[10/11/2008] Energia

Nucleare, percezione del rischio e sondaggi

LIVORNO. Lei sarebbe favorevole o contrario alla costruzione di centrali nucleari in Italia? La domanda diretta è stata fatta nei giorni 1-8 ottobre 2008 a 1300 persone, campione rappresentativo della popolazione italiana con oltre 15 anni per genere, età, titolo di studio e zona geopolitica di residenza. L´indagine è stata curata da Ilvo Diamanti, Luigi Ceccarini e Fabio Bordignon con la collaborazione di Natascia Porcellano e il sondaggio è stato condotto da Demetra.

I risultati, già apparsi su alcuni quotidiani nazionali, dicono (ricordiamo che i dati sono in percentuale, considerando coloro che non rispondono) che “a favore della costruzione” si è espresso il 46.8%, contro il 44.1, mentre “non sa, Non nrisponde” il 9.1. Già qui è evidente un primo dato: nel caso di un referendum la differenza la farà quel 9.1 sia che vada a votare (e scelga una o l’altra posizione) oppure che se ne resti a casa. Seconda domanda del sondaggio: Lei sarebbe favorevole o contrario alla costruzione di centrali nucleari nella sua provincia? In questo caso il 41% ha detto di essere “a favore della costruzione”, il 50.2 “contro”, l’8.9% “non sa, non risponde”. Secondo dato: in questo caso gli indecisi – anche se la soglia è sottilissima - non sono l’ago della bilancia.

L’indagine ha poi suddiviso i dati raccolti secondo età anagrafica e partito politico, oltre che tra nord e sud del Paese. Gli stessi autori del sondaggio che poi hanno commentato i risultati sottolineano un terzo aspetto interessante: i giovani sono contro il nucleare. «Se osserviamo i risultati – scrivono Fabio Bordignon e Natascia Porcellato - in base alla classe d’età del rispondente, vediamo come siano proprio i più giovani, quanti cioè non hanno preso parte al referendum di oltre vent’anni fa, a esprimere il parere maggiormente negativo. Infatti se i contrari alla costruzione di centrali nucleari in Italia sono il 44%, il dato si alza tra i più giovani, in particolare tra coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni (48%) e nella fascia tra i 35 e i 44 anni (dove tocca il 50%). Se invece consideriamo quanti non vogliono la centrale nella propria provincia di residenza, vediamo come siano sempre le generazioni più giovani ad esibire l’opposizione più netta: tra i 15 e i 44 anni, infatti, sono oltre il 54% ad esprimersi negativamente, contro una media del 50%».

Per quanto riguarda invece il rapporto tra ambiente e politica, pure questo significativo in sede di analisi, «La spaccatura tra destra e sinistra – si legge sempre nell’indagine - divide anche tra favorevoli e contrari alla costruzione di centrali nucleari. Gli elettori di PdL e Lega Nord, ma anche quelli dell’Udc, si distinguono per il grande favore con cui vedono la costruzione di centrali, sia in Italia che nella realtà locale. Le aree di maggiore scetticismo (o di aperta opposizione) si concentrano invece tra gli elettori del Pd, dell’IdV e, soprattutto, della Sinistra Arcobaleno».

Dunque il quarto dato è che chi si dichiara di sinistra è per lo meno scettico se non del tutto contrario. Mentre coerentemente, almeno pare, chi ha votato questo governo è favorevole al ritorno al nucleare come era scritto sul programma elettorale del centrodestra.

Quale che sia l’opinione sul nucleare, e quella di greenreport contro l’atomo è nota, non si può comunque tacere sul fatto che qualcosa si è spostato negli ultimi 21 anni (dal referendum ad oggi) dato che quel referendum (sulla cui impostazione dirò più avanti) vinse con l´80%, che è quasi il doppio dei contrari di oggi. Qualcuno insomma, deve aver cambiato idea se tra gli italiani del campione tra i 45 e i 54 anni (che all’epoca avevano tra i 24 e i 33 anni) oggi il 48% è favorevole, il 45.9 contrario, il 43.9 a favore anche nella sua provincia e il 47.6 contrario nella propria provincia. Cambiare idea è legittimo, attenzione, ci mancherebbe altro, ma qui è il caso di domandarsi che cosa appunto è cambiato in questi 21 anni.

