[13/11/2008] Comunicati

Con i farmaci si risparmia in salute, o no?

LIVORNO. Il farmaco andrebbe considerato come investimento anziché come spesa corrente, perché l’uso corretto delle medicine potrebbe far risparmiare 12 miliardi alle casse dello Stato in spese evitate per le cure. Tanto sarebbe stato infatti il risparmio (suddiviso in 6,4 miliardi per la sanità e circa altrettanti in costi indiretti) nel 2006, grazie all’uso di terapie per le patologie cardiovascolari, respiratorie e del sistema nervoso secondo la ricerca del Centro Europa ricerche (Cer) fatta in collaborazione con Farmindustria. A questi risparmi vanno poi aggiunti, secondo il Cer, altri quasi 10 miliardi per le 60 milioni di giornate (giorno più, giorno meno) che non sono andate perse causa malattia, curata in anticipo o in corso con farmaci appropriati.

Ma non basta: se si considera che la popolazione sta diventando sempre più anziana (siamo uno dei paesi con la maggiore vita media nel mondo) il costante uso del farmaco potrebbe far raggiungere livelli di risparmio pari al 16% della spesa sanitaria pubblica, pari a circa 60 miliardi di euro. Altro che tagli di Tremonti e decreti di Brunetta, l’appello dei ricercatori del Cer, è infatti quello di invertire l’approccio nei confronti della spesa sanitaria e considerare i soldi spesi nel settore farmaceutico come un investimento altamente produttivo.

Un appello ben sintetizzato dal presidente di Farmindustria Sergio Dompè quando dice che «va risolto un errore macroscopico: la spesa farmaceutica non viene valutata in relazione a ciò che produce».

Ora che il ruolo dei farmaci sia stato importante e che lo sarà anche in futuro è innegabile, ma questi dati così enfatici andrebbero letti anche alla luce di altri numeri, pur sempre legati all’uso del farmaco. E’ sempre di oggi, ad esempio, la notizia che secondo uno studio della Medical Examiner Commission della Florida dall´analisi di 168.900 autopsie è risultato che le specialità che agiscono sul sistema nervoso centrale - regolarmente registrate nel prontuario farmaceutico americano (ma molte anche sul nostro) - hanno provocato un numero di decessi tre volte superiore a quello causato da cocaina, eroina e anfetamine messe insieme.

Nel 2007(anno dell’indagine), infatti, l´abuso di queste droghe ha provocato un totale di 989 morti; nello stesso periodo 2.328 persone sono state uccise da antidolorifici come Vicodin e Oxycontin e 743 da ansiolitici come Valium e Xanax, per un totale di 3.071 morti. E mentre rispetto al 2006 le morti per eroina sono aumentate del 14%, quelle per antidolorifici venduti in farmacia hanno registrato un balzo del 36%. Evidentemente sono dati che si debbono mettere in relazione con una tendenza dei medici a prescrivere con una certa leggerezza farmaci che dovrebbero invece essere usati in casi eccezionali, ma poco si sa se questa tendenza è diffusa anche a casa nostra, anche se vi è stata (soprattutto dopo gli scandali degli anni ’90) una maggiore disciplina sia nelle prescrizioni che nei controlli. Ma è pur sempre vero che i farmaci possono essere spesso inutili se non addirittura dannosi (sono oltre 6500 le manifestazioni avverse segnalate nel 2006) come ha avvertito lo stesso Silvio Garattini, presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri sostenendo che oltre 6 su 10 nuovi farmaci immessi sul mercato sono assolutamente superflui e che solo lo 0,7% è davvero di grande rilevanza.

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