[01/10/2008] Aria

Rimuovere dall’aria l’anidride carbonica è anche una sfida tra scienziati

LIVORNO. Rimuovere dall’aria l’anidride carbonica per far fronte al riscaldamento terrestre. A dire il vero, attualmente un apparato gigantesco, anzi ciclopico, che cattura Co2 a go go, ora per ora, giorno per giorno esiste da quando esiste la Terra: l’acqua degli oceani e dei laghi. Ebbene queste masse di H2O funzionano esattamente come “carta assorbente” della Co2, solo che più noi ne produciamo e più loro la assorbono, col risultato che l’acidità dell’acqua sale vertiginosamente e la flora e fauna oceaniche vengono stravolte nel loro ecosistema di vita quotidiana. Quindi occorre trovare dei nuovi sistemi più sostenibili.

E’ questa la sfida che nel 2008 ha visto e continua a vedere impegnati moltissimi ricercatori in tutti gli angoli del pianeta. E non si tratta “solo” del ben noto meccanismo CCS (cattura e stoccaggio del carbonio), anch´esso in corso di sperimentazione in varie parti del mondo, di cui abbiamo parlato anche noi di greenreport qualche giorno fa. Infatti se la CCS preleva l’anidride carbonica ai camini di centrali elettriche o industrie, dove si trova in alte concentrazioni, la nuova sfida sarà riuscire a prelevarla direttamente dall’aria. E questo perché una larga fetta di Co2 è prodotta proprio da sorgenti mobili: auto, aeroplani, navi, dove la tecnica CCS è inapplicabile. L’idea di catturare l’anidride carbonica non è, però, una novità. Nonostante sia comunque difficile estrarre Co2 dall’aria, poiché è una delle molecole più stabili, già negli anni ‘40 alcuni sottomarini militari, per farlo, usavano taniche di potassio.

Il problema fondamentale riguarda la procedura di separazione dell’anidride carbonica dai composti chimici, o dalle resine, a cui si combina una volta catturata. Procedura che richiede enormi quantità di energia. Klaus Lackner, fisico della Columbia University, ha ideato però un dispositivo, chiamato Scrubber. Il prototipo, grande come un container, è composto da un pannello radiatore ventilato che raccoglie una tonnellata di Co2 al giorno e la intrappola in una particolare resina a scambio ionico. I ricercatori sono riusciti a risolvere parzialmente il problema agendo sulle variazioni di umidità. Attraverso l’uso di correnti di aria umidificata si riesce a far esalare l’anidride carbonica dalla resina, ottenendo un notevole risparmio energetico. Aumenta, in questo modo, la fattibilità industriale del progetto e si ipotizza la possibilità di realizzarli in serie ottenendo un bilancio carbonico positivo. Il costo ipotetico di uno Scrubber si aggira intorno ai 25 dollari per tonnellata di Co2 al giorno e potrebbe generare certificati verdi per 10 mila dollari l’anno. In 15 anni il costo iniziale del dispositivo potrebbe essere compensato.

Questo progetto è uno dei candidati favoriti a vincere i 25 milioni di dollari messi in palio dal magnate della Virgin, Richard Branson, per chi realizza la migliore tecnologia capace di eliminare l’anidride carbonica dall’aria. Partecipano alla gara anche altri progetti come il Green Freedom, un sistema elettrochimico installato sulle torri delle centrali nucleari in grado di catturare Co2 e, combinandola con l’idrogeno ricavato dallo splitting elettrolitico dell’acqua, arriva a produrre gas di sintesi e carburanti sintetici. Un altro progetto in gara è il Cr5, un motore ad anelli controrotanti ad energia solare in grado di produrre potenti scariche piezoelettriche per trasformare l’anidride carbonica in monossido di carbonio, base per i carburanti sintetici. Ma le idee non finiscono qui.

Proprio oggi il sito web de Il Corriere della sera rilancia il progetto della “Torre Co2”, elaborato in Canada da un gruppo di scienziati dell’Università di Calgary. Alla base del funzionamento della macchina, c´è un processo chimico-termodinamico sicuro: l’aria aspirata viene posta a contatto con una pioggia di particelle di idrossido di sodio (NaOH) che provocano la separazione della Co2 presente, la quale può essere raccolta e stoccata nella forma più opportuna per il suo smaltimento. Il prototipo richiede 100 kilowattora per tonnellata di Co2 estratta. «Questo vuol dire che, usando una centrale elettrica a carbone per alimentare la nostra macchina, per ogni unità di elettricità prodotta per farla funzionare, catturiamo Co2 dieci volte di più di quella emessa dalla centrale per il nostro fabbisogno», esclama con soddisfazione il professor David Keith, coordinatore del progetto. Ma se non ci sono dubbi sulle performance ambientali di questo modello, quello che non è chiara è la sua fattibilità economica (quindi pratica).

Il costo dell’operazione si stima essere mediamente di 96 dollari per ogni tonnellata di Co2 trattata, ancora troppo alto se si considera che oggi i certificati verdi oscillano intorno ai 30-35 euro a tonnellata di Co2 neutralizzata. Per rendere appetibile quindi questa tecnologia o si raddoppia il valore dei certificati o si dimezzano i costi di realizzazione della Torre Co2. Avanti il prossimo…

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