[09/12/2008] Parchi

La nuova legge regionale toscana sui parchi è partita

PISA. L’incontro regionale promosso da Legambiente nella Tenuta di San Rossore è stata l’occasione per presentare e cominciare a discutere la proposta di legge sui parchi regionali e le aree protette toscani ad oltre 10 anni da quella del 95, che aveva posto le basi per la costruzione di un sistema regionale di aree protette con specificità non riscontrabili in altre realtà regionali.

L’assessore regionale Marco Betti (Nella foto) ha illustrato l’articolato ed anche le difficoltà di una legge che deve rispondere - e in ritardo- sia alle novità niente affatto positive introdotte recentemente dal nuovo Codice dei beni culturali in materia di pianificazione del paesaggio sia -e non solo su questo punto- al rapporto con le politiche di programmazione della regione ed in particolare con il PIT. Difficoltà che risalgono in verità a scelte di alcuni anni fa quando con la legge 2005 è iniziata quella che potremmo senz’altro considerare un lento ma non irrilevante ridimensionamento del ruolo dei parchi che ha coinciso inspiegabilmente e sorprendentemente con l’aggravarsi della situazione nazionale che sta toccando livelli assolutamente allarmanti. Questa non facile ‘convivenza’ con le politiche generali del governo del territorio è sicuramente confermata dalla recente e inopinata decisione di togliere ai parchi il nulla osta sui beni paesaggistici, non tenendo in alcun conto che la regione sta appunto discutendo una sua nuova legge proprio sui parchi che dovrà rispondere anche a questi nuovi problemi.

Da qui l’esigenza e l’urgenza -come è stato sottolineato con forza dalla relazione di Tollini e da molti interventi tra i quali quelli dei presidenti dei parchi regionali toscani Lunardi, Sammuri e Nardini nuovo coordinatore toscano di Federparchi, dal direttore di San Rossore Paglialunga, da Baronti e Niccoletti di Legambiente nazionale nelle conclusioni- di ‘recuperare’ quel ruolo che ai parchi deriva innanzitutto dai loro piani che il PIT e soprattutto le 38 schede sugli ambiti paesaggistici ignorano. Questo è un punto cruciale non solo per i parchi ma per le politiche regionali che riesce arduo capire come si possano sviluppare sulla base di ‘schede’ le quali ignorano le aree protette e i loro piano accompagnando questa ricognizione per ambiti da cui scompaiono –tanto per fare un esempio-le dune della spiaggia viareggina e sono accompagnate da annotazioni che escludono qualsiasi indicazione o prescrizione per evitare macroscopici errori. E tuttavia nonostante questi limiti si parla delle schede come ‘istruzioni per l’uso’, il che francamente risulta sconcertante. Qui occorre la massima chiarezza; nessuno errore è più macroscopico di quello che ignora cosa negli anni parchi e aree protette hanno fatto in Toscana con l’approvazione della regione. Come è possibile,infatti, raggruppare il territorio toscano per aree e ambiti che ignorino quelli talvolta consolidati ormai da decenni e ‘pianificati’ e andarsi a inventare ambiti la cui descrizione e definizione è affidata principalmente a ‘visioni’ e ‘visibilità’ cartolinesche.

Naturalmente come è stato giustamente osservato se il PIT non può estromettere dal suo disegno i parchi, le aree protette non debbono a loro volta ritagliarsi asfittiche aree fortino anziché cercare di integrarsi con i territori oltre i loro confini come sostengono ormai anche le più recenti elaborazioni internazionali.

Solo all’interno di una impostazione e visione d’insieme in cui sia ben chiaro il ‘contesto’ generale sarà possibile affrontare anche tutti quegli aspetti che ‘minori’ non sono come la pianificazione –due piani sono ormai troppi specie se si considera che se ne aggiungerà ora un altro sul paesaggio- ma anche per le ANPIL la cui positiva esperienza non esente da limiti va rivista per eliminare assurdità come quelle della Val d’Orcia, ma non al punto di irreggimentarle in confini troppo rigidi. Così come dovremo avere una sede politico-istituzionale regionale (che non può essere la Consulta tecnica) in grado di permettere alla regione, alle istituzioni regionali e ai parchi regionali e nazionali e a tutte le altre aree protette di sedere ad un tavolo comune per definire impegni e scelte.

Tutto ciò non può riguardare soltanto le aree protette e i suoi amministratori o soltanto l’assessorato ai parchi; Comuni, province, comunità montane, associazioni e non solo quelle ambientaliste debbono fare la loro parte, prima e non dopo l’approvazione della nuova legge.

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