[15/12/2008] Energia

Riprende la guerra dell´uranio del Niger

LIVORNO. Un lungo reportage del New York Times del 14 dicembre riporta alla luce una delle guerre più dimenticate del mondo. Quella del nord del Niger. L´infinita "Guerre de l´uranium" tra la popolazione locale giudata dal Mouvement Nigérien pour la Justice (Mnj) e l´esercito nigeriano che in molti pensano sia lautamente finanziato dalla Francia per sostenere gli interessi del gruppo nucleare francese Areva. Un conflitto che dura da anni tra fiammate sanguinose e tregue costruite sulla sabbia del deserto che vede il debole governo di Niamey opposto alla guerriglia tuareg in una guerra civile che fa del Niger uno Stato mai veramente realizzato, con una parte del suo territorio incontrollabile e le miniere di uranio sotto la ferrea sorveglianza dell´impresa francese che perpetua così un colonialismo mai finito che sostiene ogni regime e dittatura pur di avere un accesso privilegiato all´uranio per rifornire le centrali nucleari della patria dei diritti umani.

Ai francesi si è recentemente aggiunta anche la Cina e l´India mostra grande interesse. E mentre il prezzo dell´uranio sale e le ruspe cinesi e francesi scavano il deserto la guerriglia ha ripreso ad attaccare militari nigeriani e insediamenti industriali. La guerriglia "tuareg suscita romantiche simpatie in occidente e viene dipinta spesso come una rivolta anti-nucleare dei poveri. Naturalmente non è così, il Mouvement Nigérien pour la Justice dice: «Questo uranio appartiene al nostro popolo, è sulla nostra terra. Ci stanno dei nostri diritti ancestrali».

Insomma gli esotici "uomini blu" non pensano minimamente a chiudere i rubinetti dell´uranio alla Francia ed ai cinesi, certo, accusano il governo centrale di «sfruttamento sconsiderato delle concessioni minerarie, per accedere ai mezzi necessari per condurre una politica "patriacida"» ed Areva di rapinare le risorse minerarie del Niger, ma vogliono partecipare e gestire il banchetto sempre più costoso dell´uranio, non chiedono la chiusura delle miniere di uranio ma una ripartizione dei guadagni e una maggiore attenzione per la salute della popolazione e dell´ambiente del nord del Niger.

La guerriglia è ben appoggiata nei Paesi vicini, anche se deve fare i conti con le mutevoli alleanze di un´area nella quale gli accordi sono più mutevoli dei miraggi del deserto. La differenza rispetto ad altre guerre energetiche e per le risorse del pianeta è che in Niger si mescola con rivendicazioni autonomiste che arrivano fino all´indipendentismo e si colorano dell´orgoglio etnico di quei popoli che noi riuniamo sotto il nome di tuareg che vorrebbero uscire dalla miseria sempre più nera al quale li costringe la discriminazione del governo centrale e il neo- colonialismo che li espropria della loro povera terra che inaspettatamente ha fatto balenare la possibile ricchezza radioattiva che rifornisce il mondo del materiale della potenza più distruttiva del pianeta.

«Questa ricchezza deve esse usata per aiutare le persone, non i politici- dice d Aghali Alambo, capo del Mnj – Altrimenti è solo un saccheggio». Il governo di Niamey ribatte che il Niger è una democrazia e che i tuareg potrebbero partecipare alle elezioni per far valere le loro rivendicazioni, invece di scegliere la strada della rivolta armata. Come democrazia il Niger appare quantomeno imperfetta e, come spesso accade in molti Stati africani i cui confini sono stati segnati sulla carta tagliando etnie e deserti con una riga fatta con la squadra, le minoranze sono troppo deboli e divise per far valere democraticamente le loro ragioni. La lotta armata diventa così la scorciatoia più disperata, se poi c´è di mezzo la corsa a quel che rimane dell´uranio e gli equilibri energetici e militari nucleari mondiali, si trova sempre un governo amico delle grandi imprese e qualcun altro amico dei combattenti per le risorse, che comunque resteranno in mano ai vecchi o nuovi padroni.

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