[09/12/2008] Monitor di Enrico Falqui

Sfida all’OK Corral

FIRENZE. Che succede a Firenze? Per rispondere a questa domanda, bisogna chiedersi anche: “che succede in Toscana”?
Da tempo, almeno dieci anni, la Toscana-felix ha rallentato il passo fino a fermare
il motore dello sviluppo a causa di un’evidente perdita di competitività che ha coinvolto l’intera economia nazionale. L’esigenza di innalzare la qualità delle produzioni si scontra con la piccola dimensione delle imprese toscane e sulla loro scarsa attitudine a investire in ricerca-sviluppo (R&D) per innalzare la “ qualità” delle loro produzioni. Se a questo si aggiunge il fatto che nel 2007 l’occupazione è aumentata nella nostra regione di sole 3000 unità ed è nettamente diminuita l’offerta di persone che si offrono sul mercato del lavoro, si deduce anche che la maggior parte delle giovani generazioni hanno perso la speranza di trovare un’occupazione. Così che aumentano le fughe dei “ giovani talenti” della nostra Regione verso l’estero (in particolare Spagna e Francia), la spesa interna si contrae, l’export è in costante diminuzione e le banche hanno aumentato la stretta creditizia verso chi vuole investire in cicli innovativi.

In Toscana, negli ultimi dieci anni, sono venuti meno i meccanismi protettivi verso l’industria da parte dello Stato ( svalutazione e protezione dei cambi), da parte dell’Unione Europea ( gli aiuti di Stato non sono più consentiti neanche per le imprese appartenenti alle vecchie Partecipazioni Statali, localizzate prevalentemente sulla costa toscana) e da parte delle banche ( credito, basso costo del denaro).
Solo il settore terziario e le nuove imprese nel settore immobiliario e delle professioni hanno rappresentato una sorta di “ valvola di sfogo” alla stagnazione dominante dell’economia; tuttavia, anch’esse, hanno rafforzato un “ modello di terziario” scarsamente innovativo, legato alla rendita di posizione e quindi, inadeguato ad affrontare la velocità e le dinamiche della concorrenza globale che le imprese toscane subiscono.

Con amarezza e realismo, il Presidente della Regione Toscana ha dovuto ammettere che “non si trova mai la forza per attuare un vero cambiamento a livello locale e questo porta ad una situazione di stagnazione. In altri paesi europei, intere città arrivano ad un punto morto, sotto i colpi della concorrenza globale delle imprese e delle città, ma esse hanno il coraggio di cambiare.”
In queste parole è racchiuso il segreto di quel che sta succedendo in Toscana e nella sua città capoluogo, Firenze.
Un intero sistema di protezioni pubbliche, di sovvenzioni di Stato alle imprese e agli Enti locali è andato in pezzi, lasciando le rendite di posizione “scoperte” ai colpi del mercato. Firenze, città regina di varie forme di “rendita” (fondiaria, commerciale, turistica, proprietà di immobili e di servizi), si è trovata esposta in prima linea a questa necessità di mutamento, di ricerca di un nuovo ruolo attraverso una ristrutturazione imponente dei suoi meccanismi vitali, che ne hanno assicurato il benessere anche nei periodi di crisi dell’economia nazionale.

Sotto i “colpi di maglio”della concorrenza dell’economia globalizzata e della rarefazione del sistema di protezione pubblica, si è progressivamente sgretolato anche un sistema di potere fondato sul paternalismo delle classi dirigenti (politiche e private) e su una diffusa ragnatela di “clientelismo” compensativo delle scarse possibilità di creare nuove opportunità di lavoro qualificato, di inserimento di nuove professionalità giovanili per accendere il “motore” di uno sviluppo sostenibile, all’altezza delle sfide dell’economia e della città contemporanea.

Firenze ha tentato ( il tentativo è ancora in corso, per la verità) di fuoriuscire dalla stagnazione in cui versano la maggior parte dei centri urbani significativi di questa Regione, ma, chi l’ha governata, ha commesso l’errore di imboccare questa strada senza comunicare ai suoi abitanti, con sufficiente ed efficace enfasi, la portata strategica del processo di trasformazione della città e della sua economia, verso una “ nuova” identità urbana, economica, sociale, ambientale e culturale.

