[25/09/2008] Comunicati

L’intervista impossibile a Obama e McCain

LIVORNO. Il prestigioso settimanale Nature, in edicola da oggi, ha cercato coraggiosamente di porre alcune domande ai 2 candidati alle presidenziali americane sui temi scientifici (ma fondamentalmente legati alla visione strategica del mondo che verrà). Il candidato democratico ha accettato di buon grado di rispondere a tutte le 18 domande (il testo integrale lo si trova su www.nature.com) mentre il veterano McCain ha rigettato clamorosamente l’invito. Tuttavia i giornalisti sono riusciti comunque a costruire un’intervista bipartisan grazie alle risposte od ai propositi enunciati dal candidato repubblicano durante la campagna elettorale (primarie comprese) sui temi oggetto delle domande.

Le opinioni dei due aspiranti inquilini alla Casa Bianca sono molto controverse e, almeno sui temi più etici, alquanto distanti (a discapito di chi afferma che le elezioni americane sono una gara tra elite convergenti). Anche l’Unità di oggi riprende l’intervista riassumendone i punti salienti, evidenziando proprio le differenti filosofie di fondo.

Di certo la prima che salta agli occhi è proprio l’attenzione che i due candidati prestano ai temi scientifici. Mentre Obama risponde puntualmente e con cognizione di causa, snocciolando dati e informazioni tutt’altro che scontate, McCain non va oltre generici e sommari propositi, dichiarazioni di intenti, cadendo anche in contradditorio (come sul tema dell’evoluzione darwiniana: “Credo all’evoluzione ma quando guardo il Gran Canyon al tramonto ci vedo la mano di Dio”; oppure: “Ai nostri studenti bisognerebbe fornire tutti i punti di vista sull’origine dell’uomo”, per poi contraddirsi l’anno dopo ricordando “che alcuni punti di vista non dovrebbero però essere presi in considerazione nelle lezioni di scienza”).

Del resto anche la composizione della squadra di esperti e consulenti al seguito dei due candidati, in tema di materie scientifiche e tecnologiche, è alquanto differente. Se Obama si è scelto advisor provenienti esclusivamente dall’arena universitaria e della ricerca (Harold Varmus del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, Don Lamb della University of Chicago, Gil Omenn della University of Michigan, Henry Kelly della Federation of American Scientists, Sharon Long della Stanford University, Jason Grumet del Bipartisan Policy Center e Dan Kammen della University of California – Berkeley), McCain si è circondato invece di lobbysti e alti burocrati (dall’ex Direttore della CIA James Woolsey, all’ex Segretario alla Difesa James Schlesinger, all’ex Consigliere della Sicurezza Nazionale Robert McFarlane, alle ex top manager della multinazionale HP Carly Fiorina e di eBay Meg Whitman).

Grazie a questa intervista impossibile si sono evidenziate anche le principali differenze sui temi dello sviluppo sostenibile, del rapporto tra ricerca, innovazione, questioni energetiche e salvaguardia del pianeta. Per esempio in tema di approvvigionamento energetico: sulle centrali nucleari nessuno dei due candidati è contrario, tuttavia il senatore repubblicano vorrebbe costruire 45 nuovi impianti entro il 2030 (ma con l’obiettivo di arrivare anche fino a 100) mentre il senatore democratico sottolinea che prima di costruire dei nuovi impianti occorre seriamente valutare dove e come gestire le scorie ed i rifiuti radioattivi di quelli esistenti.

Sullo sfruttamento degli idrocarburi entrambi sono per estendere le ricerche di nuovi giacimenti anche offshore, ma mentre per Obama questo è necessario per mantenere nel futuro stabili i prezzi dei combustibili, per McCain è una questione di sicurezza nazionale (non è chiaro però come riusciranno a conciliare lo sfruttamento di questi nuovi giacimenti con gli ambiziosi obiettivi di ridurre le emissioni di gas serra ai livelli del 1990 entro il 2050, uno dei pochi argomenti su cui i due candidati sembrano essere d’accordo e enfatizzano molto in ogni discorso).

In tema di centrali a carbone entrambi puntano sulle nuove tecnologie del carbone "pulito" e dello stoccaggio della CO2 nel sottosuolo ma non per contrastare l’effetto serra (almeno non lo dicono esplicitamente) ma per sviluppare tecnologie (quindi business) da rivendere ai paesi in via di sviluppo.

Per quanto riguarda invece la questione del nucleare ad uso bellico, il candidato democratico è favorevole a rispettare l’impegno, sottoscritto nel trattato di non proliferazione, di eliminare progressivamente e totalmente il proprio arsenale atomico, mentre il “veterano” repubblicano, pur nel rispetto del trattato, considera indispensabile conservare una quota di armamenti nucleari al fine di deterrenza.

Torna all'archivio