[05/12/2008] Comunicati

A Poznan è scontro sul Fondo di adattamento ai cambiamenti climatici

LIVORNO. Il cambiamento climatico è già al lavoro e annega terre, cose e persone nelle zone costiere dei Paesi del mondo in via di sviluppo, ma secondo l´Onu i soldi messi a disposizione dalla comunità internazionale per l´adattamento e per costruire una nuova vita ai presenti e futuri profughi ambientali sono meno dell´1% di quanto sarebbe necessario. Ed alla conferenza Unfccc di Poznan ci si litiga su chi e come gestirà questo misero Adaptation fund e soprattutto su chi dovrà pagarlo.

Eppure il Fondo di adattamento è considerato un simbolo concreto, una tappa obbligatoria, della reale volontà di incamminarsi sulla strada della firma di un accordo sul post-Kyoto a Copenaghen nel 2009. Il segretario esecutivo dell´Unfccc, Yvo de Boer ha sottolineato che fin dall´inizio della conferenza di Poznan «Il Fondo è stato considerato immediatamente un obbligo, perché gli effetti dei cambiamenti climatici sono già in corso e stanno aumentando. Produzione di cibo, acqua, salute, tutti gli impatti sono in corso. I ghiacciai himalayani si stanno già sciogliendo. I Paesi in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili e saranno i più colpiti».

Secondo l´Onu questi Paesi avranno bisogno di almeno 86 miliardi di dollari all´anno per adattarsi ai cambiamenti climatici, ma per Heather Coleman di Oxfam «Il denaro a disposizione dell´Adaptation fund può produrre investimenti stimabili in 5 miliardi di dollari all´anno entro il 2013 e non 86 miliardi all´anno, si stima che abbiamo bisogno di almeno 50 miliardi di dollari». De Boer ha detto che l´Unfccc è «alla ricerca di altre fonti di finanziamento creativo. Per ottenere più denaro per finanziare questo Fondo entro la fine del 2009 ci vorrebbe una "clever financial architecture". Ci sono state discussioni sulla proroga per mettere a disposizione denaro per il Fondo di adattamento. I Paesi in via di sviluppo la vogliono subito, mentre i Paesi industrializzati la vogliono rinviare a Copenaghen».

Nel frattempo, si litiga su chi debba gestire i pochi soldi disponibili: i Paesi ricchi, per bocca del rappresentante della Nuova Zelanda, vogliono che il Fondo sia gestito dal Global environment facility (Gef) della Banca mondiale, mentre per l´Associazione dei piccoli Stati insulari (Aosis), spalleggiati dai Paesi in via di sviluppo, il Gefv ha procedure poco chiare e complesse e il Fondo dovrebbe essere gestito da un organismo dell´Onu.

C´è poi una questione interna ai Paesi in via di sviluppo: la già magra torta deve essere distribuita tra tutti loro o in maniera privilegiata a quelli meno sviluppati e che stanno letteralmente morendo di inedia per siccità, inondazioni ed altri eventi climatici estremi? Distribuire quote del Fondo a colossi in rapida crescita come Cina ed India probabilmente finirebbe per rendere vano ogni intervento nei Paesi poverissimi e più colpiti.

In questa bagarre si è distinta positivamente l´Unione europea che ha annunciato a Poznan che i suoi 27 Stati membri si concentreranno sul lavoro di adattamento nei Paesi più vulnerabili per aiutarli ad adattarsi al cambiamento climatico. Il capo-delegazione Ue, il francese Brice Lalonde ha detto che «200 milioni di euro sono stati allocati l´anno scorso per progetti di adattamento suscettibili di sostenere fondi nazionali per l´adattamento».

E il coordinatore politico per l´Ue per i negoziati internazionali sul clima, Jürgen Lefevere, ha detto di considerare «l´adattamento come uno degli elementi chiave di tutti i risultati di Copenaghen. Gli investimenti necessari per il Fondo devono essere garantiti nell´accordo di Copenaghen per assicurare che otterremo I fondi d´adattamento necessari. L´Europa ha già fatto molto in materia di adattamento: si pone come un capo-fila per la riduzione delle emissioni dei gas serra, l´Ue si è impegnata a ridurre le sue emissioni di almeno il 20% entro il 2020 sulla base del livello del 1990 e vorrebbe anche ridurle del 30% se i principali Paesi emettitori prenderanno gli stessi impegni».

Ieri il Parlamento europeo aveva approvato una proposta della Commissione Ue per la creazione di un altro Fondo da un miliardo di euro destinato a portare un aiuto alimentare urgente per il 2009-2010 ai 35 Paesi più poveri del mondo colpiti dalla penuria alimentare o dalla carestia, spesso a causa di situazioni climatiche estreme aggravate da conflitti.

L´ottimismo della volontà (e della ricchezza) europeo cozza con quanto detto da Bo Lim, una consulente per l’adattamento ai cambiamenti climatici del Programma Onu per l´ambiente (Unep), all´agenzia cinese Xinhua. Bo è scettica sulle possibilità dell´Unfccc di prendere una decisione sul Fondo di adattamento a Poznan, anche se non lo esclude: «Esistono ancora molti problemi con i governi dei Paesi in via di sviluppo, ma avranno il tempo per elaborare i dettagli, in maniera da poter rispondere ai bisogni dei Paesi in via di sviluppo. Attualmente non ci sono che qualche decine di milioni di dollari disponibili per i fondi di adattamento. Alcuni lamentano che a causa della mancanza di denaro per il Fondo di adattamento il suo funzionamento non potrà rispondere alle grandi attese dei Paesi in via di sviluppo».

Torna all'archivio