[04/12/2008] Energia

Flamanville come Olkiluoto? Scalia: "E´ la vecchia storia del nucleare..."

LIVORNO. La crisi colpisce anche le centrali nucleari. Il reattore del tipo Epr in costruzione a Flamanville, in Normandia, costerà (per il momento) il 20% in più rispetto a quanto previsto nel 2005: 4 miliardi di euro invece dei 3,3 iniziali. I motivi, secondo fonti parigine, sarebbero sia la fiammata dell´inflazione sia la necessità di “aggiustamenti di costi tecnici e normativi” e l’accantonamento di risorse per far fronte a imprevisti, come il ritardo accumulato nei lavori.
In realtà, che vi sarebbe stata la possibilità di un incremento dei costi di realizzazione del reattore francese, cui partecipa anche l’Italia con una quota del 12,5% in cui è impegnata Enel, e che i tempi di realizzazione si sarebbero dilatati, è voce che gira da mesi in Francia. Almeno da quando a maggio l’Asn, ovvero l’ Autorità francese per la sicurezza nucleare, ha dato ordine di sospendere i lavori al cantiere della centrale perché erano state riscontrate irregolarità nell’ armatura in ferro dell’isolotto su cui poggerà il reattore nucleare oltre a fessurazioni del cemento dovute alla scarsa qualità dei materiali ed errori nella messa in opera dell’armatura in ferro.

Problemi che si sono ripetuti anche alla fine di ottobre, tanto che sempre l’Asn ha invitato Areva, , il gruppo francese che si occupa della realizzazione del reattore «ad assicurare una sorveglianza più efficace dei suoi subfornitori»; chiamando in causa anche un´azienda italiana, la Società delle Fucine controllata dalla Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni, perché da un controllo effettuato sarebbe emersa una «carenza» del sistema qualità dell´azienda, incaricata di realizzare il rivestimento in acciaio del pressurizzatore, una sezione cruciale del reattore atomico che misura 14 metri in altezza e pesa più di 140 tonnellate.

La ripresa del nucleare in Europa, cui l’Italia vorrebbe presto partecipare da protagonista e non più da spettatore interessato, inciampa quindi già su diversi intoppi, di natura tecnica ed economica.
A riprova che la tecnologia oltre a non essere così avanti come si vorrebbe far credere (anche Flamnville è una terza generazione) ha anche seri problemi di realizzazione e costi elevati.

Ne abbiamo parlato con Massimo Scalia, docente dell’Università La Sapienza di Roma

Non più solo in Finlandia si scontano ritardi e incremento di costi, anche la Francia adesso deve fare i conti con i problemi di tempi e di costi lievitati?
“Olkiluoto è ormai diventato un caso: si viaggia su circa 5 miliardi di euro già spesi mentre doveva costare circa 3,5 miliardi e siamo al terzo anno di cantiere. Con 1,5 miliardi a carico di Areva e di Siemens, le aziende costruttrici, che in virtù di un contratto capestro che hanno dovuto accettare si accollano gli extracosti. Flamanville come Olkiluoto racconta la vecchia storia del nucleare: tempi che si dilatano a causa dei doverosi controlli, costi che aumentano. L’Epr francese testimonia anche il fatto che le imprese nucleari d’oltralpe, assai attive nel ciclo del combustibile nucleare, si sono invece “sedute” a causa del calo dell’attività per quanto riguarda le componenti d’impiantistica”.

Il reattore Epr di Flamanville potrebbe essere il candidato anche per le prossime centrali italiane, almeno il ministro Scajola è sembrato particolarmente interessato.
“Certo che l’Epr è quello su cui hanno posto l’attenzione sia Scajola che Quadrino (amministratore delegato di Edison ndr). Però anche Quadrino è diventato assi più guardingo, perché sono in discussione in Europa strategie, nelle quali sta rientrando alla grande anche l’Inghilterra, per quello che riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nei prossimi anni, e da cui il nucleare non ne esce davvero come miglior competitore. Quindi, o ci sono garanzie da parte dei Governi, o anche Quadrino tira indietro la mano”.

Ci spieghi meglio il nodo sulla discussione dell’approvvigionamento energetico e come incide sul nucleare.
“La discussione sull’approvvigionamento energetico nei prossimi anni mostra che tra il carbone, il gas e il nucleare, questo ultimo che è ormai una scelta residuale a livello mondiale, non è il migliore competitore. Scontando anche l’enorme impatto del calo del 40% del fabbisogno dell’unione europea sulla produzione termoelettrica, che si avrà negli anni 2020-2030 in virtù degli effetti del pacchetto delle tre venti, dal momento che il nucleare è legato essenzialmente a questo tipo di produzione energetica”.

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