[26/09/2008] Aria

Mattioli su emissioni italiane e nucleare: «Governanti ignoranti, tecnici servili»

LIVORNO: L’Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli e la fondazione Basso - sezione internazionale, hanno organizzato la tredicesima edizione della Scuola napoletana del diritto dei popoli, che iniziata il 22 settembre scorso andrà avanti sino al 27. L’ecologia, la questione energetica e i cambiamenti climatici in atto, saranno i temi al centro del dibattito di quest’anno.
«Dopo secoli di sfruttamento delle risorse del pianeta, l’umanità vive un momento decisivo della propria esistenza» si legge nella presentazione dell’evento, che continua sostenendo che «gli effetti dei cambiamenti climatici, causati dall’aumentata concentrazione di biossido di carbonio, rendono necessario un radicale ripensamento dell’uso dei combustibili fossili, dei modelli di consumo e degli stili di vita della popolazione» oltre a sottolineare come «già da tempo la questione energetica (sia) alla base di una geopolitica sanguinosa».

Obiettivo di questa settimana di conferenze è allora di «sensibilizzare all’ambiente l’opinione pubblica e la classe politica» perché «indispensabile per favorire uno sviluppo ecosostenibile e priorità assoluta per la salvaguardia e la sopravvivenza del pianeta».

Tra i relatori del dibattito anche Gianni Mattioli responsabile scientifico e docente dell’Università La Sapienza di Roma, con cui abbiamo dialogato a partire da questa iniziativa.

Ecologia, questione energetica e cambiamenti climatici in atto al centro di questo dibattito, molto meno però di quello politico-istituzionale, impegnato a discutere su quale pezze prendere per far fronte ad una crisi economica che mette in evidenza che l’attuale modello di sviluppo è alle corde, non le sembra?
«Vi sono due ordini di risposta a questa domanda, con tutta la modestia delle mie limitate competenze. Intanto non vi è dubbio che la questione energetica ha un ruolo fondamentale negli aspetti più recenti della crisi. Ma adesso siamo arrivati all’acme di un sistema incentrato sulla produttività del lavoro e sulla competizione tra sistemi produttivi, e sull’aumento di questa produttività spinta dall’innovazione tecnologica incentrata però solo sul consumo delle merci, che viaggiano a un livello inferiore rispetto a quello con cui queste sono messe sul mercato, e che ha portato al saccheggio delle materie prime. In questo contesto la spinta drammatica che viene dai cambiamenti climatici e da un modello basato su un sistema dissipativo di energia e materie prime, può essere una straordinaria occasione per cambiare anche il modello economico. Per passare dalla quantità al ben vivere che è rappresentato dalla riqualificazione urbana, da una produzione agricola che salvaguardi la salute e il territorio, dal decollo delle energie rinnovabili. Quindi puntare sulla qualità del sistema produttivo e passare da una identità fatta solo da quanto possediamo ad una che ritorni al rapporto con se stessi e con gli altri».

La missione di questi giorni del ministro Ronchi in Europa con l’appoggio di confindustria non mi sembra però che colga questa opportunità..
«Non posso che esprimere tutta la mia vergogna e sottolineare con molta forza il disprezzo verso una classe politica ignorante che si circonda di un mondo di tecnici servili e che, a seconda del modello politico che vuole realizzare, si fa giustificare a posteriori tecnicamente le sue posizioni.
Non si può descrivere in altri termini questa iniziativa di andare in giro per l’Europa a cercare di scardinare quella che nel 2007 è stata una vera rivoluzione portata avanti da Angela Merkel, avendo nella propria cartella anziché una linea coerente con quegli obiettivi, questa sconcertante e inconsistente idea, dal punto di vista dei numeri che va sotto il nome di progetto nucleare».

Ma su questo il governo dichiara di voler andare avanti e si sta muovendo per farlo.
«Mi umilia come italiano e come fisico sapere che vi sono tecnici ignoranti e servili che continuano a sostenere che noi con “lo sciagurato” referendum del 1987 abbiamo rinunciato al nucleare, senza che si possa mai fare un confronto basato sui numeri. Si parla di energia abbondante; ma quale, se come ci dice l’Aiea dà solo un misero contributo del 5,8% del fabbisogno e copre solo il 15% dei consumi elettrici del pianeta e a questi modestissimi valori già si prefigura che l’uranio 235 sia finito nei prossimi 70 anni. Se volessimo anche solo triplicare questo contributo, quei 70 anni si ridurrebbero a 20 e poi ci scanneremmo per l’uranio come facciamo adesso per il petrolio».

Sostengono che però il nucleare è una energia pulita.
«Come si fa a ritenere pulita una energia che può produrre problemi sanitari quali danni somatici e genetici e che produce scorie che ancora rappresentano un problema di ricerca fondamentale tutt’altro che risolto. Tutti gli esperimenti per trovare un sito idoneo a poterle contenere in sicurezza per un tempo ragionevole rispetto al loro ciclo di vita e di attività sono falliti. Dall’esperienza di Carlsberg in New Mexico all’impianto di Wipp a quello dello Yucca Mountain. E non sappiamo quanto questo problema, lontano dall’essere risolto, incida sul costo finale del chilowattora prodotto. Chi ha provato a fare stime, come il Mit, ne ha dedotto che il costo non è paragonabile né a quello dei combustibili fossili né a quello delle energie rinnovabili, è sempre più alto. Per non parlare poi del tema della proliferazione nucleare a scopo bellico. Tutti problemi che hanno spinto gli Usa a mettere in piedi il consorzio per la Generation four, che non produrrà, se va bene, un impianto industriale prima del 2040. Perché mentire allora? Forse per far finta di fare qualche cosa e poi dare colpa all’opposizione se non si concretizza niente. Bisognerebbe rileggere e diffondere la relazione della Commissione delle attività produttive del 2006: dopo gli allarmi per l’inverno gelido per la crisi del gas e le accuse di responsabilità per quella situazione a chi non aveva voluto il nucleare, in quella relazione si legge che per tutto l’inverno le imprese elettriche italiane avevano venduto energia elettrica a tutte le borse europee, compresa la Francia. Allora su quante bugie si fonda la necessità di un ritorno al nucleare?»

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