[07/10/2008] Aria

Il Parlamento Ue conferma e rilancia il "Pacchetto energia" e sconfessa l´Italia

BRUXELLES. Secondo il Comitato ambiente del Parlamento europeo, gli Stati membri dell´Ue devono far fronte a pesanti sanzioni se non rispetteranno gli impegni nazionali per la riduzione di gas serra da fonti non comprese nell´Emissions Trading System dell´Ue: trasporti stradali e navali, edifici, servizi e agricoltura che rappresentano il 60% delle emissioni totali dell´Ue.

Il voto sui target nazionali proposti dalla Commissione europea per il 2013-2020 ha chiesto che le emissioni climalteranti vengano dimezzate entro il 2035. E´ una conferma e un rilancio del pacchetto energetico "20-20-20" dell´Ue ed un´aperta sconfessione delle richieste di deroga proposte dal ministro dell´ambiente Stefania Prestigiacomo e dall´intero governo italiano che in questi giorni si era speso in un assidua azione di pressione per la revisione dei limiti del "pacchetto energia". Ma il Parlamento europeo rilancia e dice cha a lungo termine (post-2020) i gas serra andranno ridotti del 50% entro il 2035 e dal 60 all´80% entro il 2050 comparati ai livelli del 990.

La Commissione Ue proponeva sanzioni, il Comitato ambiente le rafforza dicendo che ogni stato membro dovrà pagare una penale di 100 euro per ogni tonnellata di CO2 in più emessa rispetto agli obiettivi proposti. "pacchetto" europeo in materia di energia e clima. Il Parlamento europeo ha confermato che l´obiettivo Unilaterale per la riduzione dei gas serra scatterà al 30% se verrà raggiunto un accordo internazionale per il post-Kyoto. La patata bollente passerà ora nelle mani del Consiglio europeo dell´energia il prossimo 10 ottobre.

E´ soddisfatto per il voto di Strasburgo il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza: «Ora il governo italiano dovrà smetterla con le richieste di riduzione degli impegni e sbrigarsi a correre ai ripari se non vorrà rimanere l´eterna zavorra dell´Ue e accollare agli italiani anche i costi miliardari delle multe. Basta quindi con le richieste di sconti. Il voto di oggi dimostra che non esiste alcuna sponda per le lamentele del governo italiano e che gli obiettivi di riduzione sono realmente perseguibili. La lotta ai mutamenti climatici richiede interventi in linea con il resto dei governi e l´Italia farebbe bene a sfruttare l´occasione investendo con più forza in innovazione tecnologica nelle fonti rinnovabili come elementi più appropriati per il rilancio dell´economia reale».

Più sospettosa Greenpeace che parla di «Luci e ombre sul voto di oggi del Comitato ambiente del Parlamento europeo riguardo il sistema di scambio europeo delle emissioni di CO2 (ETS)». Gli ambientalisti non hanno accolto bene la decisione del Parlamento europeo di concedere crediti di CO2 per 10 miliardi di euro a progetti di cattura e sequestro della CO2 (Ccs).

Per Francesco Tedesco, responsabile campagna energia e clima di Greenpeace. «"È impensabile lasciare alle spalle l´era oscura delle fonti fossili se l´Europa continua a elargire nuovi incentivi. La Ccs è una truffa per tenere in piedi l´industria del carbone, abbiamo invece bisogno di una rivoluzione energetica pulita adesso». Per Greenpeace non va bene nemmeno che il Parlamento europeo preveda la possibilità di accettare crediti di CO2 provenienti da progetti di riforestazione all´estero: «Se così fosse, il prezzo della CO2 andrà per la seconda volta in "caduta libera". Prima di fare un passo del genere i governi europei dovrebbero inoltre assumersi chiaramente la responsabilità dei gravi impatti per la biodiversità e violazione di diritti umani».

Secondo Greenpeace «Il voto del Parlamento ha, inoltre rinnegato il principio "chi inquina paga" concedendo ampie eccezioni a diversi settori industriali che continueranno a ricevere quote di CO2 gratis dai governi per lungo tempo. L´assegnazione su base d´asta completa entrerà in vigore per tutti solamente dal 2020». Greenpeace giudica invece positivamente le nuove sanzioni per i governi che non sapranno ridurre le emissioni dei settori "non-Ets".

Secondo Tedesco, «Il Governo italiano è avvertito: la strada verso un ritorno al nucleare in Italia è impraticabile perché compromette la possibilità di sviluppare le rinnovabili e limitare da subito le emissioni di gas serra. Scaricare sui cittadini italiani i rischi nucleari, i costi per la gestione delle scorie radioattive e le multe per le inadempienze su Kyoto da qui al 2020 è un piano diabolico».

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