[24/09/2008] Comunicati

Statistiche ambientali senza contabilità ambientale

FIRENZE. L´Istat ha presentato recentemente i risultati dell’indagine sugli indicatori ambientali urbani relativi ai comuni capoluogo di provincia. Lo schema di riferimento utilizzato per la rilevazione, l’analisi e la valutazione delle informazioni è quello del Dpsir, proposto dall’Agenzia europea per l’ambiente e dall’Eurostat e poi adottato nelle analisi a livello internazionale. Attraverso le cinque categorie Driving forces, Pressures, State, Impacts, Responses vengono rilevate le attività antropiche che generano pressioni, le alterazioni nello stato dell’ambiente, gli effetti negativi sulla salute o sull’ecosistema e i tentativi di frenare questo meccanismo in uno degli anelli di congiunzione tra determinanti, pressioni, stato e impatto, in modo da attenuare o eliminare le conseguenze negative che ne derivano.

Prendendo in considerazione le informazioni su popolazione, quantità di rifiuti urbani prodotti, numero di inquinanti in atmosfera rilevati, quantità di acqua consumata per uso domestico, numero di motorini e di auto, quantità di gas e di energia elettrica consumati, la situazione dei capoluoghi di provincia toscani si presenta differenziata. Il tentativo di scorgere nelle peculiarità delle varie città un comportamento medio regionale porta a individuare una condotta mediamente virtuosa in tema di consumi idrici pro capite, numero di inquinanti in atmosfera registrati e presenza di verde pubblico, mentre maggiori criticità si riscontrano nella produzione di rifiuti urbani, nella presenza di motorini e nei consumi energetici.

Le differenze tra i capoluoghi di provincia toscani emergono in tutti gli indicatori presi in considerazione. Pur senza addentrarci in tutte le dimensioni ambientali, standardizzando su scala nazionale alcune informazioni quantitative riconducibili a fattori determinanti e indicatori di pressione ambientale, è possibile rilevare diverse tipologie di comportamento. I capoluoghi toscani presentano criticità diffuse nella produzione di rifiuti urbani pro capite e nel numero di motorini in circolazione; mettono in mostra atteggiamenti generalmente più virtuosi della media delle città italiane per numero di inquinanti in aria rilevati; evidenziano poi situazioni più articolate con riferimento a particolari caratteristiche positive o criticità locali, come l’ampia diffusione di verde pubblico nel capoluogo pisano, il basso prelievo idrico ad Arezzo, l’alta densità abitativa di Firenze e l’alto prelievo idrico a Massa.

Per quanto riguarda l’impianto generale della analisi, lo sforzo prodotto all’interno dell’indagine riguarda la composizione di un quadro il più possibile completo relativamente alle informazioni disponibili e confrontabili per tutti i capoluoghi di provincia sul tema ambientale, nelle sue varie sfaccettature. Non tutte le informazioni riportate all’interno dell’indagine, quindi, sono state inserite per essere rappresentative della qualità dell’ambiente urbano; parimenti, alcune informazioni che potrebbero contribuire a qualificare l’ambiente all’interno delle città italiane non sono disponibili per tutti i capoluoghi provinciali, e quindi non sono riportate.

Nell’ottica del quadro informativo, gli indicatori considerati non sono stati distinti nelle categorie Dpsir di appartenenza, ma nelle matrici ambientali di riferimento. Avviene così che in ognuna delle dimensioni analizzate vengano considerati uno accanto all’altro indicatori relativi all’impatto ambientale, alle risposte messe in atto dall’Amministrazione Pubblica o alle driving forces che si ipotizza possano incidere sull’alterazione di un certo stato dell’ambiente.

