[20/10/2008] Aria

C´è un´industria italiana (Pirelli) che fa business grazie ai limiti Ue sulle emissioni

LIVORNO. «Ci aspettiamo che in un paio d´anni il business dei filtri antiparticolato abbia un fatturato di oltre 150 milioni». Lo ha detto il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera nel giorno dell´omologazione di 5 filtri prodotti dal gruppo.
Lasciando da parte la questione delocalizzazione e quella sul reale contributo che possono dare all’ambiente questi e gli attuali filtri antiparticolato, ci sono vari modi per leggere quest’affermazione dell’industriale milanese, che subito dopo ha aggiunto: «Credo che sarà un business molto interessante perché diventa vincolante per legge avere questi filtri in Europa e non solo in Europa. I nostri hanno una tecnologia particolarmente avanzata. Sta partendo la fabbrica in Romania e c´e´ già quella di Arese».

Intanto viene a mente il ministro dell’ambiente Prestigiacomo, che in rappresentanza di tutto il governo potrebbe affermare: «Nonostante le vessatorie e insostenibili richieste dell’Europa, l’industria italiana vuole dimostrare la propria competitività, realizzando filtri che fermeranno il particolato e renderanno l’aria più respirabile».

Un no global (ammesso che esistano sempre e che vadano sempre di moda) potrebbe invece pensare che dopo averci appestato per anni, l’industria automobilistica e quella delle gomme prodotte da miscele assai inquinanti, oggi vogliono fare business alle spalle dei poveri automobilisti, inventandosi un apparecchio che consentirà sì di risparmiare, ma costituirà in realtà un aggravio in più nella spesa di un’automobile, che invece potrebbe inquinare assai meno andando a idrogeno.

Un ambientalista (ma anche diversi economisti e molti imprenditori) infine potrebbe pensare: «Ma come? Da un mese Confindustria appoggiata da governo e dai media loro vicini sputa veleno contro il pacchetto clima dell’Ue, dicendo che gli obblighi imposti all’Italia sarebbero troppo alti da pagare e che comunque “l’ambiente va bene, ma ora siamo in crisi e quindi l’ambiente può aspettare”. E poi invece uno dei massimo rappresentanti degli industriali italiani viene a dire tutto euforico che grazie alle misure antinquinamento decise dall’Europa, si apre un grande business per l’industria italiana che ha saputo innovarsi investendo in ricerca su tecnologie capaci di ridurre l’inquinamento».

Qualcosa non torna. E’ come se uno facesse finta di non vedere quanti posti di lavoro sta creando in Italia l’industria delle rinnovabili e quanti ne ha già creati in Germania. Oppure non tenesse in considerazione il fatto che diversi studi economici (Stern, Stiglitz su tutti) hanno dimostrato che quello che si investe oggi sul fronte della sostenibilità ambientale non è appunto una spesa ma un investimento, dai ritorni certi, non solo dal punto di vista economico ma anche della qualità della vita.

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