[17/11/2008] Comunicati

La crisi, le carte di credito e le scelte della Toscana

FIRENZE. Alcuni effetti della crisi attuale sono positivi. Torna la critica dell’economia politica e del dollaro come moneta unica di scambio. Negli Usa, centro della crisi, si accusano le politiche fiscali neoliberiste per redistribuire ai redditi più bassi: bestemmie fino a ieri, perché il mercato finanziario era senza regole, governi e politica dovevano solo seguire; fino all’ imbroglio dei fondi “sub prime”.

Mi viene in mente il figlio di un cugino che chiese al padre di comprare un gioco elettronico. Al no per il costo alto il bambino meravigliato esclamò: «Ma babbo, basta andare a quella macchinetta che dà i soldi fuori dalla banca!». Ingenuamente aveva colto il senso delle “bolle”, del vivere al di sopra dei mezzi (non solo monetari ma anche risorse di ambientali) di famiglie e Stati. Al posto di investimenti finanziati in deficit di bilancio (infrastrutture, industria, agricoltura, programmi sociali, cultura, istruzione, ricerca, formazione) per creare ricchezza - capaci di ripianare il debito e allargare il benessere, magari riducendo lo spreco e i consumi di materia ed energia per una economia in equilibrio dinamico - subentrò l’indebitamento per consumare, e nuovi debiti con cui finanziare altri debiti e consumare il pianeta all’infinito (sic!).

In Ue gli epigoni del monetarismo hanno attuato da tempo politiche restrittive (preoccupati di tenere bassi i salari) invece che sostenere i redditi più bassi, stimolare investimenti per l’ottimizzazione delle risorse e riqualificare il sistema dei consumi scegliendo tra ciò che è sostenibile e ciò che non lo è. Decisione che sta fuori e prima del mercato.
I maxi e indiscriminati tagli alla spesa hanno finito per spianare la strada alla deflazione.
Rilancio della domanda e sostegno ai redditi medi e bassi, misure selettive per politiche sociali e industriali virtuose, sono per l’Italia scuola, università, ricerca, ammortizzatori sociali, riduzione delle importazioni di materia ed energia, riciclo e riuso dei materiali, risparmio energetico, fonti energetiche rinnovabili, infrastrutture per la mobilità intermodale, agricoltura di qualità e qualità degli alimenti. L’opposto di ciò che fanno al governo.

E in Toscana? La giunta regionale accelera le scelte condivise in concertazione su Dpef e bilancio 2009: 3,7 mld di €. Pochi se non si ricorre al debito. Se ne prevede altri 4 in partenariato.
Questi però sono solo un auspicio perché quando il cavallo non beve è inutile dargli acqua, ma soprattutto ciò che è stato condiviso non ha le caratteristiche del fare presto e bene.

C’è una distorsione perché i partner privati discutono programmi e finanziamenti pubblici senza impegnare risorse proprie e in confronto aperto; patti, programmi e piani, contengono di tutto come somma di progetti vari; non c’è una massa critica su priorità integrate sui ritardi toscani: scarsa capacità dei sistemi industriale e terziaro di assorbire manodopera qualificata e innovazione tecnologica e di sistema, così come di domandare ricerca; bassa qualificazione/qualità del lavoro e dei contratti; bassa efficienza energetica del sistema industriale, civile, agricolo e dei servizi –soprattutto trasporti- e incremento della CO2; mancato sviluppo di sistemi di imprese di ricerca e nelle energie rinnovabili, dell’uso razionale e ottimale delle risorse e della loro allocazione (materie prime e semilavorati d’importazione, acqua, territorio, ambiente).

Non si prevede un piano d’azione contro i cambiamenti climatici e manca, infine, un efficace sistema di valutazione delle misure, delle azioni e dei risultati in tempo reale. Il criterio della “cantierabilità” per scegliere i progetti rischia di produrre effetti negativi in campo ambientale, nulli dal punto di vista antirecessivo pregiudizievoli per una economia in equilibrio dinamico.

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