[30/10/2008] Comunicati

Il quarto Rapporto Ipcc, questo sconosciuto (3)

FIRENZE. Abbiamo parlato di quali siano gli effetti accertati del surriscaldamento sui principali sistemi fisici: cambiamenti nella copertura nivo-glaciale, nel regime di precipitazioni, nel livello medio degli oceani. Prima di passare all’analisi dei mutamenti nei sistemi biologici, è il caso di chiarire che, per quanto riguarda un altro fondamentale sistema abiotico, e cioè il ciclo dei cicloni tropicali (chiamati anche, a seconda delle zone dove agiscono, uragani, tifoni o tempeste tropicali), abbiamo più dubbi che certezze: riguardo al numero totale di essi, nel quarto rapporto Ipcc è chiarito che «non esiste un chiaro trend nel numero dei cicloni tropicali».

Per quanto riguarda invece il numero di cicloni tropicali di forte intensità, ecco che invece le cose cambiano: esistono «prove documentate di un aumento nell’attività dei cicloni tropicali intensi nel nord Atlantico dal 1970 circa, e indizi riguardo ad un’aumentata attività in alcune altre regioni dove le lacune nella qualità dei dati sono maggiori», anche se poi viene chiarito che le serie storiche sono troppo brevi (e le osservazioni satellitari troppo recenti) per avere chiarezza anche riguardo al trend in questione.

Altro aspetto su cui sussistono dubbi, nell’ambito degli effetti del cambio climatico sui sistemi abiotici, è il comportamento della calotta e della banchisa antartiche, che sembrano evidenziare un trend ben diverso da quanto sta avvenendo nell’emisfero boreale. Anche in questi giorni, peraltro, la divergenza prosegue: mentre l’estensione della banchisa artica è attualmente in deficit di circa 1,2 milioni di kmq rispetto alla media 1978-2000 (ed è già un recupero notevole, dopo i 3 milioni di kmq di deficit raggiunti a settembre 2007 e i 2 milioni di kmq di deficit del settembre 2008), la banchisa antartica è in anomalia positiva, cioè la superficie marina ghiacciata è superiore alla media, anche se di soli 300.000 kmq. Questo comportamento della banchisa australe e in generale dei ghiacci antartici, su cui ritorneremo, è stato spiegato essenzialmente con il fatto che l’Antartide è un continente, e non un oceano come l’Artide. Ciò ha due tipi di conseguenze: anzitutto su una terra emersa il condizionamento dato da mutamenti climatici globali è minore rispetto ad un oceano ghiacciato, essendo la terra emersa meno condizionata dal gioco delle correnti aeree e marine. Inoltre, è stato ipotizzato che, in una zona come l’Antartide dove il gelo la fa da padrone tutto l’anno, ma le precipitazioni sono relativamente poche, un aumento di temperatura possa avere aumentato le precipitazioni. Sono entrambe ipotesi attendibili, ma va ripetuto che resta molto da spiegare, a riguardo.

Questi, in sintesi, gli effetti più significativi del surriscaldamento sui sistemi abiotici. Vediamo ora, per chiudere questa prima parte del nostro approfondimento (dedicata agli effetti del cambio climatico), cosa è avvenuto nei sistemi biologici, cioè negli ecosistemi marini, terrestri e aerei: esiste una probabilità molto forte (letteralmente «a very high confidence», cioè una fiducia negli studi presentati superiore al 90%) che «il recente riscaldamento stia fortemente influenzando i sistemi biologici terrestri, come la perdita delle foglie, la migrazione degli uccelli e la deposizione delle uova» e che siano in corso «spostamenti verso nord e verso l’alto degli areali delle specie animali e vegetali». Esiste invece una forte probabilità (high confidence, >80%) che sia in atto un trend in molte specie vegetali verso una foliazione stagionale più precoce. Forte è anche la probabilità che «i cambiamenti osservati nei sistemi biologici marini e d’acqua dolce siano associati ad un aumento delle temperature, così come nei parametri collegati ad esse». Minori certezze si hanno invece, nel quarto rapporto, per alcuni aspetti legati alla nostra specie: ad esempio, l’aumento del numero di malattie e mortalità umane legate ad eventi caldi (si pensi alla drammatica estate del 2003) è ancora da chiarire con precisione, e su un suo nesso con il riscaldamento esiste solo una «medium confidence», cioè una probabilità superiore solamente al 50% (come dire, più si che no). Vengono esposti dubbi, a questo riguardo, anche per il legame tra riscaldamento e aumento delle patologie allergeniche.

E’ abbastanza intuibile come il problema fondamentale sia di discernere tra quegli effetti causati dal surriscaldamento di per sé, e quelli su cui possono avere influito altri aspetti, legati esclusivamente allo sviluppo delle attività umane: ciò può valere per l’aumento del numero di malattie, o anche su aspetti come la salute degli ecosistemi costieri, come le foreste di mangrovie o le paludi costiere, riguardo a cui la letteratura disponibile non ha permesso di stabilire trend riconoscibili e soprattutto legati al solo surriscaldamento.

In chiusura, vediamo su quali basi sono state tratte queste conclusioni: il quarto rapporto prende in considerazione 577 studi multi-disciplinari che hanno fornito 80.000 serie di osservazioni. Di queste, le circa 29.000 che erano considerate attendibili (rispondenti cioè a precisi criteri: studi terminati successivamente al 1990, di durata non inferiore a 20 anni, che mostrassero trend riconoscibili nel senso del riscaldamento o del raffreddamento) sono state analizzate approfonditamente, e il risultato è quanto si vede nell’immagine: più dell’89% delle osservazioni fatte nei sistemi fisici e biologici «sono coerenti con la direzione di cambiamento attesa come risposta al riscaldamento». Nell’immagine sono anche evidenziate con diversi colori le varie zone del mondo dove sono stati osservati mutamenti di temperatura media nel periodo 1970-2004. Resta comunque da chiarire come, su 28.671 osservazioni dei sistemi biologici prese in considerazione (vedi legenda sotto l’immagine), 28.115 siano state effettuate in Europa, 455 in Nordamerica, e le restanti negli altri continenti: anche se ciò non toglie niente alle conclusioni riguardo all’evidenza del riscaldamento, evidenzia anche come ci sia molto da proseguire verso un’analisi globale del clima. Ciò è esplicitamente affermato, comunque, anche nel rapporto stesso: «esiste una visibile assenza di equilibrio geografico nei dati e nella letteratura riguardanti i mutamenti osservati, con una marcata scarsità riguardo ai paesi in via di sviluppo». Un maggiore equilibrio tra le varie zone si ha invece per quanto riguarda le osservazioni dei sistemi fisici.

Fin qui il primo capitolo del quarto rapporto Ipcc, dedicato alle prove e agli effetti osservati del surriscaldamento, entrambe in forte aumento rispetto ai tre precedenti rapporti. Vedremo nei prossimi giorni il secondo capitolo, che affronterà quali siano le cause di questo surriscaldamento, e quanto effettivamente esso sia da attribuire al ruolo antropico.

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