) attraverso il quale tale scelta potrà essere effettuata, ma anche che tale scelta influirà sulla necessità di avere a disposizione più progetti ( non solo quello di Fuksas) per valutare ( come già successo in occasione della costruzione dello stadio Berta) se altri progetti( selezionati da un bando di concorso internazionale alla quale partecipino altre “Archistars”) siano in grado di realizzare un “oggetto”( il nuovo stadio) che sappia promuovere un efficace miglioramento dell’unico eco-paesaggio rurale ubicato nel cuore della nascente “nuova città metropolitana”.

Scegliere Castello come luogo “preferibile” perché il nuovo stadio deve risultare compreso “a tutti i costi” nel perimetro amministrativo del Comune di Firenze, è infatti il secondo elemento sbagliato del ragionamento della famiglia Della Valle.
Novoli-Castello rappresenta già, all’interno dello schema attuale del piano strutturale che sta per essere discusso dal Consiglio Comunale di Firenze, il “ secondo” Polo della nuova città policentrica che sta nascendo nella Piana fiorentina e che ha bisogno di dotarsi dell’adeguato potere istituzionale di Città metropolitana già previsto dalla legge vigente.

Tuttavia, oggi, non siamo nella stessa situazione nella quale venne a trovarsi l’Ing Nervi al momento della costruzione del nuovo stadio al Campo di Marte, nella quale fu proprio “questa” trasformazione del campo d’Armi a rimuovere il grado di perifericità che questa parte della città aveva rispetto al Centro Storico fiorentino.
Nell’area di Castello gravitano numerosi progetti, alcuni realizzati, altri in corso di realizzazione, che tendono a saturare le aree rurali ed il paesaggio di pregio ancora esistenti.
Nuove sedi della Regione e della Provincia, i campus universitari di Novoli e Sesto Fiorentino, la scuola Sottufficiali dei Carabinieri, i confusi e mutevoli progetti di ampliamento dell’aeroporto di Peretola, il nuovo sistema infrastrutturale viario e ferroviario tendono non solo a saturare le ultime aree verdi residue ma anche a configgere tra di loro, creando una condizione di caoticità e criticità urbana non auspicabile per la sostenibilità dello sviluppo della nuova città metropolitana.

La buona idea di “un nuovo stadio di calcio con vista sul Parco metropolitano di Firenze” (quest’ultimo, previsto anche dal nuovo Piano strutturale) va accolta positivamente, non rinviata al mittente con motivazioni dietologiche; tuttavia è il Comune di Firenze che deve saper coinvolgere tutti i nuovi partners della città metropolitana in una rapida consultazione per selezionare il luogo e soprattutto, come nel caso di Bilbao, per indicare gli obiettivi di rinnovamento urbano ed ambientale che devono accompagnare tale operazione.

Immaginare che , durante la discussione del nuovo Piano strutturale di Firenze, si sappiano selezionare i progetti che devono essere “sottratti” dall’area di Castello per rendere compatibile l’ubicazione di un nuovo stadio e del complesso sistema urbano che esso inevitabilmente trascina con sé, appare velleitario ed irrealistico.

Nello stesso tempo, si può indire un concorso internazionale con tempi assai rapidi di conclusione (come è stato fatto nel caso del nuovo stadio di Barcellona, il cui progetto è stato assegnato a Norman Foster), in modo che appaiano più credibili i costi di realizzazione, sia quelli a carico dei privati che quelli a carico delle pubbliche amministrazioni.

Ciò che va respinto,con toni garbati e pacati, è il messaggio sempre più frequente di questi tempi, a proposito del rapporto pubblico-privato, in cui una parte dice all’altra “ prendere o lasciare”.
Non funziona con l’Alitalia a Roma , ma neanche a Firenze, sia pur con il nobile intento di fare più grande l’amata squadra “viola” di tutti i fiorentini.

Torna all'archivio