[07/10/2008] Consumo

Crisi, Castagnola: La politica è subalterna alle dinamiche economiche

LIVORNO. Adesso siamo al panico. Le rassicurazioni che l’Europa avrebbe tenuto, che la nostra finanza non avrebbe avuto ripercussioni gravi per la crisi che ha investito come uno tsunami gli istituti d’oltreoceano, cominciano a dare segni di vacillamento. I nostri istituti di credito e il nostro sistema finanziario hanno solide basi, si diceva dai più mentre passavano sui media le immagini degli operatori della Lehmann Brothers che sgomberavano gli uffici con in mano gli scatoloni. Rassicurazioni che stanno scricchiolando come pareti di mattoni sotto la ruspa. Eppure si cerca ancora di lanciare segnali di tranquillità. «Paghiamo anche i nostri errori, ma ora Unicredit è più forte» dichiara l’amministratore delegato Alessandro Profumo, dopo una giornata che, nonostante il piano anticrisi di 6,6 miliardi abbia evitato il crollo in borsa, ha visto chiudere con i titoli a 2,91 euro, rispetto al valore di 6,3 di un anno fa.
«Abbiamo sottovalutato la crisi globale» ha continuato Profumo, parlando in una intervista a La Repubblica degli errori che hanno portato a questa situazione. E a leggere i titoli e le dichiarazioni di esperti sulla stampa, sembra essere in buona compagnia. Anche se risulta piuttosto difficile pensare che i segnali di questa crisi - che anche da parte di chi non è esperto del settore potevano essere interpretati come una onda che partita dall’altra parte dell’oceano avrebbe fatto sentire i suoi effetti anche nella roccaforte europea e avrebbe finito per bagnare anche le nostre finanze - non fossero interpretabili come tali da esperti del settore.

Ma come è possibile allora che l’interpretazione di quello che avviene in economia e la sua rappresentazione mediatica possano essere così diverse da quanto in realtà succede?
«La risposta è facile- ci dice Alberto Castagnola - economista presidente di Formin, e membro della Città dell´altra economia di Roma- prevale il fatto che tutti tendono ad evitare la turbativa di mercato. E’ una legge non scritta che usano tutti e fa parte del sistema: silenzi che poi vengono smentiti dai fatti. Del resto gli amministratori degli istituti di credito non possono lanciare segnali di crisi, i primi titoli a cadere sarebbero i propri. Ma le borse sanno come interpretare i segnali, anche se sono tranquillizzanti».

Quindi è un linguaggio di segni che bisogna saper interpretare, come quando si dice, come oggi, che le borse europee hanno bruciato 450 miliardi?
«Dietro a certe espressioni mediatiche come questa, ci sono in realtà passaggi finanziari tra chi guadagna e chi perde. Il primo che vende guadagna più del secondo che a sua volta guadagna più del terzo e così via. Stessa cosa quando si comprano i titoli: il primo che li compra a prezzo più basso ci guadagnerà più del secondo e così via. Non è un caso che si legge, anche oggi, che ci sono banche in piena crisi che stanno però comprando altrettante banche più in crisi di loro. Sono speculazioni finanziarie in cui c’è sempre chi ci guadagna di più chi meno. E anche gli interventi governativi come quelli per bloccare le operazioni a ribasso, perché anticiperebbero una caduta di un titolo portandolo poi alla caduta vera e propria, colpiscono il ventre molle ma non scalfiscono la scorza dura».

Ma alla fine c’è chi rimane con il cosiddetto cerino in mano, come i piccoli risparmiatori E si giustificano i piani d’intervento statali per risanare le finanze in loro favore, come è successo negli Usa e come dovrà accadere anche in Europa secondo lei?
«In Europa è già iniziato questo passaggio. I 30 miliardi chiesti a Trichet sono già da considerarsi un intervento. Perché tutte le banche fallite avevano filiali in giro per il mondo, compresa l’Europa, quindi è un sistema innervato ed è difficile pensare che le banche europee siano fuori dalla crisi».

Anche la riunione a quattro fatta a Parigi da Sarkozy è da interpretarsi come un segnale?
«Certo e in termini di segnali di interpretazione è anche molto grave. In pratica si sono riunite le vere potenze economiche europee, per decidere cosa fare. L’Italia era lì per scena, la Spagna ha fatto finta di protestare per non esserci, ma in realtà sollecita che decidano alla svelta e chi deciderà davvero saranno Francia e Germania».

Tutti segnali che mostrano una politica subalterna alle dinamiche economiche che ha innescato e che gli sfuggono adesso di mano?
«Sì è così ed è chiarissimo negli Usa, come siano coinvolti nella sostanza. Se si considerano i tempi d’intervento ancora più palese: sono intervenuti dopo al massimo tre o quattro giorni con ben 85 miliardi di dollari per salvare le agenzie di assicurazioni».

E in Italia?
«Pare che servano 1,5 miliardi di euro solo per i mutui».

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