[02/10/2008] Comunicati

Anche la Siria paga il conto del global warming

LIVORNO. La Siria governata dalla dinastia dittatoriale degli Assad fino ad ora era salita alla ribalta delle cronache per il suo ruolo di grande fratello del Libano e per lo scontro che la oppone ad Israele da decine di anni, ma anche in questo Paese arabo il global warming ha cominciato a farsi largo sulle montagne, nelle oasi e nei deserti. L´Onu ha lanciato un appello per un contributo di 20 milioni di euro per aiutare durante i prossimi 6 mesi circa un milione di siriani (più del 5% della popolazione) duramente colpiti dalla siccità.

L´ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell´Onu spiega che «La Siria soffre della peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Secondo il governo siriano, almeno un milione di persone, soprattutto pastori e piccoli agricoltori, rischiano di perdere i loro mezzi di sussistenza e di soffrire di malnutrizione», una cosa che la dittatura Baathista era riuscita fino ad ora ad evitare mantenendo un saldo controllo sull´economia statalista siriana.

Circa 59.000 piccoli proprietari di greggi hanno già perso tutti i loro animali ed altri 47.000 hanno perso tra il 50 e il 60% del bestiame. Il governo di Damasco ha accordato prestiti sotto forma di foraggio e donato vaccini e medicine veterinarie. Ma il governo siriano deve anche urgentemente assistere 29.000 famiglie e le risorse non bastano. Numerosi siriani stanno tirando la cinghia, vendono i loro beni ed iniziano ad emigrare, un fenomeno inedito per un Paese dove la dittatura ha comunque garantito ai più almeno una dignitosa povertà.

Sono in aumento anemia, malnutrizione e diarrea, che colpiscono soprattutto i bambini con meno di cinque anni o le donne anziane, esattamente come in alcuni Pesi dell´Africa sub-sahariana o nella Striscia di Gaza assediata da Israele.

L´Onu è pessimista e non si attende miglioramenti prima dell´arrivo della primavera del 2009, almeno se le piogge non si faranno vedere per il secondo anno consecutivo. Occorrono 14 milioni di dollari per aiutare gli agricoltori e i pastori a sopravvivere e 5 milioni per inviare subito cibo, il Fondo centrale per gli interventi d´urgenza dell´Onu ha già accordato 1,97 milioni di dollari per tre progetti. Il problema è che le crisi umanitarie non cessano di presentarsi o non finiscono, magari si dimenticano.

E´ il caso del Myanmar, finito sugli schermi televisivi dopo il ciclone Nargis e per la brutalità e l´inefficienza della dittatura militare nella gestione degli aiuti. Passata l´emozione, mancano all´appello circa il 50% degli aiuti solennemente promessi: nei villaggi devastati e nei campi portati via dalle acque sono arrivati 240 milioni di dollari sui 482 necessari. La situazione nel Corno d´Africa sta letteralmente precipitando, 16 milioni di persone sono alla fame in Somalia, Etiopia, Gibuti ed Eritrea.

La situazione si è particolarmente aggravata in Etiopia, impegnata in due conflitti in Somalia ed Eritrea, dove ormai la fame si è estesa a 6 milioni di persone a causa di cambiamenti climatici, aumento del prezzo del cibo e del carburante. I piccoli pastori etiopi, assediati dalla siccità, stanno svendendo il loro bestiame per acquistare prodotti alimentari.

Secondo quanto ha detto al Washington Times John Holmes, coordinatore Onu per gli affari umanitari, «questo potrebbe essere un assaggio di quel che potrebbe succedere in gran parte del mondo se non si affrontano in maniera efficace le enormi sfide della crescita dei prezzi dei prodotti alimentari e del carburante, i cambiamenti climatici, lo stress ambientale e le pressioni antropiche. Gran parte del mondo in via di sviluppo potrebbe essere spinto ai margini della sopravvivenza. Una nuova rivoluzione verde è urgentemente necessaria in Africa per ridurre la sofferenza di persone più vulnerabili. Il tempo per farla è adesso, prima che gli effetti dell´aumento della popolazione, sommati alle perturbazioni meteorologiche, agli shock dei prezzi e l´impoverimento delle risorse di combustibili fossili causino ulteriori sofferenze per la massa delle persone più povere del mondo. Al di là di aiuti alimentari per l´oggi, abbiamo soprattutto bisogno di aiutare le persone a nutrirsi di domani. L´accento deve essere maggiormente posto sulla riduzione degli impatti climatici che causano la crisi».

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