[01/10/2008] Energia

Clima e imprese italiane: deludente ed esasperante continuità

ROMA. La cura di genere non ha portato grosse novità in Confindustria, al contrario solo una deludente ed esasperante continuità. Tutto procede come sempre e dai cervelli dei nostri impresentabili imprenditori esce la solita idea di sempre: affidare la competitività delle loro imprese solo ed esclusivamente al taglio dei costi del lavoro e dell’ambiente in primo luogo. E’ la conferma che se il cervello è quello di un uomo non basta essere donna per essere garanzia di rinnovamento, che per giunta in questo caso riguardava un compito assai arduo: ridefinire la missione delle imprese italiane.

La conferma che questa è l’amara realtà la si è avuta nelle ultime settimane e riguarda il comportamento del nostro sistema delle imprese e del loro “governo amico” sulla direttiva comunitaria sul clima. E’ dalla sua emanazione che Confindustria attraverso il proprio giornale giudica una sciagura gli obiettivi che la comunità propone all’Italia e alle imprese in particolare. Una pressione che ha già prodotto risultati visto che il “governo amico” ha mandato a Bruxelles il ministro Ronchi con l’obiettivo dichiarato di seppellire l’unilateralismo vincolante europeo sui cambiamenti climatici. L’otto ottobre sarà la presidentessa di Confindustria a recarsi a Bruxelles a chiedere sconti come se rappresentasse il sistema industriale di un paese povero. Il teatrino dei “finti poveri” che mendicano sconti verrà completato da Berlusconi in persona una settimana dopo.

E’ una scelta sciagurata che condanna il sistema industriale al declino, rendendo la vita difficile a tanta parte della popolazione che lavora in quelle aziende. Disastrosa per il futuro del paese perchè ci spinge, ancora più di quanto non abbia già fatto il decreto razzista sulla sicurezza del ministro Maroni, ai margini dell’Europa se non addirittura fuori. Sicuramente non ci colloca fra i paesi protagonisti della lotta al riscaldamento globale, ma fra quelli che cercano di ricavare margini di competitività boicottando e smarcandosi dalle scelte più impegnative che la commissione europea decide. E’ questa strategia di corto respiro che indebolisce il paese, ne riduce il peso internazionale e ne blocca l’innovazione tecnologica. E’ stupefacente l’asservimento dei principali giornali e di tutte le televisioni a governo e sistema delle imprese. E’ una responsabilità pesante che gran parte della classe dirigente italiana si assume, quella di condannare l’Italia al declino facendole immancabilmente perdere le opportunità che lottare contro i cambiamenti climatici offre.

Circola però voce che alla fine, non trovando alleati importanti per riuscire a far saltare la direttiva sul clima, governo e Confindustria si accontenteranno di chiedere di poter aumentare a dismisura il CDM, cioè la quota di riduzione delle emissioni ottenuta con investimenti in altri stati. Non solo, fino ad ora, una parte di questi investimenti all’estero sono truffe, ma nel caso fossero progetti seri vorrebbe dire che questo paese finanzierebbe l’innovazione e le tecnologie rinnovabili di altre nazione, Cina compresa.

Agli italiani toccherà invece il nucleare, quello che ci promette un giorno sì e un giorno no il ministro Scajola, quello di terza generazione, che ripropone gli stessi problemi di quello esploso a Cernobyl, tanto che stanno freneticamente cercando di mettere a punto la quarta generazione. E’ di ieri l’ultima trovata del nostro ministro dell’industria secondo il quale il “vecchio nucleare” che farà installare ha la dote miracolosa di far pagare meno l’energia alle imprese (gli italiani no) fin dalla posa della prima pietra, che avverrà entro la legislatura. E’ augurabile che Brunetta licenzi chi ha suggerito al ministro Scajola di dire queste fesserie perchè siamo ormai a Totò che vende la fontana di Trevi: povera Italia.

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