[14/11/2008] Comunicati

Il quarto rapporto Ipcc, questo sconosciuto (7)

FIRENZE. La relazione diretta tra la CO2 e la crescita della temperatura nel sistema in cui è immesso il gas è nota, a livello teorico, fin dal 1896, grazie alle ricerche compiute dallo svedese Svante Arrhenius, poi premio Nobel per la chimica nel 1903 per i suoi studi su elettricità e trasferimento di ioni.

E’ noto anche come il cosiddetto “effetto serra” sia un fenomeno naturale di per sé “buono”, che garantisce alle specie viventi del pianeta una nicchia di clima mite, al di fuori della quale è solo il freddo dell’universo. E’ invece la degenerazione di questo effetto serra, a causa delle emissioni umane dirette e indirette, che costituisce fenomeno da temere a causa delle conseguenze che può indurre nell’equilibrio termodinamico del sistema terra-acqua-atmosfera.

Fu nei primi anni ’80 del novecento che la comunità scientifica cominciò a porsi il dubbio se l’immissione di gas serra in atmosfera potesse avere un effetto tangibile sul clima: in precedenza le teorie più accreditate avevano ipotizzato non un riscaldamento, ma un raffreddamento del globo in conseguenza delle emissioni umane di polveri e aerosol, che come abbiamo visto nella quarta parte della nostra rassegna hanno effettivamente un forcing negativo (cioè raffreddante) nei confronti della normale temperatura media globale.

Poi venne ipotizzato che il forcing riscaldante delle nostre emissioni di gas serra fosse più forte di quello raffreddante da aerosol. Le prime evidenze in tal senso sono riscontrabili negli archivi della stampa nazionale, come è il caso dell’articolo di Andrea Baroni (“La Repubblica” del 20 maggio 1984) dove è citato il rischio di «avviare la Terra verso un riscaldamento che entro un quarantennio potrebbe determinare incrementi di temperatura tali da sconvolgere il suo pur precario equilibrio attuale».

I progressi scientifici in tal senso (e le prime evidenze di un effettivo mutamento del clima verso il riscaldamento) portarono poi all’ammissione, da parte dei decisori politici, che il problema era reale, e quindi alla creazione nell’agosto 1988 dell’Ipcc, branca dell’Onu, da parte della World meteorological organization (Wmo) e dell’United nations environmental programme (Unep).

E che il problema era reale l’abbiamo poi visto, come annunciato, negli ultimi anni del ‘900 e nei primi del nuovo millennio, con eventi come l’estate del 2003 e l’uragano Katrina. Entrambi avvenimenti che – pur rari - non rivestono di per sé carattere di unicità. Il problema di fondo sta infatti non nel fatto che questi eventi siano avvenuti (ad esempio, anche se la traiettoria del ciclone ha creato i danni immensi che abbiamo visto in Louisiana, l’uragano Katrina toccò le coste americane “solo” con forza 3 della scala Saffir-Simpson, dopo aver raggiunto forza 5 sopra il golfo del Messico), ma che erano previsti fin dagli anni ’90. Previsti solo da quei modelli climatici in cui il ruolo della forzante antropica era posto come “significativo”.

Spieghiamoci meglio, anche in riferimento all’immagine che si può vedere, tratta dal quarto rapporto. Se in meteorologia previsioni oltre i 4-5-6 giorni non rivestono solitamente un carattere di attendibilità, in climatologia la cosa è diversa: riferendoci a caratteri globali (come l’energia in gioco nel sistema), e ovviamente senza pretendere di produrre previsioni deterministiche, è possibile ipotizzare l’evoluzione del clima futuro con una approssimazione accettabile.

Immaginiamo quindi di essere nel 1920, e di produrre previsioni climatologiche per gli 80 anni successivi, fino al 2000: alcuni dei modelli che utilizzeremo conterranno anche la forzante derivata dall’immissione di gas serra ad opera dell’uomo, altri considereranno solo le forzanti naturali, prima tra tutte il sole. Nell’immagine si può vedere in celeste il comportamento del clima atteso dai modelli che considerano solo le forzanti naturali, e in rosa quanto previsto dai modelli che considerano anche il ruolo antropico. La linea nera costituisce le osservazioni effettuate. Come si vede nell’immagine, sono solo quei modelli comprendenti anche la forzante antropica a dare range (probabilistici, come chiarito nella didascalia dell’immagine) coerenti con le osservazioni effettuate.

E’ quindi evidente come solo i modelli che comprendono il ruolo antropico si rivelino, in questa simulazione che abbiamo effettuato (che ricalca il metodo operativo dell’Ipcc stesso) aderenti all’evoluzione climatica effettivamente avvenuta nel corso del novecento. E lo stesso discorso vale per quanto avvenuto tra la fine degli anni ’90 del novecento e l’inizio del nuovo millennio: le previsioni che venivano avanzate in precedenza, e che comprendevano il ruolo antropico come “significativo”, si sono poi avverate. Le altre, quelle che consideravano solo i forcing naturali, no.

In conseguenza di ciò, il secondo capitolo del quarto rapporto Ipcc, dedicato alle cause del surriscaldamento climatico, si chiude con due affermazioni molto impegnative dal punto di vista scientifico, ma che godono di elementi di prova – come abbiamo visto - molto solidi: «E’ probabile (likely, ovvero probabilità superiore al 66%) che sia avvenuto un riscaldamento significativo di origine antropogenica negli ultimi 50 anni su tutti i continenti, eccetto l’Antartide». E, soprattutto, «la gran parte dei cambiamenti osservati nelle temperature medie dalla metà del ventesimo secolo è molto probabilmente (very likely, probabilità superiore al 90%) dovuta all’incremento osservato delle concentrazioni dei gas serra antropici».

E’ inoltre chiarito come questa affermazione costituisca un progresso rispetto al terzo rapporto Ipcc (2001), dove era concluso che «la gran parte del riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni è probabilmente (likely, qui sta la differenza) dovuta all’incremento delle concentrazioni dei gas serra antropici».

Vedremo nelle prossime settimane come, una volta evidenziata con certezza l’esistenza del surriscaldamento globale (0,56 – 0,92° C dal 1906 al 2005, come abbiamo visto), e una volta attribuito un ruolo significativo alle emissioni antropiche dirette e indirette in questo surriscaldamento, il quarto rapporto Ipcc vada (terzo capitolo) ad analizzare la possibile evoluzione del clima globale nei prossimi cento anni.

(7-continua)

Torna all'archivio