[20/10/2008] Comunicati

Igiene, non tutti i germi vengono per nuocere...

LIVORNO. Rinunciare alla doccia quotidiana può sembrare un compromesso difficilmente accettabile per molti abitanti del mondo occidentale. Del resto veniamo abituati sin da piccoli alla pratica dell’igiene personale, a partire dal lavarsi le mani prima di mettersi a tavola. Recenti ricerche epidemiologiche e prove di laboratorio condotte su animali, stanno invece dimostrando che la teoria proposta alla fine degli anni Ottanta dall´epidemiologo britannico David Strachan, che attribuiva alla minore esposizione ai germi durante l´infanzia l´aumento delle malattie allergiche nei Paesi più ricchi, aveva fondamenti concreti.

In questi anni vi sono state molte prove indirette che quella teoria fosse giusta, e che la probabilità di soffrire di malattie allergiche fosse più bassa tra chi aveva avuto occasione di vivere in maggiore promiscuità e quindi verosimilmente con minori attenzioni igieniche. Oggi - leggiamo in una intervista sul Corriere della sera a Paolo Maria Matricardi, senior scientist presso il Dipartimento di pneumologia e immunologia pediatrica dell´Università di medicina Charité di Berlino- quella teoria è suffragata da prove sperimentali e la cosiddetta “teoria igienica” viene estesa non solo alle allergie, ma anche al campo delle patologie autoimmuni, quelle cioè in cui le difese immunitarie reagiscono contro parti dello stesso organismo considerandole come corpi estranei.

Del resto la ricerca dell’ igiene portata agli eccessi verso una sorta di vera e propria sterilizzazione è ormai parte di molta della nostra cultura. E influenza comportamenti, servizi, legislazioni. In effetti dietro alla cultura dell’igiene vissuta come ricerca di asetticità c’è anche un enorme business, di cui il grande spazio occupato dagli spot pubblicitario ne è la dimostrazione. Per cui passa il messaggio, ormai considerato normale, che su un pavimento o un lavandino, trattato con un determinato prodotto, vi si possa addirittura mangiare.

Con conseguenze niente affatto trascurabili. Del resto - chiamando a prestito i fondamenti della teoria del caos per cui a variazioni infinitesime delle condizioni in ingresso corrispondono finite variazioni in uscita - è quantomeno dimostrato che un maggior ricorso a clausole per il raggiungimento di maggiori condizioni igieniche corrisponde un aumento di rifiuti. Basti pensare al sistema degli imballaggi per quanto riguarda i consumi di beni alimentari. O la maggiore quantità di reflui indirizzati ai sistemi di depurazione che sta dietro alla cultura dell’igiene personale e domestica spinta sino alla sterilizzazione che ha sostituito le buone pratiche igieniche, che nessuno naturalmente vuole mettere in discussione.

Una cultura che ha messo fuori gioco molti prodotti tipici, perché le caratteristiche al contorno per la loro produzione non corrispondono più a standard di asetticità, che la società del benessere reputa ormai come irrinunciabili. E che quindi favorisce prodotti industriali, omologati e sicuri dal punto di vista dell’igiene, salvo poi scoprire che gli ingredienti con cui sono stati fabbricati poco hanno a che fare con la sicurezza per la salute.

Un sistema che - per la dichiarata battaglia ai germi - rende il nostro organismo più vulnerabile e addirittura più pronto a reagire contro sé stesso, come emerge dalle ricerche epidemiologiche citate, che non ad avere un sistema immunitario stimolato a combattere contro possibili infezioni.
Con il paradosso che per tutelare la nostra salute, siamo sempre più inclini a mangiare e bere alimenti assolutamente asettici, a seguire una spasmodica igiene personale e degli oggetti e gli ambienti che ci circondano e a prendere al contempo integratori per stimolare le difese immunitarie o antibiotici per far fronte alla presenza di microbi ai quali il nostro organismo non è più abituato e dai quali non si sa più difendere in maniera adeguata. Senza contare le sostanze chimiche con cui, per questa nostra assoluta ricerca d’igiene, entriamo in contatto. E che si potrebbero rivelare assai più nocive di molti germi presenti nell’ambiente e che contribuiscono invece a rendere questo ambiente sempre più degradato. Viene allora da porsi la domanda di cosa sia preferibile.

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