[28/04/2006] Rifiuti

Scalia: «Termovalorizzatori possibili con cdr e tecnologie ottimizzate»

ROMA. Fatte salve le priorità della riduzione della produzione di rifiuti e l’incremento della raccolta differenziata e del conseguente recupero di materia, chiediamo a Massimo Scalia (nella foto, ex presidente della commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti nell´ultimo governo di centrosinistra) se secondo lui il recupero energetico dai rifiuti, dal punto di vista ambientale, è un’idiozia o è una necessità.

«Ovviamente nessuna delle due cose. Un’idiozia non è sicuramente, perché dopo aver raccolto, differenziato, riciclato e riutilizzato, è ragionevole che una parte minoritaria dei rifiuti possa essere eliminata con l’incenerimento e magari recuperando energia. Non è un’idiozia anche perché esistono dei rifiuti per i quali l’unica possibilità è proprio l’incenerimento (come per esempio gli ospedalieri... ndr), perché non si possono mettere così come sono nel suolo. Non è neppure una necessità perché prima vengono tutte le altre cose, quindi direi che la termodistruzione è una previsione delle direttive europee e poi di quelle italiane e occupa gerarchicamente il penultimo posto prima della discarica, che deve rimanere ultima in quanto consumo enorme di territorio, soprattutto considerando che i due terzi delle discariche italiane sono abusive o non a norma».

Quindi non è d’accordo con Gianni Mattioli, che preferisce la discarica all’inceneritore?
«Che devo dire? E’ una questione di gusti. E con il mio compagno di movimento (il Movimento Ecologista, ndr) su questo punto non siamo mai stati d’accordo. Ho letto la sua intervista su greenreport.it, ma mi verrebbe da chiedergli cosa vuol dire quando dice “quando i fumi si raffreddano c’è una netta probabilità che queste molecole si ricombinino e vadano in circolazione provocando cancerogenicità”. Probabilità netta cosa vuol dire? Se non ricordo male questa possibilità di ricombinazione è bassissima, mi pare 10 alla meno 4».

I termovalorizzatori riescono addirittura a dividere il Movimento ambientalista… Come mai su questi impianti c´è una spaccatura fra gli ambientalisti, tanto che alcuni li considerano quasi il male assoluto?
«Secondo me il motivo è da ricercarsi sul fatto che quando in Italia si è parlato di termodistruzione questo termine ha attivato per la prima volta l’encefalogramma piatto delle industrie italiane.
Esistono molti segmenti del ciclo dei rifiuti che avrebbero dovuto interessare le imprese italiane, mentre invece la fantasia si è accesa solo sui termodistruttori, con il risultato che da una parte si è cominciato a pensare - complice la bassa cultura tecnico-scientifica degli amministratori italiani – che una volta realizzato il termodistruttore sarebbero stati risolti tutti i problemi.
Dall’altra parte in questo modo si è incrementata la paura degli inceneritori, perché non dobbiamo dimenticarci che questo è il Paese di Seveso. Le faccio un esempio: qualche anno fa sono stato in Danimarca, in una città che aveva una quota di differenziata del 65% e un inceneritore che bruciava a 850 gradi: nessuno diceva nulla, eppure per non emettere diossine bisogna arrivare almeno a 1200 gradi! A questo proposito vorrei ricordare che un po’ di tempo fa un ingegnere di Impregilo strombazzava in un’intervista sul Corriere della Sera che quello di Acerra sarebbe stato il termovalorizzatore migliore e che avrebbe bruciato a 915 gradi. Nessuno si è accorto di nulla, neppure del fatto che la commissione aggiudicatrice dell’appalto aveva dato al gruppo Fibe-Impregilo, poi risultato vincitore, un voto di 4,2 in tecnologia, mentre i secondi avevano ottenuto 8,2. Ma alla fine l’appalto è stato assegnato a Impregilo al massimo ribasso, anche se poi la differenza finale tra le due proposte economiche era inferiore all’1% dell’importo complessivo, frutto evidentemente di un qualche accordo: Mani pulite ha creato criteri eludibili da un lato e ineludibili dall’altro. Fortunatamente quell’inceneritore non si farà mai, perché ora anche la Protezione civile si è resa conto dell’incapacità del gruppo Fibe».

I comitati insistono sullo slogan “inceneritori zero”.
«E’ abbastanza comprensibile capire le mobilitazioni popolari visti i diversi elementi, ai quali aggiungerei anche questo: è vero che nell’arco degli ultimi 20 anni si sono succedute generazioni di inceneritori sempre migliori e che in quelli di ultima generazione le emissioni di diossina si sono ridotte di un fattore 100 portandosi a 0,1 nanogrammi per metrocubo. Ma è anche vero che nel 2000 abbiamo presentato uno studio su tutti gli impianti italiani e abbiamo verificato che tre su quattro erano obsoleti.
L’altra cosa che rende l’incenerimento un problema è che si può bruciare il tal quale, nulla vieta di bruciare gli Rsu come vengono raccolti. Ma siccome tanto più basso è il potere calorico del combustibile tanto più è alto il quantitativo di scorie è nato il cdr (combustibile dai rifiuti, ndr) che in Europa non esiste e che all’inizio era stato visto con un certo sospetto. In realtà si tentava di introdurre un sistema che limitasse i danni, perché col cdr si sa più o meno cosa si brucia (infatti la sua composizione è stabilita per decreto, ndr) e dunque anche cosa si emette.
Detto questo però bisogna ammettere che un’analisi esatta della composizione dei rifiuti la può fare solo il padreterno: le frazioni omogenee sono impossibili da ottenere, è un concetto limite.
Quindi, in conclusione se si produce il cdr e se garantiscono le caratteristiche di legge nella sua composizione; se l’inceneritore ha delle specifiche tecniche di progetto ottimizzate per la riduzione delle emissioni, io credo che anche la termodistruzione non sia da rifiutare».

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