[01/12/2008] Energia

Assocarboni per chi va a Poznan: Imperativa una ripartizione equa e proporzionale dei sacrifici

ROMA. «L´obiettivo primario dello sviluppo sostenibile è garantire e migliorare l´efficienza ecologica, economica e sociale. Questi elementi sono interdipendenti: nessuno di essi può essere ottimizzato a prescindere dagli altri senza compromettere l´intero processo di sviluppo, che deve essere appunto: “sostenibile”». Citiamo la relazione finale della commissione d´inchiesta del Bundestag tedesco "Tutela dell´umanità e dell´ambiente" (datata 1998, ma più che mai attuale) per spiegare come peseranno le anomalie del mix energetico in Italia di fronte alla crisi economica internazionale e all´applicazione delle misure del pacchetto "20-20-20", da molti invocato.

L´Italia produce energia elettrica con il 57% di gas nel mix energetico e solo con il 12% dal carbone e con il 14% dal "nucleare di importazione", avendo eliminato la produzione diretta dopo il referendum del 1987. Così paghiamo le bollette più care del 35% rispetto alla media europea, dove il mix di fonti è: 21,6% gas, 30,3% carbone, 27,9% nucleare, 16,6% fonti rinnovabili e 6% olio combustibile. La Germania invece, con una quota del 48% di carbone nel proprio mix energetico, ha raggiunto questi primati: il primo posto nel mondo per la potenza fotovoltaica installata; e in Europa, i primati della produzione di bioenergie e di energia eolica. I tedeschi infatti, possono destinare alla promozione delle fonti rinnovabili una parte delle ingenti risorse liberate dai minori costi per produrre energia elettrica attraverso il carbone e il nucleare, da cui deriva appunto il 73% dell’energia elettrica di base che necessita al benessere ed allo sviluppo della 3° potenza economica mondiale.

Non bastasse l´anomalia del "mix energetico a tutto gas", l´Italia ne aggiunge un´altra. Come sappiamo, l´Europa sottoscrivendo il Protocollo di Kyoto "per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra" ha varato nel 1998 il Burden sharing agreement (Bsa) per distribuire tra gli Stati membri le quote di riduzione delle emissioni di CO2. Successivamente, nel 2003 è stata varata la direttiva "Emissions trading system" (Ets) applicando anche il meccanismo del possibile scambio delle quote di riduzione, per raggiungere l´obiettivo di tagliare dell´8% le emissioni di CO2.

Tuttavia, il meccanismo Ets ha dimostrato non solo di non funzionare (soprattutto a causa di un´errata ripartizione delle quote tra i Paesi membri), ma ha altresì alterato le condizioni di concorrenza tra Paesi, settori e prodotti. Peraltro l’attuale meccanismo Ets non considera interi settori produttivi come i trasporti e i consumi residenziali che insieme valgono almeno il 50% delle emissioni di CO2 prodotte dall´uomo (fonte Iea 2005).

In questi anni di applicazione il Bsa ed il meccanismo Ets hanno dimostrato di non poter funzionare così, con il mercato delle quote correlato più ad interessi economici, ad implicazioni politiche e a risvolti di sicurezza energetica dei singoli Stati, che non al reale interesse di riduzione delle emissioni di CO2. Basta peraltro osservare quello che è il bilancio Ue e la ripartizione tra i singoli Stati alla conclusione del “periodo breve: 2005-2007) che ha evidenziato una eccedenza di quote assegnate pari a circa 158 milioni di tonnellate, con alcuni Stati che hanno avuto significative ed inspiegabili “eccedenze” (Francia e Germania in particolare) e sorprendenti “deficit” (appunto per Italia e Spagna). Il caso U.K. poi è un esempio eclatante di “opportunismo ambientale” attuato proprio per trarre vantaggio da una generosa sovra-allocazione del Bsa.

Il risultato finale è una "beffa" per l´Italia. Che, "regina del tutto gas" e della produzione idroelettrica, sta sforando dell´11,8% il "tetto" assegnato dal Bsa, con 520 milioni di tonnellate/anno di CO2 prodotte, secondo il "Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2007" della Eea, che vede la Germania, invece, emettere ogni anno 1.232 milioni di tonnellate di CO2 ed essere sotto del 3% rispetto al (generoso) "tetto" di emissioni loro assegnato.

La mistificazione Germania. Ai tedeschi sono state riconosciute emissioni pro-capite di 14,92 tonnellate/anno di CO2, contro solo 8,7 tonnellate/anno a noi italiani. Perché questa discriminazione, se la CO2 "Non è dannosa alla salute e non ha un effetto locale?" Purtroppo, chi ha negoziato per noi a Bruxelles il Burden sharing agreement nel 1998, si è fatto platealmente "gabbare". E sulla scia di un "falso ambientalismo" si è fatto concedere un volume di emissioni assolutamente penalizzante per l´Italia e per la competitività del nostro sistema Paese, nonostante noi avessimo la più bassa "intensità energetica": vale a dire, produciamo lo stesso bene consumando meno energia dei nostri concorrenti Ue.

I tedeschi a queste condizioni loro favorevoli, giustamente continuano a produrre l´elettricità di base con il carbone e il nucleare (oltre l´80% del loro fabbisogno) e con gli ingenti risparmi economici che conseguono così, finanziano lo sviluppo delle energie rinnovabili (eolico e solare) e non disdegnano di farci anche un ulteriore business vendendo gli "specchi" (fotovoltaici, o per allodole come sostiene il professor Battaglia?) a noi furbi italiani!

Sarebbe invece più logico spendere "10 o 20" per ridurre moltissimo le emissioni (soprattutto quelle nocive, e ricordiamo che la CO2 non è un inquinante dannoso alla salute e non ha un effetto locale) in un impianto obsoleto e davvero inquinante per esempio nei Paesi asiatici, anziché spendere "100" in Italia per ridurre di poco le emissioni di CO2 in un impianto già all´avanguardia tecnologica mondiale. Migliorare l’efficienza di quegli impianti consentirebbe peraltro anche di proporzionalmente ridurre le emissioni di CO2!

Sulla questione CO2 insomma, bisogna coniugare il pragmatismo ad una visione d´insieme. E soprattutto bisogna ricordare che «l´interazione fra il contesto ambientale, le esigenze della società e le opportunità di mercato» - come sottoscriveva nel 1998 il Bundestag tedesco - ha come elemento motore la tecnologia. Così, nella valutazione di un progetto come la riconversione a carbone della centrale di Polesine Camerini, ponendo come punto di partenza le migliori tecnologie disponibili per la tutela del contesto ambientale, non può mancare una valutazione d´insieme: altrimenti le scelte locali, qualunque esse siano, rischiano di non essere coerenti con le necessità d´insieme.

Diversamente, nelle attuali condizioni, noi italiani con il "Pacchetto 20-20-20" rischiamo di subire effetti molto gravi sia per l´economia che per il benessere nel nostro Paese, in una fase di crisi internazionale che per molti aspetti è senza precedenti.

* Vicepresidente di >Assocarboni

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