[21/11/2008] Comunicati

Non deprimiamoci...

LIVORNO. Il 21 novembre di 110 anni fa nasceva Renè Magritte. Tra i quadri più celebri del pittore belga, L’impero della luce: una casa vista di notte sotto un cielo diurno. A dare una flebile luce al portico che non è il sole, ma un lampione. Fermo immagine. L’Organizzazione mondiale del lavoro stima in 20 milioni il numero di nuovi disoccupati che la crisi economica provocherà quest’anno nel mondo, portando il totale dei senza lavoro a 210 milioni. Nonostante le dichiarazioni del G-20 le borse non recuperano. L’economia reale perde pezzi quotidianamente e non si sa quando e come e fin quanto in basso lo tsunami della recessione globale la porterà prima dell’agognata ripresa. Il treno non è uscito dai binari, ma si è disintegrato contro un muro e nel dramma economico-sociale l’attenzione è rivolta solo a rimettere in sesto il treno e a riposizionarlo sui binari invece di capire che se non si cambia strada, sempre contro quel muro si sbatterà. Che insomma il metabolismo del pianeta è regolato dai flussi di energia e dai flussi di materia e che l’economia sta ‘sotto’ e non ‘sopra’ questo meccanismo che ha dei limiti fisici incontrovertibili.

Di fronte a questo caos tutt’altro che calmo, dunque, ce ne sarebbe abbastanza – ad averci i soldi per farlo – per stendersi sul lettino dello psichiatra sconfitti dalla depressione. Ma invece vogliamo restare attaccati a quel lampione, sperando che il prima possibile il giorno illumini questa notte ‘forzata’ e innaturale. Magritte interpretava così la sua opera «Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e di notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia».

Attacchiamoci quindi anche alla poesia perché come l’economia (e non stiamo bestemmiando), è pur sempre un’invenzione dell’uomo. La cultura può aiutarci a uscire dall’impasse sottoforma di leader illuminati. Obama e la sua dichiarazione programmatica di un new deal verde sono un ottimo inizio. Come sono segnali tutt’altro che trascurabili la fermezza di Barroso e di Sarkozy a livello europeo sul pacchetto clima e pure le affermazioni di Francesco Rutelli, sotto forma di quella lettera scritta al Sole24Ore di cui abbiamo dato notizia in questi giorni.

Non siamo così ingenui da pensare che questo asse traballante possa spezzare quello che è ancora un pensiero fortemente dominante nei governi, e nelle persone che eleggono quei governi, che hanno nel totem del consumo l’unico dio all’infuori del quale il mondo non è. Ma riteniamo che come diceva poeticamente Sergio Endrigo nella sua “Aria di neve”, “Sopra le nuvole c’è il sereno” e i segnali, pur in ordine sparso, di cui parlavamo prima ci spingono a continuare a credere che da questa crisi possa accendersi una speranza.

Può darsi che la voglia di evidenziare ed enfatizzare ciò che riteniamo costruttivo per la realizzazione di un nuovo modello economico ecologico, meno dissipatore di materie prime e di energia e quindi più sostenibile ambientalmente e socialmente, rischi di farci apparire velleitari. Ma non crediamo che il governo con i 400 euro che vorrebbe dare alle famiglie sotto i 20mila euro di reddito annui sia meno velleitario di noi, visto che attraverso questo intervento vorrebbe intanto rilanciare almeno i consumi natalizi e quindi quel modello d’economia basato su pilastri che si sono irrimediabilmente sgretolati.

Noi riteniamo che il punto non sia rilanciare quell’economia, ma di ripensare un’altra economia, esattamente opposta di quella che ci ha portato dove siamo adesso. Che non è la decrescita, che in questi mesi farà il suo ingresso in scena sottoforma di minori consumi di materia (causa produzioni in calo a livello globale di ogni genere) e di rifiuti, ma che avrà anche come effetto collaterale una catastrofe sociale, evidenziata dai posti di lavoro persi.

No, non è questa la strada. La strada è quella di scegliere un modello in cui la qualità e l´orientamento verso la sostenibilità ambientale economica e sociale siano la direzione di marcia. Una semplificazione? Come diceva ieri Luca De Biase su Nova, «la semplicità non è banale». «Niente – spiega il giornalista del Sole24Ore partendo da Il Cigno Nero di Nassim Taleb – è più concreto che un discorso sul futuro intorno al quale si possono catalizzare le forze di molti innovatori che sappiano immaginare quale possa essere il loro contributo. Generando quell’insieme di imprevedibilità ed efficacia del quale, apparentemente, c’è tanto bisogno in questo periodo. Non è, ovviamente, che il racconto del futuro sia una condizione sufficiente per l’innovazione: ma in molti casi ne è almeno una condizione necessaria. Come dice William Gibson, è chiaro che il presente è infinitamente più complesso di qualunque futuro si possa immaginare e raccontare. Ma l’essenziale è proprio in questa semplificazione, quando riesce».

E la semplificazione in questo caso è scegliere tra due modelli diametralmente opposti. Nati da idee opposte, ma all’interno della stessa “casa”, oikos, eco. Dentro la quale nulla si crea, nulla si distrugge tutto si trasforma degradandosi. Tranne le idee, che possono certamente degradarsi e persino distruggersi se ne ce ne sono di migliori e possono dare, queste sì, un domani più sostenibile alle generazioni future, che nonostante la depressione latente, continuiamo a infoltire…

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