[14/10/2008] Comunicati

Fede e natura, preoccuparsi o sperare?

BARCELLONA. Esponenti di varie religioni hanno partecipato al World conservation congress di Barcellona per sottolineare il contributo dei valori spirituali e dei comportamenti etico-religiosi nella protezione dell´ambiente, anche attraverso un rinnovato messaggio di fede.

«La porta del dialogo con i membri delle comunità e gli ambientalisti di tutto il mondo ora è aperta», è questo il messaggio principale che viene dall´incontro di Spirituality and conservation dialogue organizzato dall´Iucn a Barcellona, ma la discussione è ruotata intorno ad una domanda di base di sapore millenaristico: l´umanità paga per i suoi peccati contro la "madre terra"? Diversi tra le organizzazioni non governative e i gruppi di credenti sembrano proprio pensarla così, la crisi economica, le guerre, la perdita di biodiversità e l´inquinamento sarebbero una punizione divina e la spiritualità e la religione sono le uniche armi per combattere contro il cambiamento climatico e la crisi ambientale, ma anche contro l´avidità dell´uomo che le provoca.

Più o meno quanto va dicendo da tempo Benedetto XVI sollevando non poche perplessità tra i non credenti e gli scienziati che vedono in queste tesi un fatalismo che potrebbe portare a non cercare quelle risposte pragmatiche necessarie ad affrontare la crisi. E´ anche vero che una parte consistente dei credenti (di qualsiasi religione) pare sempre più convinta che per salvare il pianeta occorra cambiare stili di vita basandosi sulle nostre paure ancestrali, sul rispetto e l´adorazione dei doni della natura, ma anche che questo possa produrre una pressione sulla politica, magari attraverso una rinnovata partecipazione della società civile ed i progressi della ricerca scientifica.

L´Iucn è impegnata a promuovere «Il dialogo tra la fede e le tradizioni spirituali e la comunità della conservazione (dell´ambiente) per promuovere un più grande impegno e la collaborazione per una vita sostenibile in un pianeta sostenibile», e i problemi religiosi legati alla natura non mancano, anzi aumentano con l´espansione della popolazione e delle attività economiche che cercano spazi e che interessano anche luoghi sacri. I fiumi sacri per l´induismo sono minacciati dall´inquinamento industriale e cittadini; le montagne sacre del Nepal dal turismo, un arcipelago tabù per un popolo della Giunea Bissau è diventato una delle mecche mondiali della pesca industriale ed abusiva; in California gli abitanti di una riserva indiana hanno appena perso una causa per difendere un luogo sacro dall´estensione di una pista da sci con neve artificiale... ma l´elenco delle battaglie per difendere ambienti sacri potrebbe continuare in Australia, Africa, America, il problema è che spesso gli intrusi sono credenti in altre religioni che non riconoscono la sacralità dei luoghi o la considerano una superstizione di poco conto.

Secondo Gonzalo Oviedo dell´Iucn, che organizza lo Spirituality and conservation dialogue, «Se applichiamo i valori e gli insegnamenti religiosi originali, diventa nostro dovere onorare la natura. Dio ha prima creato la nature, l´umanità è venuta più tardi».

Per Masumeh Ebtekar, ex vice-presidente dell´Iran «Gli abitanti di oggi stanno distruggendo tutto. L´avidità ci conduce verso la scomparsa e i valori religiosi possono salvarci».

I capi religiosi hanno incassato anche il riconoscimento della direttrice dell´Iucn, Julia Marton-Lefèvre, che ha detto che l´alleanza con i gruppi di credenti è uno degli risultati maggiori del congresso di Barcellona.
La religione sembra però fare questo cammino a lenti e piccoli passi. A spingere lo Spirituality and conservation dialogue c´è il Patriarca Bartolomeo I, capo spirituale dei 300 milioni di ortodossi del patriarcato di Istanbul, che ha organizzato seminari ecologici sugli ambienti più a rischio, come l´Amazzonia e l´Artico. Alcune chiese protestanti americane sono impegnate in progetti di salvaguardia della natura in Africa.

Ma, più che gli investimenti e i soldi, le religioni pensano che la distruzione della natura si fermi con le preghiere ed i richiami morali, è presente e radicata, soprattutto nelle grandi religioni monoteiste, la concezione dell´uomo custode del giardino. Secondo Oviedo: «Dopo tutto, le religioni pensano tutte che la natura è un regalo di Dio», però «la religione non ha bisogno di entrare in conflitto con la scienza, benché essa lo sia stata nel passato a causa di interpretazioni dei segni dei Tempi che distolgono dal messaggio primario. Per esempio Galileo, che è stato condannato dalla Chiesa cattolica nel 1633 per una tesi, in contraddizione con la dottrina cristiana, nella quale spiegava che il sole e non la terra è al centro dell´universo, è stato riabilitato nel 1992. La Bibbia non ha mai preteso di essere un libro scientifico. E attualmente i dogmi contano meno e l´etica di più. Il legame della religione con la natura va rivisto».

Tesi interessante, ma che forse pecca di ottimismo in tempi di richiami alla interpretazione letterale della Bibbia, fino alla negazione delle evidenze scientifiche della teoria dell´evoluzione, e di pulizia religiosa e di progrom anti-cristiani in India e in Iraq o di razzismo e xenofobia nell´Europa che rivendica le sue radici cristiane me nasconde quelle ebraiche e semitiche in cui affonda il cristianesimo. L´impressione è che quando si ritrovano i leaders religiosi idealizzino una fratellanza tra gli uomini e con la natura che i loro seguaci difficilmente mettono in atto, preferendo usare la religione come un fortilizio che marca le diversità e esalta l´uomo, predestinato dal dio di turno come padrone del creato e depositario di verità rivelate.

Ma Oviedo è speranzoso e pensa che, prendendo esempio dai popoli indigeni che vivono in armonia con l´ambiente, «Per quanto riguarda la protezione della natura, siamo giunti al punto che le differenze religiose non sono più una barriera. Non ci sono delle grandi barriere tra la religione e la scienza moderna. Attualmente, il messaggio delle comunità religiose è che dobbiamo prenderci cura della natura».

Per Marie Evelyn Tucker, dell´università di Yale e a capo del Forum sulla religione e l´ecologia, «Un miliardo di musulmani, un miliardo de cristiani, un miliardo di induisti e un miliardo di confuciani sono dei potenziali fattori di cambiamento». Da Barcellona viene un messaggio: «Sembra che la Madre Terra conti sul cielo per sopravvivere». Bisogna capire se c´è da preoccuparsi o da sperare.

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