[24/11/2008] Comunicati

La crisi in Toscana e la sostenibilità dimenticata

LIVORNO. La crisi in Toscana si aggrava ogni giorno. Lo confermano le cronache quotidiane ma anche il passaparola tra persone, fra parenti e amici, semplici conoscenti. E’ un’onda quotidiana: Tizio va in cassa integrazione, a Caio chiude l’azienda, quel settore va male, l’altro va a rotoli, ecc. Tutti i settori industriali sono coinvolti e se non fosse per la qualità e l’universalità del sistema di welfare toscano che ancora regge, nonostante tutti i canti di sirena che invitavano e invitano a smantellarlo, il Pil sarebbe altro che a zero!

Ma l’economia toscana è da tempo che non va. Il lavoro precario ha dilagato, la sua qualità si è abbassata, il potere d’acquisto di salari e pensioni si è ridotto. Essa produce inoltre andamenti negativi anche sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, e non da ieri. Da decenni grava l’inquinamento del traffico privato di merci e persone che contribuisce all’aumento dei gas serra. La cementificazione non si arrende neanche con la crisi dei mutui. La gestione dei rifiuti è in deficit, in particolare di quelli industriali; la gestione in perdita dell’acqua va male con le liberalizzazioni.

Vengono al pettine nodi critici che non hanno fatto breccia nei governi locali a cominciare da quello regionale. Ora si tenta di correre ai ripari. Siamo fuori tempo?

Da tempo il sistema economico toscano non esprime capacità di domandare e assorbire manodopera qualificata, né innovazione tecnologica e di sistema così come di domandare ricerca. Questo si è tradotto in una generale bassa qualificazione e qualità del lavoro.
Non si è voluto tenere conto e intervenire per tempo sulla bassa efficienza energetica dei sistemi economico, logistico e civile che contribuiscono ad alzare tutti gli anni il livello di emissioni della CO2, quando invece dovrebbe diminuire.

Insomma si è fatto finta di non vedere; l’intero sistema degli stakeholders – escluse le associazioni ambientaliste - stava tra gli scettici sul rapporto tra aumento della CO2 e cambiamenti climatici, e di non sapere i danni che la Toscana subisce in termini di salute, di tenuta dell’ambiente e del territorio ed economici.

La ricerca pubblica ha languito, marginalizzata dalle politiche dei governi nazionali, e non si sono create imprese di ricerca e per la produzione di energie rinnovabili, per l’uso razionale e ottimale delle risorse e della loro allocazione (materie prime/energia, acqua, territorio, ambiente). Ci si è limitati, nel 2007, agli Stati generali della sostenibilità (lodevole eccezione in Italia ma non in Europa) dedicati ai cambiamenti climatici e tutto è finito lì. Dopo anni di inconcludenti ed inefficaci politiche sul versante dello sviluppo sostenibile non si capisce che i cambiamenti climatici impongono un cambio radicale di paradigma per attuare urgenti misure di mitigazione e adattamento: la necessità di riorientare domanda e offerta aggregate in termini antirecessivi e per trasformare una economia regionale insostenibile, che vive al di sopra delle risorse, in una economia in equilibrio dinamico.
C’è un sistema di governance e una amministrazione inadeguata allo scopo, tanto da non avere neanche un quadro conoscitivo condiviso dalle istituzioni e dalle comunità locali, né procedimenti unificati, non solo in chiave di semplificazione, ma soprattutto di integrazione al fine di introdurre una visione ecosistemica nei processi decisionali.

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