[14/11/2008] Comunicati

Quanto e cosa può fare il G-20 per la crisi ecologica?

LIVORNO. Il G-20 in programma stasera e domani a Washington non sarà decisivo, ma getterà le basi per il rilancio dell’economia mondiale. Questa è la speranza dei partecipanti anche se peserà, ovviamente, l’assenza di Barak Obama (“Non sono ancora il presidente” la giustificazione del leader democratico). Che comunque si riserva di vedere cosa uscirà da questo G-20 e di reinterpretarlo probabilmente alla luce della sua strategia per il post-Bush. Insomma, si tiene le mani libere per giocare un ruolo da protagonista successivamente. Ma al di là di questo pur importante aspetto, il vertice dovrebbe occuparsi anche della questione clima ed energia, partendo dalla crisi finanziaria mondiale che ha travolto tutti i Paesi.

I leader del gruppo del G-20 delle economie avanzate e in via di sviluppo – dice oggi la Reuters- saranno ospitati da un presidente degli Stati Uniti che lascerà la Casa Bianca fra poco più di due mesi e che è sotto la pressione dell´Europa che chiede un accordo per una regolamentazione dei mercati più severa di quanto egli preferisca.

Migliorare la regolazione è un tema ampio per i leader del G-20 ma ci sono differenze di lunga data, specialmente tra l´Europa e l´amministrazione Bush, circa il grado in cui i mercati debbano essere soggetti a regole più rigide. La Germania ha detto, prima del meeting, che vuole discutere "un nuovo equilibrio tra mercato e Stato", possibilmente con un obbiettivo più ambizioso di quello che vorrebbe invece l´amministrazione Bush.

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha detto prima della partenza per il summit: «Parto domani per Washington per spiegare che il dollaro, che dalla seconda guerra mondiale è stata l´unica valuta nel mondo, non può più a lungo essere l´unico riferimento valutario», ha detto, «ciò che era vero nel 1945 non può esserlo oggi». I cosiddetti paesi Bric - Brasile, Russia, India e Cina - nel corso del meeting di San Paolo, in Brasile, lo scorso weekend – ricorda sempre la Reuters - hanno detto di volere maggiore voce nelle decisioni politiche globali per soppiantare il dominio del gruppo dei sette maggiori Paesi industrializzati.

Oggi l’editorialista ed economista del Sole24Ore Giorgio Barba Navaretti spiega da par suo che cosa “può fare il G-20” parlando apertamente della necessità di un nuovo ordine. Perché? Si domanda nell’articolo. «La ragione – risponde – è che nell’ultimo decennio economia e politica globali hanno camminato su binari diversi, anzi l’una è andata avanti mentre l’altra è rimasta ferma (…). Questa scissione era possibile finché le cose andavano bene».

Appunto, ora il quadro è cambiato e secondo Navaretti «Il problema (…) è definire le regole in base alle quali dividersi i compiti». Ma «il nodo sono i Paesi emergenti. Non ci può essere nuovo ordine senza di loro, ma allo stesso tempo l’aumento dei partecipanti al tavolo del negoziato rende la sua conclusione assai più difficile». Come superare questo ostacolo? «Solo se nelle prossime settimane sarà possibile identificare aree effettive di cooperazione economica. Una di queste è la politica fiscale». Poi aggiunge: «E’ finita l’epoca in cui la crescita è prodotta dagli squilibri globali per cui aree strutturalmente in surplus (i Paesi emergenti) finanziano chi è strutturalmente in deficit (gli Usa)». Quindi conclude: «Come per Bretton Woods nel 1944, il G-20 americano è il primo passo di un nuovo ordine. Allora si celebrava il passaggio dell’egemonia in Occidente dalla Gran Bretagna agli Usa (…). Oggi, per fortuna, il consenso deve essere trovato in un mondo multipolare. L’arcano è ben più complesso. Forse la crisi avrà il risvolto positivo di indicarci come risolverlo».

Senza volersi mettere sullo stesso piano di Navaretti, che di economia è certamente un grande esperto, la sua analisi tralascia completamente che questa crisi economico-finanziaria è contemporanea di una altrettanto grave crisi ecologica. Che minerà di qui a qualche anno l’economia reale anche se questa si dovesse riprendere (e nessuno spera il contrario), come qualcuno azzarda, nel 2010. La teoria economica – come dice Maria Tinacci Mossello (ordinario di Politica dell’ambiente nella facoltà di Economia di Firenze) nel suo “Politica dell’ambiente” - «rifiuta di ‘ancorasi a terra’ adottando una visione idealizzata della realtà che non è tanto e solo strumentale alla necessità di un’analisi formalizzata, ma discende da una ‘visione preanalitica’ totalmente metafisica del sistema economico, che non viene in alcun modo rapportato al sistema ecologico».

Quindi la domanda che ci facciamo noi è: che cosa può fare il G-20 per la crisi ecologica? Impostato come sembra e senza Obama (inteso come la speranza che lui cambi questa impostazione…) crediamo che possa al massimo cercare un nuovo accordo sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulle questioni energetiche. Per i cambiamenti di modello economico e quindi meno dissipatore di energia e materia, pur ritenendo che i tempi siano più che maturi e la crisi possa agevolarli, abbiamo l’impressione che nessuno dei 20 ci pensi affatto. L’Italia in primis, che si scopre oggi sul Sole24Ore sta cercando, attraverso Industria 2015, di dirottare e raggranellare finanziamenti non solo sulle tecnologie ambientali ma anche sul nucleare, a dimostrazione che invece di guardare avanti si guarda indietro…

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