[12/12/2008] Consumo

Auto: no del Senato Usa ad aiuti a Gm, Chrysler e Ford. Borse a picco

LIVORNO. Ora è ufficiale: il Senato americano non è riuscito a trovare un compromesso per votare il piano di salvataggio delle industrie automobilistiche. "Non siamo riusciti a tagliare il traguardo", ha dichiarato il leader della maggioranza democratica Harry Reid dopo lunghe ore passate a negoziare e compiere pressioni su un nocciolo duro di senatori repubblicani che rifiutano di salvare con fondi pubblici i tre colossi dell´auto, General Motors, Chrysler e Ford.

«Potremmo passare tutta la notte, venerdì, sabato e domenica e non ci riusciremmo», ha ammesso Reid, aggiungendo: «Ora ho paura a guardare Wall Street». Il piano era stato adottato mercoledì sera a larga maggioranza dalla Camera e ha ragione Reid ad aver paura della reazione della borsa perché intorno alle 12 di stamani il no al piano per il salvataggio dell´auto ha portato l´Asia in chiusura negativa su cui pesa, sostengono le agenzie, il calo di Honda e Nissan oltre l´11%. Hyundai ha perso il 6,2% e anche altre società del settore come Aisin Seiki (-12%), che produce le trasmissioni per auto, sono state bersagliate dagli ordini in vendita.

Ne risentono, commentano gli operatori, anche tutti i settori contigui come l´acciaieria e i pneumatici. Un effetto domino che colpisce anche le materie prime proseguono gli operatori ricordando che per esempio il platino viene usato nell´industria dell´auto come catalizzatore. Da segnalare anche il calo di Canon (-6%), China Mobile (-7,1%). Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali borse di Asia e Pacifico. - Tokyo -5,56% - Hong Kong -5,83% (seduta in corso) - Shanghai -3,81% - Seul -4,38% - Sidney -2,43% - Mumbay -1,69% (seduta in corso) - Singapore -3,11% - Kuala Lumpur -0,80% - Bangkok -1,65% - Giakarta -3,53%

In picchiata anche i prezzi del petrolio. Il greggio con consegna a gennaio ha registrato un ribasso del 2,84% a New York a quota 45,14 dollari al barile. La decisione del Senato Usa sembra infatti aver aumentato la preoccupazione che una prolungata recessione abbia come riflesso il calo della domanda di carburanti che è già la più bassa degli ultimi 25 anni. Che cosa accadrà ora? Dal punto di vista sociale il rischio - per non dire la certezza - sono i milioni di posti di lavoro che salteranno e non solo in Usa. Pensiamo alla Opel in Germania ma anche alle fabbriche italiane soprattutto di componentistica. Difficile pensare che le tre "sorelle" reagiscano in modo diverso a questa crisi di vendite in particolare che sta picchiando in tutte le parti del pianeta. E c´è poco da ridere anche dal punto di vista ambientale. Se è vero che meno produzione di auto significa anche meno prelievi di materia, meno consumo di energia, con una crisi come questa difficilmente la case automobilistiche si impegneranno da sole nella costruzione di auto più ecologiche.

O meglio, questo sarà solo in conseguenza di come tirerà il mercato e soprattutto, temiamo, il prezzo del greggio: la sua salita in estate a prezzi record aveva stimolato una vendita assai sostenuta di auto a metano e gpl, ora che il prezzo del barile è crollato si potrebbe assistere ad un percorso inverso. Pur di vendere auto nei prossimi mesi si assisterà a sconti di tutti i tipi (ed è ovvio che sia così) nella speranza che presto o tardi il carrozzone riprenda la sua strada. Le fabbriche di domani saranno senz´altro e non si sa per quanto tempo ridotte in termini di dipendenti e di molto - oltre alle chiusure vere e proprie - e se saranno più attente all´ambiente sarà solo per lungimiranza o per esigenze di mercato difficili da prevedere. Nessuno ha la bacchetta magica e neppure l´asso nella manica con cui far saltare il banco, ma è chiaro che il punto non è certo abbasso la crescita viva la decrescita o viceversa, bensì riconvertire l´economia verso la sostenibilità, che è un´altra cosa e che passa dalla programmazione e non dalle crisi. Queste possono facilitare certi percorsi se si sanno cogliere le opportunità, ma ci pare che ben pochi in questa fase lo abbiano capito. Lo ha capito Obama, ma ancora non si è insediato alla Casa Bianca e dunque tocca aspettare e sperare per un bel po´. Lo ha capito l´Ue, almeno in parte. Insomma questo scorcio di 2008 ci farà capire che 2009 sarà e dai chiari di luna ci sembra che sia il caso di aprire l´ombrello con la convinzione però che solo in una fase come questa può arrivare la svolta.

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