[14/10/2008] Rifiuti

Somalia, i pirati straccioni e quelli in giacca e cravatta

LIVORNO. Oggi "Il Giornale" riprende, tra il serio e il faceto (e senza citarlo), un lungo reportage di Al Jazeera.net sulle rivendicazioni ecologiste dei pirati somali che hanno sequestrato una nave ucraina piena di armamenti al largo delle coste del Puntland, una delle due regioni della Somalia dichiaratesi indipendenti (l´altra e il Somaliland) dopo la disintegrazione dello Stato. I pirati somali chiedono un forte riscatto che andrebbe in parte a coprire i costi dei rifiuti tossici che sono stati scaricati sulle coste somale fin dai primi anni ´90 e come risarcimento per la pesca illegale esercitata da russi, cinesi ed occidentali.

Quindi i membri dell´equipaggio della nave ucraina Faina sarebbero praticamente i primi ostaggi ambientali del pianeta. Naturalmente nessuno ci crede, i pirati sono interessati a mettere le mani sul grosso riscatto richiesto e non certo ai destini ambientali del Puntland, il cui governo li disconosce e li elimina appena può.

Questo non toglie che l´eclatante richiesta abbia fatto venire a galla nuovamente un altro atto di pirateria internazionale che forse nel 1994 è costato la vita alla giornalista italiana Ilaria Alpi ed al cameraman Miran Hrovatin: i fusti di rifiuti tossici seppelliti nelle spiagge somale che lo tsunami del 2004 ha riportato alla luce. Lo stesso Environment programme dell´Onu (Unep) dette l´allarme dicendo che decine di fusti corrosi erano riemersi dalla sabbia e che si rischiava un disastro ecologico. Dopo il silenzio o quasi, rotto solo da indagini coraggiose come quelle di "Famiglia Cristiana" - subito sminuite e screditate da parte di altri giornali - Nick Nuttall, un portavoce dell´Unep intervistato da Al Jazeera, ha detto che quei bidoni fracassati dalle onde stanno inquinando spaventosamente:

«La Somalia è stata utilizzata come discarica per i rifiuti pericolosi a partire dai primi anni 1990, e continua ad esserlo durante la guerra civile in atto. Le imprese europee trovano che sia molto a buon mercato liberarsi dei rifiuti: costa meno di 2,50 dollari a tonnellata, mentre i costi di smaltimento di questi rifiuti in Europa arrivano a qualcosa come 1.000 dollari a tonnellata. E i rifiuti sono di generi molto diversi. I loro nomi sono: rifiuti radioattivi di uranio, piombo e metalli pesanti come cadmio e mercurio, ci sono rifiuti industriali, rifiuti ospedalieri, rifiuti chimici».

Secondo l´Unep questo sta provocando nel Puntland malattie, cancri alla bocca ed addominali, emorragie, infezioni della pelle ed altri disturbi. Occorrerebbe un´indagine epidemiologica ed ambientale approfondita, ma questo è impossibile a causa della pericolosità della situazione somala. I pirati avrebbero a disposizione altri facili ostaggi nei ricercatori.

Per l´inviato Onu per la Somalia, Ould-Abdallah, le imprese straniere continuano a scaricare rifiuti tossici sulle coste somale (e i pirati lasciano fare) «Quello che è più allarmante è che siano oggetto di scarico le scorie nucleari. Uranio radioattivo che potenzialmente può uccidere i somali e distruggere completamente l´oceano». Uranio che viene con tutta evidenza da quelle centrali nucleari "pulite e sicure" che "Il Giornale" e il governo italiano reclamizzano ogni giorno come soluzione miracolosa di tutti i mali dell´ambiente.

Secondo Ould-Abdallah le scorie radioattive e velenose sono il vero carburante della guerra civile che dissangua da 18 anni la Somalia, le imprese occidentali in cambio di cospicue bustarelle che finiscono nelle tasche dei ministri dei vari governi fantasma e si trasformano in armi per le varie milizie, ottengono i permessi a scaricare i veleni nella sabbia di quella che è stata una colonia italiana.

«Non c´è controllo - dice il responsabile Onu - ci sono poche persone e con il morale a terra. Le persone in posizioni alte vengono pagate (leggi corrotte ndr), ma a causa della fragilità del governo federale di transizione, alcune di queste imprese non chiedono nemmeno più il permesso alle autorità, scaricano e lasciano semplicemente i loro rifiuti».

Il Giornale non lo dice, ma i pirati più pericolosi per la Somalia e per il pianeta sembrano essere quindi ben annidati in Europa, sono in giascca e cravatta e negoziano l´impunità con un governo fantoccio di uno Stato fantasma, diviso per linee tribali e per bande armate. Il traffico di rifiuti si sostiene su una guerra infinita e la sostiene, compresa la guerriglia più legata all´estremismo islamico e le infiltrazioni sempre più importanti di gruppi che si ispirano ad Al Qaeda.

In questo si distinguono gli ex padroni coloniali, gli italiani. Nel 1992 la compagnie di navigazione italo-svizzera Achair Partners e Progresso hanno firmato un contratto per lo scarico di rifiuti tossici con Nur Elmi Osman, un ex funzionario del governo di Ali Mahdi Mohamed, uno dei più feroci signori della guerra somali che hanno insanguinato Mogadiscio e la Somalia dopo la caduta della dittatura di Siad Barre. L´Unep sta esaminando i risultati di quell´accordo su richiesta dei governi italiano e svizzero, intanto le aziende negano qualsiasi coinvolgimento nella guerra civile somala ed Osman ha smentito di aver mai firmato quel contratto.

Ma Mustafa Tolba, l´ex direttore esecutivo dell´Unep, denuncia da tempo ed apertamente una «partecipazione mafiosa» e ha detto ad Al Jazeera che le imprese che fanno il lavoro sporco in Somalia sono state costituite come società fittizie da grandi imprese industriali che si occupano di smaltimento di rifiuti pericolosi. Del gioco fanno parte anche mafia e grande criminalità organizzata che collaborano attivamente con le industrie ed assicurano smaltimento e collegamenti. Il tutto in un Paese in guerra ed alla fame, dove fare l´ambientalista non è solo un lusso ma anche morte sicura.

"Famiglia Cristiana" aveva già rivelato alcuni retroscena di questo intreccio mortale ma anche che già dal 1989, due anni prima dell´inizio della guerra civile, i rifiuti tossici arrivavano in Somalia sotto l´ala protettrice del governo di Siad Barre, amico fidato di Bettino Craxi e con buoni rapporti con Andreotti e il Partito comunista.

Comunque, al di la della storia politica della vicenda, quel che hanno fatto italiani e svizzeri viola la Basel convention on the control of transboundary movements of hazardous wastes che è in vigore dal 1992 e che Italia e Svizzera hanno ratificato insieme all´Ue e ad altri 168 Stati, come se non bastasse la Convenzione vieta espressamente l´invio di rifiuti pericolosi ad una zona di guerra. Eppure i rifiuti sembrano passare sotto il naso delle navi da guerra inviate a pattugliare i mari somali da americani, europei, russi e cinesi, proprio come i barchini dei pirati straccioni e scopertisi ecologisti.

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