[03/11/2008] Comunicati

L´Italia è in recessione tecnica (e non solo), ma qualcosa si muove!

LIVORNO. L’Italia è in “recessione tecnica”. Lo ha detto la Commissione europea questa mattina presentando le sue ´Previsioni d´autunno´. La situazione del nostro paese, secondo la Commissione, le farà chiudere l´anno con una crescita zero e la stagnazione durerà anche nel 2009, mentre una leggera ripresa è prevista nel 2010 con un Pil allo 0,6%.

«L´accentuato rallentamento dell´economia italiana - spiega la Commissione Ue e riporta l’Ansa - risale già alla metà del 2007, ben prima dell´impatto della crisi dei mercati sull´economia europea». La crescita è tornata col segno meno nel secondo trimestre del 2008, e «per la seconda metà dell´anno più indicatori, in particolare quelli sulla produzione industriale e sulla fiducia delle imprese, mostrano come il Paese sia entrato in una recessione tecnica». Per Bruxelles sul banco degli imputati ci sono soprattutto «gli sviluppi negativi sul fronte della domanda interna».

«Sotto l´impatto dell´aumento dei prezzi, le famiglie hanno tagliato i loro consumi. Comunque - spiega la Commisione Ue - dal 2009 - un´inflazione più bassa e alcuni ulteriori incrementi salariali sosterranno i redditi a disposizione», e questo porterà ad una «leggera e graduale ripresa dei consumi privati nel 2009 e 2010».

La Commissione Ue taglia anche drasticamente le stime sul Pil di Eurolandia che - secondo le nuove previsioni - nel 2009 si attesterà allo 0,1%, «vicino alla stagnazione», contro la precedente previsione dell´1,5%. Nel 2010 è prevista una leggera ripresa allo 0,9%. L´Ue-27 crescerà dello 0,2% nel 2009 e dell´1,1% nel 2011.

Le nuove stime della Commissione Ue non stupiscono neppure noi che di professione non siamo economisti. Questi, però, ovvero alcuni degli economisti di professione, nel frattempo stanno giustamente tentando anche di guardare oltre la crisi, per capire come ripartire e quale indirizzo dare all’economia che verrà. Ma nelle loro pur ampie e pur (la maggior parte) assolutamente argomentate analisi – che riempiono le pagine dei più autorevoli quotidiani nazionali – se va bene si pongono il problema della sostenibilità sociale, altrimenti propongono solo un tecnico e matematico tentativo di rimettere insieme i pezzi per provare a ripartire esattamente come prima. Che significa anche ricommettere gli stessi errori, perché più regole o regole diverse e più vigilanza aiutano, certamente, ma non sono risolutive né dal punto di vista della sostenibilità sociale, né assolutamente da quello ambientale.

In questo contesto l’iniziativa di Jeremy Rifkin di cui parla stamani il Corriere Economia ci pare degna di interesse. L’economista ha messo attorno ad un tavolo 70 multinazionali (sia americani sia europei) per formare un gruppo di pressione ‘ecologico’ sia sull’Ue, sia (sperano) sul futuro presidente Usa, specialmente se fosse Barak Obama. L’obiettivo è quello di condizionare le scelte Ue appunto sui quattro pilastri di quella che Rifkin chiama terza rivoluzione industriale: sviluppo fonti rinnovabili di energia (solare, eolica, geotermica e da onde dell’oceano); settore immobiliare declinato al verde (palazzi capaci di funzionare da ‘centrali di energia’); uso dell’idrogeno per immagazzinare tutte le forme di energia alternative (sfruttare le alternative quindi per produrre idrogeno che è un vettore e non una fonte, ndr); rete intelligente (un nuovo sistema di distribuzione dell’energia che, utilizzando la tecnologia e la filosofia di internet, consenta una ‘democratizzazione’ della produzione e condivisione dell’energia stessa).

Tra i ‘compagni di viaggio’ di Rifkin, l’Ibm e la General Electric, ma anche la Ropatech di Bolzano. Se a questa iniziativa si aggiungono inoltre le notizie che arrivano sempre oggi (e in parte già note) della nuova ventata verde che si è abbattuta sui managment di Api ed Erg, qualche speranza per un’economia più sostenibile c’è. Api ed Erg infatti sono arrivati al cambiamento di dirigenza (anche Saras) e hanno scelto di ‘accelerare il processo di diversificazione spostando una quota importante di investimenti verso l’energia pulita’. Solare ed eolico in prima linea e poi altri progetti tra i quali le biomasse. Le parole di Ferdinando Brachetti Peretti, 48enne numero uno dell’Api, suonano piuttosto bene alle nostre orecchie: «I tempi sono maturi per un salto del processo di innovazione: i tre quarti dei nostri investimenti nei prossimi sei anni saranno puntati sulle fonti rinnovabili: spenderemo tre miliardi di euro per ampliare il nostro portafoglio nel campo del sole, del vento e delle biomasse». Quando si parla di crescita e di Pil, i dati dei paesi che in questo business verde hanno investito, testimoniano la bontà dell’investimento che lo Stato dovrebbe fare per orientare l’economia nell’unica direzione che davvero potrebbe riequilibrare il malgoverno dei flussi di energia e di materia. Che significa più sostenibilità ambientale e sociale. E che a sua volta significa agire esattamente all’opposto di quello che questo governo, vedi il caso del Pacchetto clima, sta facendo…

Sul quale oggi Barroso ha confermato che l´Ue deve accelerare e non rallentare i suoi sforzi per combattere i cambiamenti climatici. Promuovendo, ha aggiunto, l´ecocompatibilità dell´attività economica si apriranno nuove opportunità di crescita. Tra le misure che saranno adottate potrebbero figurare finanziamenti per i trasporti, l´energia e le tecnologie avanzate e agevolazioni fiscali per accrescere la domanda di beni e servizi a più alta efficienza energetica.

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