Oltre ad essere difficili da sintetizzare, informazioni di questo tipo avrebbero bisogno di essere contestualizzate e completate: se si considera, per esempio, il tema delle emissioni in atmosfera, occorrerebbe disporre di informazioni circa la tipologia di emissioni rilevate, la concentrazione, la durata della permanenza di concentrazioni elevate…
Parimenti, il consumo di energia elettrica di per sé difficilmente può essere messo in relazione con la qualità dell’ambiente a livello locale. È vero che in alcune città piuttosto che in altre viene evidenziato un elevato numero di autoveicoli o di motocicli per abitante; tuttavia per poter effettuare una valutazione circa le potenzialità delle emissioni occorrerebbe avere informazioni sui pendolari, sui turisti, sulla composizione del trasporto pubblico, sui mezzi pesanti utilizzati dalle imprese, nonché sul clima e sul consumo di combustibili per riscaldamento.

Non sono da mettere in nessun modo in discussione né la affidabilità dei soggetti che a vario livello contribuiscono alla raccolta e alla sistematizzazione delle banche dati, né la significatività delle batterie di indicatori adottate, né i dati presentati. Occorre però evitare la superficialità nella lettura o nella interpretazione del contenuto informativo dei dati, e questo vale per chi legge l’indagine e non per chi la ha realizzata.

L’Istituto nazionale di statistica pubblica dati ufficiali rilevati da Comuni, Province, Enti preposti alla rilevazione di dati ambientali. Pur senza entrare nel merito dei rispettivi ruoli, dei soggetti preposti alla rilevazione, alla verifica, alla certificazione delle informazioni in tema di ambiente, occorre tuttavia segnalare che confrontare di per sé un dato ambientale, come per esempio la produzione di rifiuti, all’interno di aree territoriali di differenti conformazioni e connotazioni geografiche, economiche, sociali e territoriali serve solo a predisporre una graduatoria ma non a comprendere i fenomeni che la determinano.
La valutazione delle caratteristiche della produzione, raccolta e smaltimento di rifiuti, per rimanere all’esempio, necessita senz’altro di essere messa in relazione con i soggetti che in questi processi risultano coinvolti all’interno dei vari territori considerati. Lo stesso vale per l’utilizzo di acqua o di energia, come per la produzione di emissioni in atmosfera.

Un primo peso da assegnare alle pressioni ambientali viene spesso individuato nella popolazione residente all’interno di ciascun territorio, che consente di confrontare valori pro capite e non valori assoluti tout court. Questa prima approssimazione può contribuire alla comprensione delle caratteristiche del comportamento dei residenti, anche se allo scopo andrebbero considerate anche altre variabili quali il numero dei nuclei familiari, la composizione della popolazione per età, la presenza di pendolari e turisti….

Non è però sufficiente. Nella interpretazione delle specificità locali andrebbero inclusi anche gli elementi distintivi di ogni territorio, nonché le caratteristiche riferite agli altri soggetti presenti sul territorio stesso: le imprese e le amministrazioni pubbliche. Una loro maggiore o minore presenza potrebbe incidere molto sulla capacità di un sistema socio economico di modificare le caratteristiche dell’ambiente. Uno schema di analisi simile vale naturalmente per tutte le matrici ambientali. Per effettuare una valutazione circa le determinanti di certi indicatori ambientali utilizzati come proxy della qualità dell’ambiente occorrerebbe andare a stimare una sorta di funzione di produzione dell’inquinamento o del degrado ambientale.

In questo modo sarebbe possibile evidenziare come alcune variabili contribuiscano a generare l’effetto conclusivo dell’inquinamento o del degrado.
Per avviare una operazione di questo tipo, e per altre operazioni di contabilità ambientale che vadano nella direzione della comprensione e contabilizzazione dei fenomeni che riguardano l’ambiente, occorrono dati di base disponibili per tutte le unità territoriali di riferimento che siano aggiornabili, condivisi, confrontabili; non per tutte le matrici ambientali esistono dati con queste caratteristiche. L’impegno verso la rilevazione sistematica dei dati, l’analisi per la comprensione dei fenomeni e dei meccanismi che li determinano appaiono quindi elementi irrinunciabili sulla traccia dell’incompiuto orientamento alla contabilità ambientale.

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