[06/10/2008] Comunicati

Eppure il mercato comincerebbe ad intuire il valore della sostenibilità...

LIVORNO. Il centro di ricerche sul marketing dell’Università Cattolica di Milano ha prodotto in questi giorni un’indagine che approfondisce il rapporto tra le imprese e le scelte legate alla sostenibilità ambientale, che è stata presentata nel corso del convegno annuale della società italiana di marketing, in programma a Milano lo scorso week end.

«Ci siamo occupati della connessione tra marketing, competitività e sviluppo sostenibile, per comprendere in quale misura un orientamento del genere possa incidere per incrementare un vantaggio competitivo» spiega il direttore di Centrimark Renato Fiocca (Nella foto), intervistando con un questionario online tra l’aprile e il luglio scorso 281 imprenditori e manager di diversi settori.

«Abbiamo avuto risultati confortanti in termini di attenzione e predisposizione alla sostenibilità, che non è generalizzata, ma che rappresenta ormai un punto di riferimento per molte imprese, secondo le quali sono i clienti prima di tutto a chiedere che ci sia maggiore rispetto dell’ambiente e che sono disposti a pagare un prezzo superiore per i prodotti di aziende che sono attente alla sostenibilità ambientale».

Dallo studio sembra emergere però che gran parte delle scelte siano dettate da esigenze di immagine…
«In parte è così. Noi abbiamo classificato 3 categorie di manager: quelli che abbiamo definito “supporter” che si rendono conto che la sostenibilità è una condizione ormai imprescindibile per stare sul mercato e che vi hanno già investito risorse (28%); poi ci sono gli “osservatori” (37%) che sono consapevoli della necessità di uno sviluppo più sostenibile ma che finora non hanno avuto i tempi e le occasioni per orientare le loro azioni in tal senso e poi c’è un 35% di irriducibili che abbiamo inserito nella categoria “perplessi” e che si riferiscono quasi sempre al segmento b2b (business to business, ovvero non rivolto al consumatore finale, ndr)».

A decidere, nel bene o nel male, è sempre il manager. Perché secondo lei in azienda manca una condivisione delle scelte ecologiche?
«Le decisioni sono di impresa ma il manager ha il ruolo operativo, di attivatore di queste scelte. L’area marketing è la funzione aziendale che se ne occupa, supportando il manager, con maggiore attenzione, ma non ha molte competenze specifiche in materia».

Oggi quindi mancano professionalità specifiche in tal senso?
«Sicuramente nelle imprese più evolute abbiamo già avuto il riconoscimento che per orientarsi allo sviluppo sostenibile ci vuole molta education, sia verso il mercato sia verso dipendenti e manager. Questo perché lo sviluppo sostenibile è un concetto molto complesso, che non può essere lasciato alle intenzioni e alle intuizioni. Nonostante questo è ancora abbastanza raro trovare figure dedicate, il manager della sostenibilità sta emergendo ora e soltanto nelle realtà più grandi, ma ritengo che con il trascorrere degli anni questa tipologia di esperto aumenterà sicuramente».

In quanti hanno capito che orientarsi verso modelli di sviluppo più sostenibili conviene anche economicamente?
«La percentuale è in crescita, seppur lenta. Questo perché la misura dei risultati economici è drammaticamente complessa e il rapporto di causa effetto non è così immediato, i risultati si vedono nel medio-lungo periodo e difficilmente sono isolabili. Quello che sarebbe importante è una crescita di consapevolezza, perché i fatti dimostrano che oggi la sostenibilità è imprescindibile per intraprendere, in qualsiasi settore».

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