La creazione di una “città multipolare”, nella quale il Polo urbano di Novoli-Castello sta anticipando la nuova dimensione spaziale della città metropolitana del futuro, non ha trovato sufficiente spazio né adeguate motivazioni all’interno del Piano strategico, prima, e del Piano strutturale della città, oggi.
Così che tutto questo processo di radicale trasformazione urbana è apparso agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica fiorentina come un gigantesco gioco del “Monopoli”, come un diabolico sistema di affari e di urbanistica contrattata al ribasso per l’interesse pubblico e piena di favori e prebende per il privato.
Tutto questo non è vero, ma questi errori, da parte del sistema di governo della città, hanno permesso di “coprire” la vera natura del gigantesco scontro tra Pubblica Amministrazione con i poteri della rendita ( nobiliare, immobiliare e commerciale) e con i poteri finanziari (esterni alla città) che vogliono la conservazione dello status quo, senza alcuna eccezione o concessione, di Firenze, separata e distinta dal suo hinterland.

Ecco cosa è successo a Firenze, se c’è ancora qualche cittadino che si interroga su come sia stato possibile passare dall’innovazione delle “elezioni primarie” per la scelta del candidato sindaco della coalizione di centro-sinistra (nelle prossime elezioni comunali del 2009) ad una scoppiettante inchiesta della magistratura fiorentina, attivata da intercettazioni telefoniche assidue, il cui contenuto è tuttora al vaglio del Procuratore della Repubblica Quattrocchi , da pochi mesi giunto a Firenze, e dei suoi collaboratori.
Queste indagini serviranno a scoprire se le accuse rivolte all’assessore Cioni e all’assessore Biagi hanno una base documentata di verità oppure se così non è; in questo secondo caso, rimane da capire chi pagherà i danni arrecati alle persone e all’intera comunità fiorentina.

Tuttavia, è chiaro a tutti i fiorentini che l’unico elemento innovativo e riformatore del procedimento di partecipazione degli elettori fiorentini alla scelta del candidato Sindaco per la coalizione di centro-sinistra, (le primarie) è stato reso inservibile in questa competizione, a causa della messa in mora di due candidati ( Cioni e Renzi). D’altra parte, anche a prescindere dall’inchiesta della magistratura fiorentina, le elezioni primarie sono utili in un sistema politico bipolare, dove i due partiti concorrenti non sono “organizzati per bande”ma si radunano alle Conventions per raccogliere la maggiore quantità di fondi ( senza alcun tetto di spesa, come invece si è stabilito a Firenze) per il proprio candidato.
Negli Stati Uniti, non crea scandalo se un candidato vince perché ha più “fondi” del suo avversario, come è riuscito a fare Barak Obama per essere eletto presidente degli Stati Uniti. In Italia, invece, si fanno “ primarie di coalizione” che depotenziano il candidato prescelto e ne affidano al Partito la capacità di spendere a suo nome ed anche di imporgli, attraverso un programma scritto dai Partiti della coalizione, idee che non gli appartengono, espellendo altre sue idee che i Partiti, invece, non condividono. Si è riflettuto superficialmente sul fatto che il Sindaco, nel nostro ordinamento istituzionale, viene eletto direttamente dal popolo e che le sue idee sul governo della città dovrebbero “prevalere” su quelle contenute nel programma di una coalizione politica di maggioranza.
In Italia, abbiamo inventato il sistema maggioritario e le elezioni primarie “alla matriciana”, e, come è già accaduto a Bologna quando fu eletto Sindaco Guazzaloca, siamo così sadici da dichiararci soddisfatti della “ procedura democratica alla matriciana” anche se poi, alle consultazioni vere, si viene sconfitti.

A Firenze, tuttavia, il tema dominante della prossima campagna elettorale rischia di essere falsato in partenza . Il tema vero è costituito dallo scontro con i poteri trasversali di destra e di sinistra che vogliono la conservazione dello status quo della città, anche al prezzo del suo declino, per non modificare le rendite di posizione ed i privilegi acquisiti. Chi vuole invece una trasformazione del ruolo internazionale di Firenze, chi desidera una riorganizzazione dell’armatura infrastrutturale per raggiungere standard di qualità della vita e dell’ambiente di livello europeo, chi vuole lo sviluppo sostenibile della nuova città metropolitana per rendere competitiva la sua economia, il suo sistema culturale ed artistico, il suo serbatoio di formazione delle eccellenze nel campo universitario e formativo, chi vuole creare nuove opportunità di lavoro e di professioni tra le nuove generazioni attivando una Firenze moderna, capace di essere centro d’avanguardia della creatività e dell’innovazione urbana, chi sogna un nuovo paesaggio urbano, un nuovo patto ecologico tra gli abitanti dei quartieri di Firenze con il suo ambiente, durante la prossima campagna elettorale,rischia di restare alla finestra osservando lo scorrere delle acque dell’Arno sotto i suoi ponti.

O, nella migliore delle ipotesi, di essere rappresentato in una lista civica minoritaria. Questo succede a Firenze, ma, nessuno si illuda, anche in Toscana.

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