[29/10/2008] Aria

La tutela dell´ambiente la finanzieranno le multinazionali con l´1% degli utili?

LIVORNO. Un nuovo "conservation fund" chiede alle grandi società ed alle multinazionali di investire l´1% dei loro profitti per proteggere dalle minacce le foreste, i pesci ed altri ecosistemi al alto rischio. Si tratta dello "Earth profits found" lanciato dall´Iucn e che ha come target le 500 più grandi imprese del pianeta ed i loro guadagni netti stimati in un trilione di dollari all´anno. Se investissero in tutela ambientale solo l´1% ci sarebbero a disposizione degli ecosistemi 10 miliardi di dollari ogni anno.

Il fondo è uno dei molti tentativi per trovare alternative ai sempre più magri fondi pubblici per finanziare i programmi di salvaguardia delle specie animali e vegetali in un momento di crisi economica globale.

Ad "inventare" il Fondo è stato Richard Steiner, dell´università degli studi dell´Alaska, che ha notato come a molte grandi imprese che non utilizzano direttamente le risorse naturali non è mai stato chiesto di finanziare la salvaguardia della vita del pianeta, che è anche la matrice di tutte le attività umane, compresa l´economia. Inoltre, anche le attuali donazioni da parte delle grandi aziende planetarie di solito non coprono tutta la gamma dei problemi ambientali.

«Alcune imprese private - spiega Steiner al Worldwatch institute - danno isoldi per cause diverse, lo fanno migliaia di aziende. Ma così c´è il rischio di disperdere denaro in molte scelte e che donino principalmente come "pubbliche relazioni" piuttosto che come beneficio per la conservazione».

Insomma, un po´ di greenwashing e un po´ di diplomazia aziendale.

Il Worldwatch institute fa l´esempio della britannica Aviva che si vanta di essere la prima compagnia di assicurazioni ad essere "carbon neutral" e che stanzia milioni di dollari in beneficienza ambientale, anche al Wwf. Eppure il totale dei suoi contributi è di 10 milioni e mezzo di euro all´anno, sembra molto, ma è solo lo 0,4% dei suoi profitti annuali.

Secondo Steiner i donatori investono abbastanza a casaccio, guardando più al ritorno fdi immagine che al reale impatto dei loro soldi sulla salvaguardia dell´ambiente e soprattutto non sarebbero in grado di decidere su come il loro denaro debba essere speso.

La proposta è che l´Iucn faccia da raccoglitore e garante delle donazioni attraverso il nuovo fondo. Ma questo finirebbe per mettere la stessa Iucn in diretta concorrenza con le Ong e le associazioni ambientaliste che già la accusano di giocare "sporco" e di essersi trasformata in un "progettificio" per raccogliere fondi.

L´iniziativa sarebbe parallela e forse concorrente anche con il Global environment facility (Gef) di Banca mondiale ed Onu che già finanzia la maggior parte dei progetti ambientali in giro per il pianeta, ma Steiner ribatte che il Gef non è stato in grado di ottenere abbastanza soldi attraverso i finanziamenti dei governi e che nel 2010 disporrà "solo" di 3,13 miliardi di dollari provenienti dai Paesi donatori.

«Anche se gli obiettivi dell´assistenza ufficiale allo sviluppo e tutti gli altri programmi governativi per la sostenibilità fossero raggiunti - afferma Steiner - l´ammontare totale dei finanziamenti per la conservazione non raggiungerebbe l´ordine di grandezza necessario per invertire le tendenze in atto per quanto riguarda l´integrità ambientale della biosfera».

Secondo l´Earth policy institute study, sarebbero necessari almeno 113 miliardi di dollari all´anno per fermare il depauperamento degli stock di pesci, l´erosione dei terreni agricoli e la deforestazione.

Anche Robert Dixon, capo del climate and chemical team del Gef, riconosce che «nei prossimi anni saranno necessari miliardi di dollari, con una competizione per le limitate risorse che aumenta quanti più diventa grave il cambiamento climatico. Il Gef sta valutando per la prima volta l´opportunità di finanziamenti privati. Le risorse per poter continuare a dare un adeguato sostegno ai progetti di salvaguardia e per il cambiamento climatico progetti, richiedono enormi somme di denaro. Dovremo porre una maggiore attenzione ai partenariati pubblico-privato e ad altri meccanismi di finanziamento innovativi per rafforzare il Gef».

Quel che è sempre più evidente, anche con i tagli italiani alle aree protette ed alla ricerca e con le proposte di "fondazioni" private che dovrebbero amministrare i parchi nazionali, è che, come dice Richard Cellarius, vice presidente e responsabile degli affari internazionali di Sierra Club , «C´è da fare un lungo cammino. Cercare di ottenere finanziamenti e risorse per la protezione dell´ambiente è un´ardua battaglia».

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