[12/12/2008] Aria

L´Ue trova l´accordo sul clima: un passo avanti verso Copenhagen

LIVORNO. Trovato l’accordo nello storico - come lo ha definito il presidente Manuel Barroso - vertice europeo sul pacchetto clima energia. La conclusione sembrava già ormai delineata in mattinata, quando il premier britannico Gordon Brown, rispondendo ai cronisti a margine del vertice di Bruxelles, aveva dichiarato che «La leadership europea sul clima rimarrà intatta» facendo trapelare quindi ottimismo. «I principi centrali della leadership europea sul clima faranno un passo avanti, non indietro» aveva affermato Brown sottolineando che l´obiettivo del 20-20-20 entro il 2020 non era in pericolo. Non aveva voluto anticipare altro riguardo all’ultima bozza che si andava a discutere e che è stata approvata nel primissimo pomeriggio, ma aveva comunque sottolineato «che sarà un accordo ambizioso» con l’auspicio che Unione europea e Stati Uniti si presentino uniti alla conferenza sul clima di Copenaghen nel dicembre 2009.

Il premier Berlusconi e il ministro degli Esteri Farttini hanno provato nelle ultime ore del vertice ad accreditare l’idea di aver raggiunto quanto avevano posto sul tavolo e di fare la figura di coloro che sanno stare ai giochi: un tentativo di fatto di uscire dall’isolamento in cui il governo (spalleggiato da Confindustria) si era cacciato, ma che in realtà poco ha ottenuto, fortunatamente, rispetto alle istanze iniziali.

La realtà ha mostrato che il re era nudo. E che la posizione di retroguardia tenuta dall’Italia in questi due mesi, con particolare attivismo nelle ultime settimane, non ha prodotto nei fatti i risultati che sono stati invece sbandierati, ma gli è comunque servita, ancora una volta, a fare propaganda.

Cadute intanto le minacce di veto: l’Italia non ha posto il veto non per i motivi addotti dal premier ma perché in quel contesto non era previsto, dato che si votava a maggioranza qualificata.
Così per le richieste che secondo il titolare della Farnesina, sarebbero state accolte per l’80% e che invece si riducono (fortunatamente) a poco più che una verifica e all’aver ottenuto un maggior ricorso ai meccanismi di flessibilità. Così per la clausola di revisione sull’intero pacchetto dopo la Conferenza di Copenaghen del 2009, o “almeno”sugli obiettivi di approvvigionamento con fonti energetiche rinnovabili.

Come era prevedibile e come annunciato gli obiettivi finali non si toccano né ora, né quando (2010) si farà una verifica (esclusivamente) sulle modalità previste per raggiungerli. «Gli impegni per il 2020 - ha detto il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Durao Barroso- sono vincolanti» e ha precisato che dopo Copenaghen non ci sarà, come avrebbe voluto l´Italia, una clausola di revisione nè la possibilità di ridiscutere tutto il pacchetto. «Ci sarà, certo - ha detto Barroso - una discussione politica che avremo nel 2010 dopo la Conferenza di Copenaghen, ma sarà per aumentare gli sforzi».

Stessa cosa per le quote di emissione: nell’accordo approvato si prevedono deroghe per il pagamento delle quote (al 2025 anzichè al 2020) e gradualità per le industrie giudicate non a rischio di delocalizzazione, dal 20% nel 2013 al 70% nel 2020. Che è cosa assai diversa dalla richiesta avanzata dal nostro Governo che venissero assegnate quote gratuite di emissioni ai produttori di energia elettrica, che avrebbe nei fatti vanificato l’architettura su cui è costruito il pacchetto, rinunciando a innovazioni decisive per l’efficienza energetica.

La bozza finale del pacchetto clima ed energia presentata dalla presidenza francese si è quindi concentrata sulla trattativa per prevedere un passaggio più graduale per alcuni settori del manifatturiero (come richiesto dalla Germania) e sul sostegno ai Paesi dell´est (come richiesto dalla Polonia) garantendo una quota (che si è attestata al 12%) degli introiti dalla borsa delle emissioni di Co2 da destinare al fondo di solidarietà per avviare una transizione energetica in questi paesi. Un risultato che mette a nudo il fatto (se mai ve ne fosse stato bisogno) che ha avuto più successo (anche per l’industria italiana) la politica autorevole condotta dalla Merkel e le ragioni avanzate dai paesi ultimi arrivati nell’Unione, che non la triste politica ispirata al gioco delle tre carte che i nostri ministri hanno tentato di traslocare anche in Europa.

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