[13/11/2008] Comunicati

Ocse e Bce: Eurolandia in recessione

LIVORNO. La crisi in atto non impressiona solo perché è globale, ma anche per la velocità con cui si sta abbattendo. Ogni giorno un’accelerazione, come dimostra l’odierno rapporto semestrale dell´Ocse che annuncia ufficialmente l’entrata dell’area in recessione. Nel 2009 – riporta il Sole24Ore on line - il Pil dei Paesi più industrializzati si contrarrà complessivamente dello 0,3%, in base alle nuove stime dell´Organizzazione che puntano a «una prolungata frenata» con «grandi incertezze», non solo per la durata e la profondità della crisi finanziaria. Servono «altre misure di stimolo macroeconomico», afferma l’Ocse nel rapporto. Bene i tagli alle tasse delle famiglie e possibili ulteriori misure per stabilizzare i mercati, ma gli interventi dei Governi siano «temporanei».

Va inoltre tenuto conto – si legge sempre nell’edizione on line del quotidiano di Confindustria - della crisi del settore immobiliare che in molti Paesi europei ha «ancora una lunga strada da fare». A controbilanciare in parte tali effetti negativi, c´è la spinta al miglioramento dei redditi reali derivante della forte flessione dei prezzi delle materie prime (che però ha anche altri effetti negativi di cui parliamo nel pezzo di apertura di greenreport di oggi). In effetti i timori sull´andamento dell´inflazione che avevano caratterizzato i mesi scorsi ormai si sono dissolti: l´inflazione ha raggiunto l´apice in estate e ora sta diminuendo. I rischi connessi alle previsioni sono comunque molti - indica l´Ocse - e nel 2009 sono soprattutto sul versante di un loro peggioramento. In particolare, il ritorno a condizioni finanziarie normali potrebbe richiedere più tempo del previsto, ci potrebbero essere altri fallimenti bancari e le economie dei mercati emergenti potrebbero essere colpite in modo più grave delle attese.

Brutte notizie arrivano poi dalla Bce che oggi ha presentato il suo bollettino mensile: Le economie di Eurolandia sono già "in recessione" – riporta l’Ansa - A dirlo è il membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, Ewald Nowotny, secondo quanto riporta la Bloomberg. «Le aspettative inflazionistiche - spiega Nowotny - dovrebbero scendere velocemente, e questo darà alla Bce spazio di manovra per ulteriori tagli dei tassi».

La Bce aggiunge che «L´attività economica di Eurolandia «si è significativamente indebolita, con il ristagno della domanda interna ed esterna e un inasprimento delle condizioni di finanziamento». Le previsioni di crescita per Eurolandia sono in netto calo, e in media danno un´espansione del prodotto interno lordo dell´1,2% nel 2008, dello 0,3% nel 2009 e dell´1,4% nel 2010. Lo rivela – si legge sempre sull’Ansa - la ´Survey of Professional Forecasters´, l´indagine trimestrale della Banca centrale europea che raccoglie le previsioni delle maggiori istituzioni, finanziarie e non, dell´Unione europea. Nella principale Survey la crescita del Pil dei Quindici era stimata all´1,6% per il 2008, all´1,3% per il 2009 e all´1,8% per il 2010.

Previsioni da prendere con le molle, ma ci sarebbe un’altra domanda da farsi: siccome contemporaneamente a questa crisi economico-finanziaria ne è in corso una almeno altrettanto grave che è ecologica, quale valore economico ha questa? A quanto sta il Pil verde? Qualcuno a queste domande sta dando delle risposte ben precise ma nel dibattito in corso se ne vede solo qualche accenno qual e là. Purtroppo però Stern ha già spiegato che se anche si voglia lasciar fuori l’ambiente dalle priorità su cui investire, il non farlo si abbatterà fortemente proprio sul quel Pil tanto amato. L’accelerazione della crisi che sta almeno in Italia avendo come contraccolpo quello di mettere da parte le politiche di mitigazione dell’impatto antropico da sacrificarsi sull’altare della crescita quale che sia ci tornerà presto o tardi sul collo come un boomerang e taglierà di netto proprio quella crescita “totemizzata” (in spregio cioè a qualsiasi criterio direttore di sostenibilità sociale ed ambientale) praticamente da tutti. Si aggiunga che il prezzo del barile sceso sotto i 60 dollari al momento sul piano del lavoro non ha impedito i licenziamenti alle grande aziende produttrici di auto; non ha abbassato se non di pocchissimo i prezzi dei carburanti; probabilmente tornerà a far aumentare i consumi; così le conseguenti emissioni e non ha reso più poveri i petrolieri… Siamo sicuri che proprio questo modello economico non sia da rottamare?

Torna all'archivio