[13/10/2008] Recensioni

La recensione. Nuvole e sciacquoni di Giulio Conte

Il tema dell’acqua, della sua tutela e della sua gestione e -sempre più da un po’ di tempo a questa parte- della sua scarsità, è diventato molto attuale. Quello che è stato ormai definito l’oro blu, capace di innescare conflitti e complicate tensioni geopolitiche e di scatenare appetiti economici, è infatti un bene assai prezioso, destinato (a differenza di quanto si potesse pensare fino a non molti anni fa) a divenire sempre più scarso. A meno che non si cambi l’approccio culturale con il quale sino ad oggi e ancora oggi viene posto il tema della sua gestione in senso lato.

La tesi di questo libro, che può essere considerato al tempo stesso un saggio, un manuale di pronto uso e un testo di approfondimento (tanto che lo stesso autore indica la possibilità di farne una lettura parziale a seconda degli interessi) si basa sul fatto che sia possibile una gestione della risorsa idrica riducendone i consumi e l’inquinamento senza rinunciare al livello di comfort cui siamo abituati nel mondo occidentale.
«Per farlo però – sottolinea Conte- è necessario fare una piccola rivoluzione culturale, tecnica e normativa».

La rivoluzione culturale è necessaria perché serve riesaminare criticamente alcune prassi che consideriamo ovvie solo perché le applichiamo abitualmente da molti decenni. I primi due capitoli sono infatti dedicati alla storia del rapporto che nella culturale occidentale si è andato ad instaurare con l’acqua e soprattutto con le pratiche igieniche spinte sino all’estremo. Quelle che l’autore definisce una «cultura dell’igiene intesa come sterilizzazione e una ricerca spasmodica di ambienti asettici come garanzia della qualità dell’ambiente».

E’ proprio in questi due capitoli che sta l’originalità dell’approccio di questo libro: l’osservazione parte dalla situazione attuale della qualità e dalla quantità delle risorse (entrambe scarse) di cui se ne dà una spiegazione attraverso l’approccio che ha portato –in particolare nell’ultimo secolo- a utilizzare l’equazione per cui «per avere una buona qualità di vita è necessario disporre di una rete acquedottistica e fognaria».

Tesi che potrà sembrare blasfema e provocatoria, ma che leggendo (senza seguire l’opportunità di saltare capitoli offerta dall’autore) il libro nella sua interezza appare invece non solo l’uovo di Colombo, ma una possibilità concreta. Senza per questo dover tornare ai tempi del Medioevo e senza dover rinunciare agli obiettivi del Millennium Goal di dimezzare entro il 2015 la popolazione mondiale che al 2000 non aveva accesso ad una fonte sicura di acqua potabile.

E’ per questo che serve, oltre ad una rivoluzione culturale, anche una rivoluzione tecnica, perché, per rendere sostenibile la gestione delle acque, è necessario introdurre alcune innovazioni nel modo di costruire e gestire le abitazioni e le nostre città. A questi temi sono dedicati i successivi capitoli, corroborati da schede tecniche e da esempi concreti già realizzati ed operativi. Che vanno da consigli di risparmio idrico attraverso atteggiamenti individuali e il ricorso tecnologie consolidate nelle abitazioni già esistenti, sino a soluzioni applicabili ad abitazioni in via di costruzione o ristrutturazione, dalla raccolta delle acque di pioggia al riuso delle acque grigie depurate.
Alcune potrebbero essere considerate anche estreme (ma che rispondono alla rivoluzione di approccio culturale) quali la raccolta separata delle urine o le toilet a compostaggio: una evoluzione tecnologica dell’antica latrina, senza naturalmente (viene assicurato) che si formino gli immancabili cattivi odori.

Soluzioni (alcune di nicchia come quest’ultima) che se progettate nel giusto contesto e nella corretta maniera garantiscono una gestione assolutamente sostenibile della risorsa potabile nelle case. Molte sono anche le proposte di innovazione gestionale su scala urbana: dai sistemi per ridurre le perdite a quelli per gestire le piogge riducendone gli effetti negativi, sino al classico (ma poco applicato) riuso delle acque di depurazione.

Tutto ciò potrà essere possibile solo se si opera anche la terza rivoluzione, ovvero quella normativa.
Senza politiche adeguate sarà infatti difficile e persino impossibile rinnovare il modello di gestione sia alla scala domestica che alla scala urbana. Politiche che devono coinvolgere non solo gli addetti ai lavori, ossia gli enti coinvolti nella gestione delle acque ma anche gli utilizzatori finali, intesi come famiglie e imprese che dice l’autore «possono e debbono svolgere un ruolo essenziale».

Di questi aspetti si occupa il capitolo 5, senza esitare ad entrare nel merito del dibattito in corso relativo a privatizzazione/ripubblicizzazione dei servizi idrici. Anzi ponendo una acuta e interessante riflessione in tal senso e offrendo-anche in questo caso- un approccio che va oltre il dibattito stesso e lo pone sotto un altro obiettivo. La questione chiave, sostenuta nel libro, è quella di passare da un modello attuale di gestione delle acque assolutamente insostenibile (che viene ampliamente documentata nei capitolo precedenti) e come tale assolutamente non esportabile nei paesi in cui ancora un servizio è da realizzare, attraverso un progressivo cambiamento.

Questo, partendo da un assunto (condiviso con chi propugna la necessità di renderne pubblica la gestione) che l’acqua è un bene pubblico irrinunciabile e di cui ognuno ha diritto, cui però viene associato anche un valore economico.
«La sacralità dell’acqua- si legge nel libro-risiede non solo nell’essere “utile et humile et casta” - come la definiva frate Francesco - ma anche nell’essere “preziosa”, cioé nell’avere un “prezzo”».

Partendo da queste basi "irrinunciabili" si prova quindi a indicare i cardini di una nuova politica dell’acqua, che comprendono i principi di gestione contenuti nella direttiva quadro sulle acque (la 60 del 2000 che nel nostro paese è stata parzialmente e male recepita nel testo unico ambientale), la questione dei costi dell’acqua e la partecipazione del pubblico alle scelte che riguardano la sua gestione.

Infine un appello a chi si occupa della progettazione urbanistica per evitare di recapitare le acque bianche nella rete fognaria e quindi ai sistemi di depurazione. Con la proposta di prevedere, come norma generale, un onere di urbanizzazione aggiuntivo, proporzionale alla superficie impermeabilizzata a chi non segue questa prassi nella progettazione urbanistica.

Un libro quindi che partendo dall’oggi, prova a fare un salto nel futuro e a prospettare modalità diverse per intervenire nella gestione della risorsa idrica, onde evitare di trovarsi - quando questa sarà finalmente condivisa con la parte della popolazione che oggi non vi ha accesso - a dover combattere per l’accesso ad un pozzo, che verosimilmente sarà anche inquinato.


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