[30/10/2008] Comunicati

L’obesità potrebbe dipendere anche dalle sostanze chimiche disperse nell´ambiente?

LIVORNO. L’obesità potrebbe dipendere anche dalle sostanze chimiche disperse nell´ambiente. L´ipotesi, presentata da Carla Lubrano, endocrinologa dell´Università Sapienza di Roma, potrebbe riscattare tutti coloro che vengono accusati di cattive abitudini alimentari e pessimi stili di vita per il loro sovrappeso. Oggi in Italia è in sovrappeso un maschio adulto su due, una donna su tre e un bambino su tre e l’obesità è in aumento in tutti i paesi occidentali.

Certamente lo studio che ha condotto a formulare questa ipotesi, non ha trascurato le componenti legate al contesto in cui si sviluppa l’obesità, ovvero le modificate abitudini di vita associate ad altri elementi caratteristici di questo fenomeno in crescita dilagante, come l´appartenenza alle classi meno agiate e un basso livello di istruzione, ma proprio la ricerca dei fattori di rischio ha fatto prendere in considerazione il contesto ambientale. In particolare l’esposizione alle sostanze chimiche presenti nell’ambiente e nei prodotti alimentari, tra cui gli interferenti endocrini.
Gli interferenti endocrini sono composti chimici in grado di alterare gli equilibri ormonali e come tali responsabili di problemi che sino ad esse erano stati legati alla sfera riproduttiva, sia femminile che maschile.

Il nome deriva dalla loro caratteristica di alterare il delicato equilibrio del sistema endocrino di un organismo in vari modi: possono mimare o bloccare le molecole normalmente presenti nell´organismo, alterare i livelli ormonali influenzando le funzioni da questi controllate. In pratica vengono riconosciuti simili agli ormoni dagli specifici recettori e di conseguenza confondono il sistema di segnalazione dell´organismo, che si comporta come se il recettore fosse occupato da un ormone da lui elaborato. Gli interfenti endocrini, però, a differenza dell’ormone originale danno un segnale più forte (o più debole) e lo danno nel momento sbagliato, provocando effetti inattesi.
Influenze indirette possono poi coinvolgere l´alterazione della capacità dell´organismo di produrre ormoni, di veicolarli tra i vari organi o nell’alterazione del numero dei recettori.

Tra le sostanze che fanno parte di questa categoria vi sono inquinanti ambientali persistenti Pop (Persistent Organic Pollutants) come i pesticidi clorurati ad esempio, per cui il tessuto adiposo rappresenta sia il bersaglio che il sito d´accumulo. Tali sostanze sono in grado di interagire con diversi recettori presenti nel nucleo della cellula e in tal modo di modificare la proliferazione, la differenziazione, il metabolismo e le funzioni delle cellule del tessuto adiposo, influenzando lo sviluppo di obesità e di malattie associate come diabete e coronaropatia.

Non solo, ma recentemente sono stati pubblicati studi epidemiologici che hanno messo in evidenza una stretta correlazione tra livelli circolanti di pesticidi organoclorurati e prevalenza di sindrome metabolica e insulino-resistenza (che sono condizioni che conducono al diabete). Inoltre si è anche evidenziata un’associazione positiva tra indice di massa corporea e massa adiposa da un lato e livelli plasmatici di pesticidi organoclorurati dall´altro.

L´esposizione a queste sostanze chimiche presenti nell´ambiente, sia durante la vita fetale che successivamente, sembrerebbe quindi essere in grado da un lato di riprogrammare il metabolismo delle cellule grasse portandole all’accumulo e dall´altro di interferire con i meccanismi di regolazione ormonale che regolano la richiesta di calorie e il conseguente consumo energetico, giocando un ruolo preminente nello sviluppo dell’ obesità e delle malattie ad esso correlate.

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