[28/11/2008] Acqua

Gli scarichi degli impianti sportivi sono acque reflue domestiche


LIVORNO. Lo scarico delle docce e dei servizi igienici di un impianto sportivo sono acque reflue domestiche e non acque reflue industriali (né tanto meno rifiuti) perché sono acque derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e dunque non sono diverse da quelle che comunemente vengono scaricate dalle abitazioni civili. E’ la Corte di Cassazione che lo conferma in una sentenza che dà ragione al gestore di un impianto sportivo pugliese.

La vicenda ha inizio quando il tribunale di Lecce accusa e condanna i gestori dell’impianto sportivo di effettuare “attività illecita di smaltimento di rifiuti e precisamente di acque reflue contaminate fecalmente”.

Ma il centro sportivo svolge attività meramente sportiva legata ai campi di calcetto e tennis e nel centro non si svolge nessun altra attività commerciale. Dunque lo scarico – e si tratta di acque e non di rifiuti - non può che essere relativo soltanto alle acque che derivano dalle docce e dai servizi igienici e non a scarichi di altre sostanze, inquinanti o meno. Perché il carattere “industriale” delle acque non può desumersi dal solo elemento della provenienza. E dunque le acque di scarico provenienti da un luogo dove si producono servizi – come del centro sportivo – non possono essere qualificati automaticamente come acque industriali (a meno che la loro composizione non rilevi un´altra natura).

Il testo unico ambientale – il Dlgs 152/06 in corso di modifica – parla e distingue gli scarichi industriali da quelli domestici e pure da quelli urbani. Così come distingue gli scarichi dai rifiuti allo stato liquido.

Le ultime modifiche al testo unico ambientale hanno riportato una definizione di scarico basata sul concetto di “condotta diretta” (non prevista nella stesura originale del testo unico).

Dunque è rifiuto allo stato liquido l’immissione del refluo nel corpo recettore tramite un sistema “initerrotto”. Mentre è scarico idrico “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzioni di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione”.

Il che significa che qualsiasi tipo di scarico diretto indipendentemente dalla sua natura inquinante e dalla sua destinazione deve essere autorizzato ai sensi della normativa sulle acque.

Inoltre gli scarichi si distinguono fra loro: i reflui domestici sono diversi da quelli industriali perché sono le acque provenienti da insediamenti di tipo residenziale e di servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano. E in virtù della loro classificazione anche il contenuto dell’autorizzazione cambia. Perché un conto sono le sostanze derivanti dagli scarichi delle abitazioni e un conto sono quelle provenienti dagli edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni. Queste avranno concentrazioni di sostanze chimiche inquinanti maggiori.

Del resto la politica della “gestione delle acque” si ispira a un approccio combinato che impone di ridurre l’inquinamento alla fonte fissando valori limite per le emissioni e lo scarico di sostanze inquinanti e norme di qualità ambientale. (es)

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