All’epoca le domande del referendum furono: Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento", previste dal 13° comma dell´articolo unico legge 10/1/1983 n.8); Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante "l´erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge); Volete che venga abrogata la norma che consente all’Enel di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all´estero? (questa norma è contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la N.856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’Enel).

Come si vede all’epoca non era, perché non poteva essere, un referendum sul sì o il no al nucleare, come invece oggi semplicisticamente si propone. Non solo, visto come sta agendo il governo, questo referendum è come se non esistesse neppure. Però negli ultimi 21 anni almeno due questioni energetiche sono venute alla ribalta: il costo dell’energia e i cambiamenti climatici.

Insomma, semplificazioni per semplificazioni, l’idea che prima o poi bisognerà staccarsi dal petrolio quale fonte di energia è diventata piuttosto comune a quasi tutte le latitudini e ignorando (crediamo noi) quali siano ancora oggi le problematiche relative al nucleare (più o meno le stesse di 21 anni fa) si è piano piano fatta avanti la considerazione che il nucleare sia il petrolio del futuro. Anche i mezzi di informazione hanno avuto il loro ruolo di disinformazione e tant’è che non può essere un caso che il sondaggio abbia dato quell’esito proprio nei giorni – dall’1 all’8 ottobre controllare le rassegne stampa chi può – in cui l’Italia combatteva la sua battaglia contro il pacchetto clima e rilanciava contemporaneamente le sue idee pro atomo.

La paura di un futuro energetico incerto sembra far gridare ai giovani (a una maggioranza di giovani): non ripetiamo gli errori passati, il nucleare non ha risolto niente da nessuna parte e ha più costi che benefici; mentre agli adulti (ad una maggioranza di adulti) se non si può più usare il petrolio lanciamoci sul nucleare è arrivederci ai problemi.

Da queste posizione, unite alle altre emerse dal sondaggio, appare evidente comunque che ad oggi se ci si dovesse affidare ad un referendum probabilmente non si otterrebbe un bel niente. Non ci sarebbe una maggioranza a favore e non ci sarebbero dita alzate per dire: venite qui a fare una centrale nucleare. Tant’è che il governo non sta cercando di promuovere una riflessione sul nucleare basata su nuove scoperte tecnologiche o risoluzioni di problemi fondamentali quali scorie e scarsità dell’uranio, ma vuole imporre questa decisione con la forza. Se questo è il piano dello scontro è chiaro che non si può che andare al muro contro muro.

In occasione dell´anniversario del referendum, che è stato in questo fine settimana, interviene anche Legambiente sul tema, attraverso le parole del suo presidente Vittorio Cogliati Dezza: «Il referendum che abrogò il nucleare fu un atto di grande democrazia. L’Italia, per prima, segnò il passo tra i grandi Paesi industrializzati rinunciando a una fonte costosa e pericolosa, secondo la volontà del 65% dei cittadini. Peccato - dice il presidente - che l’operazione di rilancio portata avanti ora dal governo, che prevede l’uso della forza a presidio dei nuovi impianti ancora prima di qualsiasi decisione e nega in partenza la concertazione, sia di segno diametralmente opposto. Un inquietante passo indietro su tutti i fronti».

Contro il piano del governo che prevede la costruzione delle prime nuove centrali entro il 2020, con l´obiettivo di produrre a regime il 25% dell´energia elettrica dal nucleare, Legambiente ha lanciato l’invito a firmare l’appello “Per un sistema energetico moderno, pulito, sicuro”, che propone anche alle amministrazioni locali di dichiarare il proprio territorio “sito denuclearizzato”.

«Perché non è del nucleare che l’Italia ha bisogno per rilanciare l’economia e risolvere la sua dipendenza dal petrolio - conclude Cogliati Dezza - ma di un mix di efficienza, risparmio energetico e potenziamento delle fonti rinnovabili».

Nel nostro piccolo infine invitiamo chi ha interesse alla questione ad approfondire le sue conoscenze per evitare appunto semplificazioni e turlupinature mediatiche: la complessità non è una parolaccia di sinistra.

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