[21/10/2008] Comunicati

Green global new deal: un Roosvelt verde per uscire dall´incubo Bush

LIVORNO. Mentre il ministro dell´ambiente ed il governo italiano sono eroicamente impegnati a mettere i bastoni tra le ruote al Protocollo di Kyoto e alla leadership europea su energia e cambiamento climatico, a Londra il Department of environment, food and rural affairs (Defra) organizza per domani un focus di alto livello su "Global green new deal-environmentally", incentrato sugli investimenti da fare sull´economia verde vista come «opportunità storica per un XXI secolo prospero e per generare posti di lavoro».

Il governo britannico e il programma Onu per l´ambiente (Unep) chiamano a raccolta esperti, scienziati, politici ed imprenditori di tutto il mondo ed hanno già assicurato il loro intervento Achim Steiner, segretario esecutivo dell´Unep, Hilary Benn, ministro dell´ambiente della Gran Bretagna, Pavan Sukhdev, capo di Deutsche Bank´s Global Markets business in India, e i migliori esperti nel settore dell´economia degli ecosistemi e della bioddiversità che collaborano con la Green Economy initiative dell´Unep.

Sullo sfondo dell´iniziativa la convinzione che il 2008 potrebbe rivelarsi come l´anno spartiacque per l´economia mondiale, a causa dell´aumento dei costi del cibo e dei carburanti e della crisi finanziaria che si sono rapidamente succeduti.

«Di fronte alla grande depressione - dicono gli organizzatori - il presidente Franklin D Roosevelt ha rapidamente adottato il New Deal, il famoso recupero mirato. Ha messo le basi per la più grande crescita economica che il mondo abbia mai visto. Oggi abbiamo bisogno di una visione simile, un´azione urgente ed un forte impegno politico che diriga i flussi finanziari e la gestione dei mercati per far fronte alle piìù grandi sfide globali del nostro tempo».

La lista dei nemici che il "Global green new deal-environmentally" deve sconfiggere è lunga: cambiamento climatico, povertà, creazione di posti di lavoro per un miliardo e 300 milioni di persone disoccupate o sotto-occupate, accelerazione della scarsità delle risorse naturali disponibili, mancanza di carburante e cibo per 6 miliardi di persone che diventeranno 9 miliardi nel 2050.

La speranza è nel New deal "verde", nella convinzione che solo l´innovazione tecnologica ed economica potrebbe dare una mano a uscire dalla crisi finanziaria e ambientale del pianeta, spostando l´attenzione dall´economia di carta a quella reale, e che si torni a parlare delle risorse e della loro finitezza, che poi sono la matrice dell´economia e della sopravvivenza umana e della vita sul pianeta. Per questo si pensa (in Inghilterra e nel mondo, meno a Roma e Varsavia o in qualche tecnologico inferno ottocentesco asiatico) a come innovare le industrie, a come creare nuove imprese nel settore delle energie rinnovabili, delle tecnologie pulite, nell´agricoltura sostenibile, nella gestione intelligente degli ecosistemi del pianeta e nelle infrastrutture ecosistemiche di base.

Un New Deal già in corso e che l´Italia ignora, anzi sta dimostrano di essere uno degli elementi di punta (allineandosi al governo Bush in piena agonia) tra i Paesi che cercano di frenare l´accelerazione di una transizione, necessaria ormai anche per il più acceso degli ex-turbocapitalisti, che è al centro della Green economy initiative, che scommette globalmente sulla sostenibilità e la produzione di ricchezza equamente ripartita anche per qual miliardo e più di persone che sono restati fuori dal luccicante vortice della globalizzazione capitalista che spargeva briciole anche per i poveri del mondo.

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