[10/10/2008] Aria

La crisi e la discussione tutta italiana (e grottesca) sul pacchetto energia

LIVORNO. Il ministro dell´ambiente Stefania Prestigiacomo sembra vivere su un altro pianeta rispetto a quanto si sta discutendo a Barcellona ed a Bruxelles, magari con la partecipazione di esponenti del suo stesso dicastero e di parlamentari che militano in gruppi di centro-destra europei, come, ad esempio lo stesso presidente della Commissione Ue Manuel Barroso o Stravos Dimas, il commissario all´ambiente dell´Ue che è un noto esponente di "Nea Dhimokratia" il partito di centro-destra che governa la Grecia.

Oggi il nostro ministro prende spunto dal crack delle borse per dire che «La discussione sul pacchetto clima-energia dell´Ue rischia di assumere connotati grotteschi dinanzi a ciò che sta accadendo all´economia europea e mondiale. Eravamo già dinanzi ad un programma che non avrebbe avuto alcun effetto sul clima e implicava costi che apparivano insostenibili prima dell´attuale crisi economica. Quelle posizioni, dettate da un eco-conformismo demagogico, oggi appaiono a maggior ragione improponibili. Non è più il momento di fare i primi della classe in un mondo che di questo primato finora s´è disinteressato. Oggi sono necessari interventi concreti, mirati ad obiettivi utili e misurabili per l´ambiente che siano sostenibili economicamente. Altrimenti, come è accaduto nel recente passato si assumono impegni ad uso mediatico che rischiano d´essere pericolosissimi per il sistema-paese e per i cittadini. Il Governo punta con decisione su rinnovabili e risparmio energetico e chiede all´Europa realismo, elasticità e ambientalismo vero, non solo ad uso mediatico. Il Governo non accetterà che dietro il paravento del clima passino misure che danneggiano l´ambiente e l´economia italiana, come la direttiva auto che di fatto premia le auto che inquinano di più. Lunedì a Varsavia nel vertice preparatorio della conferenza di Poznam e la settimana successiva a Lussemburgo in occasione del vertice dei ministri dell´ambiente UE sosterrò con forza ed estrema determinazione la posizione italiana. Sono convinta che prevarranno le ragioni del buon senso e che sarò riaffermato il principio che chi più inquina più paga, finora largamente disatteso dalla "verde" Europa"».

Siamo alle solite, la Commissione europea, saldamente in mano al centro-destra continentale, si trasforma a Roma (e a Milano...) in un covo di bolscevichi rosso-verdi che vogliono danneggiare l´Italia. La Prestigiacomo rinuncia a svolgere quel ruolo di punta avanzata che in tutta Europa giocano di solito i ministri dell´ambiente, che chiedono di uscire dalla crisi innovando e rispettando gli impegni europei e il Protocollo di Kyoto, e sembra assumere un ruolo di retroguardia, di spalla di Tremonti e Scajola che sembrano essere quelli che in realtà fanno (o meglio sfanno) la politica ambientale italiana.

L´impressione e che nella concezione del nostro governo l´ambiente siano le strade del centro di Napoli libere dalla spazzatura: una concezione da giardiniere della protezione dell´ambiente. La complessità (che è anche consapevolezza delle grandi questioni ambientali del pianeta e del ruolo di punta che un Paese davvero importante deve svolgere per affrontarli) sembra bandita, si ferma al pannello fotovoltaico. La Prestigiacomo non ama "i primi della classe" perchè il mondo non è interessato a tutto questo (!) e cancella così Kyoto, Bali e Copenaghen, e una discussione sui destini del pianeta che dura da una ventina di anni. Ma è l´intero centro-destra italiano che sembra fuori linea rispetto alle politiche ambientali serie e conseguenti di democristiani come Angela Merkel e dei partiti conservatori del nord Europa, per non parlare del partito conservatore britannico, che ha fatto della difesa dell´ambiente e della lotta al cambiamento climatico uno dei temi centrali della sua campagna elettorale per scalzare i laburisti dal governo.

Da noi il freno tirato diventa realismo e il conto di una crescita che mostra non lo vuole pagare chi ha prodotto le crepe, diventate voragini, di un sistema industriale fermo e poco innovativo e di una rendita che si chiama cemento e alla quale hanno banchettato anche coloro che oggi si tirano indietro con ritrosia davanti ad obiettivi europei che sono il minimo per salvare ambiente e risorse.

Se poi c´è un ministro dell´ambiente che stona ad ogni appuntamento internazionale, in Italia questo diventa un canto di sirena e siamo ancora più contenti. Sono gli stessi che volevano che lo Stato si ritirasse e lasciasse fare gli spiriti animali del mercato, i darwinisti sociali trionfanti, che ora chiedono che lo Statio intervenga e li salvi dal pasticcio in cui hanno cacciato l´economia mondiale.

Solo che se l´Italia pensa di uscire dal nebbione calato, dallo smog tossico che avvelena l´economia mondiale, navigando a vista e in coda con l´ancora che strascica sul fondo, rischia di non trovare la via di uscita, che è in avanti, non indietro verso un passato di inconsapevolezza dell´urgenza di combattere il riscaldamento globale con misure serie, certe e in tempi definiti, e non con il volontarismo del facciamo quel che si può e se ci piace.

La nuove politiche mondiali, la governance planetaria che invocano tutti, dalla Banca mondiale al fondo monetario, da Sarkozy a Bush, passa necessariamente dal mantenimento degli impegni già sottoscritti. Altrimenti faremo la figura della solita "italietta", dell´ultimo vagone a rimorchio forzato.

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