[21/10/2008] Aria

Sarkozy per un governo Ue del clima e una rifondazione mondiale del capitalismo

BRUXELLES. Il presidente di turno dell´Unione europea, Nicolas Sarkozy (Nella foto), è intervenuto al Parlamento europeo per illustrare le conclusioni del Consiglio europeo ed ha colto l´occasione per lanciare un monito a non tirare troppo la corda delle concessioni sul pacchetto clima-energia: «Sarebbe drammatico abbandonare il pacchetto Ue sul clima a causa della crisi finanziaria». Un blocco della politica europea sui cambiamenti climatici sarebbe «irresponsabile», l´Ue non può permettersi di abbandonare «né i tre obiettivi del 20% ne il calendario per arrivare a dicembre a una decisione sul pacchetto clima. Capisco le preoccupazione di alcuni nostri partner. Ci sono alcune economie che puntano al 95% sul carbone e non li possiamo mettere in ginocchio. Bisognerà trovare delle linee di flessibilità nel rispetto degli obiettivi e del calendario».

E´ chiaro che si punta ad isolare la posizione del governo italiano da quella della Polonia (lo Stato che produce il 95% della sua energia con il carbone) e degli altri Paesi dell´est di recente ingresso nell´Ue, ma è evidente il fastidio per l´Italia che è fondatrice dell´Ue e che ha sottoscritto il Protocollo di Kyoto.

Il fastidio per la posizione isolazionista italiana deriva anche dal fatto che Sarkozy sta moltiplicando i suoi sforzi per una risposta mondiale ed europea alla crisi. A Strasburgo ha anche chiesto la creazione di un "governo economico" nella zona euro che lavori accanto alla Banca centrale europea. «Non è possibile - ha detto agli europarlamentari - che la zona euro continui senza un governo economico chiaramente identificato». Certo la Bce deve rimanere indipendente, ma per Sarkozy «deve poter discutere con un governo economico».

Intanto il presidente francese guarda in avanti e in grande e propone che l´Europa porti unitariamente al prossimo summit per la regolamentazione del sistema finanziario «l´idea di una rifondazione del capitalismo mondiale» ed ha annunciato che sabato andrà in Cina, alla summit Asia-Europa che riunirà 43 Paesi, «per convincere le potenze asiatiche a partecipare a questa rifondazione».

Se Sarkozy pensa che l´Europa (e la Francia) debba prendere la testa del movimento per far uscire il pianeta dalla crisi ambientale ed economica, il ministro dell´ambiente italiano, Stefania Prestigiacomo conferma in un comunicato stampa che l´Italia non è pronta a svolgere un ruolo simile e che è trincerata nel suo precario nuovo Patto di Varsavia: «L´Italia non ha alcuna intenzione di fare passi indietro nella lotta al cambiamento climatico ma non può accettare un pacchetto "chiuso", deciso senza un reale confronto. Né può accettare che discutere nel merito tecnico delle misure che penalizzano alcuni paesi e ne avvantaggiano altri venga considerato "drammatico". Di drammatico c´è la situazione economica e la rigidità di posizioni che rischia, questa sì, di non far raggiungere l´accordo che tutti auspichiamo. Ciò che l´Italia chiede è flessibilità ed equità delle misure. Ciò che l´Italia non può accettare sono provvedimenti che scaricherebbero, senza vantaggi per il clima, costi insostenibili sul sistema produttivo e sulle famiglie italiane. E finalmente, dopo 2 anni che si discutono queste misure, la Commissione ha prodotto uno studio sui costi che da venerdì sarà discusso in un tavolo tecnico. Il nostro Governo non ha chiesto il rinvio dell´accordo ma ritiene logico, se di misure sul clima stiamo parlando, che nell´analisi costi-efficacia si tenga conto dell´esito della Conferenza Onu sul clima di Copenhagen nel dicembre 2009. Il ruolo "trainante" dell´Europa ha valore se riesce a "trainare" i grandi produttori di Co2, Usa, India, Cina etc. Se ciò non accadrà il pacchetto 20-20-20 avrà un valore simbolico per il clima e metterà fuori mercato molte produzioni europee, caricate di costi che la concorrenza mondiale non avrà. Su questo punto riserve sul pacchetto sono state espresse chiaramente anche dalla Germania che teme il rischio di "delocalizzazione" delle sue imprese manifatturiere a causa della calo di competitività europeo (il cosiddetto carbon leakage). Una preoccupazione condivisa dall´Italia ma che ovviamente conta poco in paesi che non hanno una forte industria manifatturiera. Una preoccupazione che riguarda anche il settore auto per il quale la direttiva anziché far pagare di più a chi produce auto pesanti e più inquinanti finisce per penalizzare le industrie, come quella italiana, che produce auto leggere e a basse emissioni di Co2. La nostra posizione resta perciò quella espressa ieri a Lussemburgo. Forse l´Europa non era più abituata ad un´Italia coesa e determinata a difendere le proprie ragioni e gli interessi del paese come confermano le dichiarazioni univoche dei ministri Matteoli, Ronchi e Scajola. Quindi, se non interverranno modifiche sostanziali al pacchetto, non ci sarà accordo né unanimità».

I toni si inaspriscono perché l´Italia, nonostante le dichiarazioni bellicose, è uscita con le ossa rotte dalla prima giornata della Consiglio dei ministri europei dell´ambiente Jean-Louis Borloo, ministro francese dell´Ecologia, Nathalie Kosciusko-Morizet, sottosegretaria francese all´ecologia e il commissario europeo all´ambiente Stavros Dimas hanno illustrato i risultati della riunione di lavoro, sottolineando che «é stata in particolare l´occasione per approfondire le discussioni in corso riguardanti la lotta al mutamento climatico, tema ambizioso che impegnerà le economie europee sul lungo termine e che costituisce la priorità della Presidenza francese. I ministri hanno concordato sulla necessità per l´Unione europea di affermare una posizione coerente e determinante durante la XIV sessione della Conferenza delle Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Infccc) che si terrà a Poznan (Polonia), dal 1 al 12 dicembre 2008. La Presidenza continuerà dunque a lavorare affinché si trovi un accordo di tutti gli Stati membri entro la fine dell´anno. L´elaborazione del pacchetto legislativo «energia-clima», dossier prioritario per l´Unione europea, ha impegnato i ministri partecipanti che, al di là dei progressi registrati nelle discussioni a livello degli esperti, auspicano ormai dare una dimensione politica al dibattito, al fine di poter iniziare le negoziazioni con il Parlamento europeo, non appena i lavori avranno sufficientemente progredito».

Borloo ha ribadito la propria convinzione che «un accordo in prima lettura è non solo possibile ma soprattutto indispensabile, se l´Unione europea vuol fare adottare questo pacchetto energia-clima prima dei negoziati internazionali di Poznan». Pur tenendo conto delle preoccupazioni immediate legate alla situazione economica, per Barloo bisogna «tenere ben presente il dovere dell´Unione europea di costruire una politica sul lungo termine che contribuisca a lottare contro il cambiamento climatico, a controllare la dipendenza energetica dell´Unione europea e a garantire la transizione verso un´economia a basso tenore di carbonio, garantendo così la competitività futura dell´Europa».

La cosa singolare di tutta questa vicenda è che ministri e commissari del centro-destra europeo, danno una lettura economica e politica di quanto sta accadendo (e dei risultati della stessa riunione) del tutto differenti.

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